Oración , Preghiera , Priére , Prayer , Gebet , Oratio, Oração de Jesus

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CATECISMO DA IGREJA CATÓLICA:
2666. Mas o nome que tudo encerra é o que o Filho de Deus recebe na sua encarnação: JESUS. O nome divino é indizível para lábios humanos mas, ao assumir a nossa humanidade, o Verbo de Deus comunica-no-lo e nós podemos invocá-lo: «Jesus», « YHWH salva» . O nome de Jesus contém tudo: Deus e o homem e toda a economia da criação e da salvação. Rezar «Jesus» é invocá-Lo, chamá-Lo a nós. O seu nome é o único que contém a presença que significa. Jesus é o Ressuscitado, e todo aquele que invocar o seu nome, acolhe o Filho de Deus que o amou e por ele Se entregou.
2667. Esta invocação de fé tão simples foi desenvolvida na tradição da oração sob as mais variadas formas, tanto no Oriente como no Ocidente. A formulação mais habitual, transmitida pelos espirituais do Sinai, da Síria e de Athos, é a invocação: «Jesus, Cristo, Filho de Deus, Senhor, tende piedade de nós, pecadores!». Ela conjuga o hino cristológico de Fl 2, 6-11 com a invocação do publicano e dos mendigos da luz (14). Por ela, o coração sintoniza com a miséria dos homens e com a misericórdia do seu Salvador.
2668. A invocação do santo Nome de Jesus é o caminho mais simples da oração contínua. Muitas vezes repetida por um coração humildemente atento, não se dispersa num «mar de palavras», mas «guarda a Palavra e produz fruto pela constância». E é possível «em todo o tempo», porque não constitui uma ocupação a par de outra, mas é a ocupação única, a de amar a Deus, que anima e transfigura toda a acção em Cristo Jesus.

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quinta-feira, 4 de abril de 2013

PICCOLA FILOCALIA DELLA PREGHIERA DEL CUORE

PICCOLA FILOCALIA

DELLA PREGHIERA DEL CUORE





Introduzione


L’esigenza di raccogliere e tradurre in Italiano alcuni brani sulla spiritualità e sulla preghiera ortodossa, desumendoli in gran parte dalla “Philokalia” (“Dobrotoljubije”), sorse allorché si attendeva alla traduzione dell’opuscolo testé pubblicato: “Considerazioni sulla preghiera”. Spontaneo si affermò il desiderio di offrire ai nostri fedeli non solo una guida alla vita spirituale, ma anche di presentare alcuni testi patristici, perché, come scrive san Simeone il Nuovo Teologo, “la gloria e la beatitudine dei Santi consistono in queste due cose, nella fede ortodossa ed in una vita degna di lode, nel dono dello Spirito Santo e della sua Grazia”[1]. E quale è la via migliore, oltre quella dei sacramenti, per giungere alla Fede ortodossa ed alla Grazia se non l’insegnamento dei Padri?

Naturalmente i testi presentati non sono omogenei: ogni lettore può scegliervi i brani che gli sono consubstanziali, tenendo presente che non si tratta di reperti archeologici né di cose morte, ma del pane della conoscenza, necessario perché noi tutti “possiamo pervenire all’età dell’uomo perfetto, nella misura della perfezione del Cristo”[2] e lodare in tal modo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.


Arciprete Viktor Ilienko


Roma 14/27 gennaio 1973,

conclusione della festa della Teofania e commemorazione di Santa Nina,

pari agli apostoli, illuminatrice della Georgia.




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Superiorità della preghiera pubblica su quella privata
Spesso in chiesa al momento più sacro, cerco indarno con gli occhi l’immensa folla che presti sì profonda attenzione alle omelie. È un fatto veramente doloroso! Quando parla un uomo, che non è un servo di Dio come voi, tutti sono pieni d’interesse e di zelo. Ma quando il Cristo sta per manifestarsi durante i Santi Misteri, la chiesa è vuota e deserta… Ma quale è la scusa della maggior parte? “Posso pregare – dicono – anche a casa, ma non mi è possibile ascoltarvi omelie e prediche”.
T’inganni! È possibile pregare a casa, ma farlo come in chiesa non è possibile, dove così grande è il numero di padri spirituali, dove si leva unanime l’invocazione a Dio. Quando invochi il Signore nel tuo intimo, non sei ascoltato così come quando lo fai con i tuoi fratelli. In chiesa c’è qualcosa di più, la concordia degli spiriti e delle voci, il vincolo dell’amore e le preghiere dei sacerdoti. Questi presiedono l’assemblea dei fedeli poiché le preghiere dei fedeli essendo piuttosto deboli, rafforzate dalle loro che sono più robuste, possano assieme giungere al cielo. Del resto che vantaggio si può ricavare da un’omelia se la preghiera non si unisce ad essa? In primo luogo la preghiera e poi la parola. Così si esprimono anche gli Apostoli: “Noi persevereremo nella preghiera e nel servizio della Parola”[3]. Così pure san Paolo eleva preghiere all’inizio delle Epistole, affinché la preghiera, come la luce di una lampada, preceda illuminando la parola. Se ti abituerai a pregare con fervore, non avrai bisogno delle prediche di coloro che sono servi come te, poiché Dio stesso, senza alcun intermediario, illuminerà la tua mente.
Se la preghiera di uno solo ha tanta potenza, molto maggiore ne ha quella fatta assieme alla moltitudine dei fedeli. Maggiore ne è l’energia e la sicurezza che non quando si prega in casa o privatamente. Come lo sappiamo? Ascolta quel che dice san Paolo: “Colui che ci salvò e ci salva da una così tremenda morte, speriamo che ancora ci salverà se anche voi collaborerete con la preghiera in nostro favore, affinché un gran numero di persone ringrazi Dio per noi a causa della grazia concessaci”[4]. Così anche Pietro riuscì a fuggire dal carcere: “Si elevava a Dio una preghiera continua da parte della Chiesa per lui”[5]. Se la preghiera della Chiesa aiutò Pietro e liberò dalla prigione quella colonna, come puoi tu disprezzare la sua potenza, dimmelo, e come potrai giustificare il tuo atteggiamento? Ascolta anche il Signore stesso che afferma che si lascia piegare dalla moltitudine che lo invoca con amore. Infatti, giustificandosi di fronte ai lamenti di Giona per la pianta di zucca, dice: “Tu ti sei affezionato alla zucca, per la quale non ti affaticasti né l’hai curata. Ed io non risparmierò Ninive, città così grande, in cui abitano più di dodici miriadi d’uomini?”[6]. Non a caso Egli fa presente il gran numero di persone, ma perché tu sappia che la preghiera, in cui si uniscono molte voci, ha una grande efficacia. E voglio dimostrarlo anche con esempi della storia profana.
Dieci anni or sono furono arrestate alcune persone perché volevano impadronirsi del potere. Fu accusato anche un alto magistrato e, con la museruola alla bocca, veniva condotto a morte. Allora tutta la città corse all’ippodromo, uscirono gli operai dalle fabbriche e tutto il popolo in massa sottrasse all’ira del sovrano il condannato, sebbene non meritasse alcun perdono. Così, quando volete placare l’ira di un re terreno, accorrete tutti con i figli e le mogli, ma allorché volete muovere a pietà il Re dei Cieli e sottrarre alla sua ira non una persona, come allora, né due, né tre, né cento, ma tutti i peccatori della terra e liberare coloro che sono in preda alle insidie del demonio, ve ne state seduti fuori della chiesa e non accorrete in massa, affinché Dio, commosso dalle vostre voci unanimi, a quelli rimetta la pena ed a voi perdoni i peccati.
Se infatti ti trovassi in quel momento in piazza, o a casa o occupato con impegni che non ammettono alcun rinvio, non dovresti accorrere in chiesa alla preghiera comune, lasciando tutto e spezzando ogni legame con maggiore energia di quanta dimostri un leone? Quale speranza di salvezza avrai in quel momento? Non solo gli uomini lanciano quel grido terribile, ma anche gli Angeli cadono dinnanzi al Signore e gli Arcangeli pregano. Anche il momento è loro alleato, l’offerta li aiuta. Come gli uomini, tagliati i rami di olivo, li agitano al passaggio dei re, rammentando loro con la pianta la pietà e la bontà verso i loro sudditi, così anche gli Angeli, anziché rami di olivo, presentano il Corpo del Signore e lo invocano per la natura umana, dicendo: “Ti preghiamo per costoro che tu, prevenendo, hai degnato di amare al punto di dare per loro la tua vita. Per costoro ti supplichiamo, per i quali hai versato il tuo sangue; ti invochiamo per costoro per i quali hai sacrificato questo tuo corpo”.
“Sull’incomprensibilità di Dio”, Omelia III, 353-474.
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La nostra preghiera raggiungerà la perfezione che le è propria allorché si realizzerà in noi ciò che il Signore chiese al Padre suo celeste: “Che sia in loro l’amore di cui tu mi hai amato”[7]; “come tu, Padre, sei in me ed io in te, anch’essi formino un’unità con noi”[8]. Ciò avverrà quando tutto il nostro amore, tutto il nostro desiderio, tutto lo zelo, ogni nostra tendenza, ogni nostro pensiero, tutto ciò che vediamo, tutto ciò di cui parliamo e che aspettiamo sarà Dio, e quando quell’unità, che esiste tra il Padre ed il Figlio o tra il Figlio ed il Padre, passerà nei nostri cuori e nelle nostre menti, affinché come egli ci ama con sincera purezza ed incessante amore, anche noi siamo uniti a Lui con vincolo puro ed inscindibile di amore. Colui che raggiunge questo grado entra in quella condizione in cui non può non avere nel suo cuore la preghiera incessante. Allora ogni movimento dell’anima sua ed ogni tendenza del cuore si trasformerà in un’ininterrotta preghiera, in cui noi pregustiamo ed abbiamo un pegno dell’eterna beatitudine.
Per raggiungere la somma perfezione nella preghiera si deve rafforzare in noi il pensiero incessante di Dio, ed a questo serve come mezzo una preghiera breve e spesso ripetuta. I nostri Padri hanno insegnato che colui che tende all’incessante ricordo di Dio, deve abituarsi a ripetere continuamente questa preghiera: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto; Signore, affrettati ad aiutarmi”[9]. Questo versetto non è stato scelto a caso nella Sacra Scrittura, giacché esprime tutte le disposizioni dell’animo richieste per la preghiera e corrisponde a tutte le necessità di chi prega. In esso è racchiusa l’umile confessione della propria impotenza, la confessione che Dio è l’unico nostro alleato, sempre pronto ad aiutarci, è espressione di fede e di attesa che anche a colui che pronuncia questa preghiera Egli porterà aiuto e lo libererà da ogni malanno. Chi incessantemente invoca il Signore con queste parole, vede nella sua mente e nel suo cuore sente presente Dio, ed a lui si rivolge come ad un padre con l’affetto di un figlio. In tale modo attira a sé la protezione divina, la benedizione e la difesa. Così questa breve preghiera diventa un muro insuperabile per gli attacchi del demonio. Essa disperde la confusione dei pensieri, respinge le idee cattive, placa le passioni accese ed educa tutte le migliori tendenze del cuore. I Padri ci hanno anche insegnato che, se la passione del demonio dello stomaco ci tedia con le sue varie manifestazioni, dobbiamo invocare: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto; Signore, affrettati ad aiutarmi”. Se senti il bisogno di un digiuno più severo per mortificare la carne, e non speri di riuscirci da solo, prega: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto; Signore, affrettati a soccorrermi”. Se lo spirito dell’avvilimento ti tormenta e ti rode la tristezza, allontanandoti da ogni impegno, invoca: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto”. Oppure se la tua anima è in preda alla letizia spirituale e desideri conservarla ed accrescerla, ripeti: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto”. Se ti solletica la carne con il suo piacere ingannatore e temi che questa fiamma incendi il fiore profumato della castità, invoca: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto”. Se poi ogni affanno si è allontanato da te ed un senso di ristoro si è diffuso per le tue membra o tu desideri che questa condizione duri o rimanga per sempre, chiedi con ardore: “Signore, presta attenzione alla mia invocazione d’aiuto”. Così in ogni necessità spirituale ripeti questa preghiera ed essa ti darà la liberazione da ogni male e ti concederà ogni bene. Perciò sia essa sempre presente nel tuo petto: in ogni momento, mentre sei al lavoro o al servizio, in cammino o a tavola, mentre stai per addormentarti o ti svegli, non cessare di ripetere questo versetto al punto che , grazie al continuo esercizio, lo ripeterai anche nel sonno.
Risultato sarà che ti respingerai tutta la ricchezza dei tuoi pensieri e, trattenuto soltanto da questo versetto, ti abituerai sempre più a concentrare la tua mente nel pensiero di Dio, tuo unico aiuto, vedendo che è sempre presente in te, che vede tutto e regge tutto. Successivamente, risalendo ad una più viva comunione con Dio, comincerai a nutrirti di misteri sempre più elevati, immergendoti in Dio, stando con lui solo e trovando soddisfazione solo in lui. Così, alla fine, raggiungerai anche tu quella pura preghiera che non ammette alcuna immagine né si manifesta con alcun suono della voce, ma con vivacità irresistibile sgorga dal cuore indicibilmente esaltato dall’ardente tendenza della mente a Dio e si sfoga davanti a lui con sospiri e lamenti.
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38. Prega in primo luogo di essere liberato dalle passioni; quindi di essere liberato dall’ignoranza e dalla dimenticanza, infine di essere liberato da ogni tentazione ed abbandono. 39. Cerca nella preghiera sola la verità ed il Regno, cioè le virtù e la conoscenza: il resto ti sarà concesso in aggiunta[10]. 40. È giusto pregare non solo per la propria purificazione, ma anche per quella di ogni uomo, ad imitazione delle schiere angeliche. 41. Considera se davvero tu stai davanti a Dio nella tua preghiera o sei dominato dal desiderio della lode umana e cerchi di raggiungerla, nascondendo questa tendenza con il prolungamento della preghiera. 42. Sia che tu preghi con i tuoi fratelli che da solo, cerca di non soddisfare un’abitudine, ma prega con il sentimento. 43. È proprio della preghiera fatta con il sentimento, approfondirsi in essa con devozione, umiltà e dolore dell’anima, confessando con silenziosi sospiri le nostre cadute.
45. Quando preghi, con tutte le forze guardati dai ricordi, affinché non ti presentino qualcosa di proprio, ma con tutte le forze pensa chi e per qual fine preghi. Infatti durante la preghiera la mente è molto distratta dai ricordi che le presentano pensieri, persone, avvenimenti, ed in tal modo distraggono l’attenzione della mente. 46. Il ricordo si presenta alla mente durante la preghiera o l’immagine di azioni passate, o nuove preoccupazioni, o una persona che ti ha offeso. 47. Il demonio invidia grandemente l’uomo che prega ed impiega ogni genere d’astuzia per distruggere l’intenzione di pregare. Perciò non cessa di risvegliare per mezzo dei ricordi pensieri vani e, grazie alla carne, mette in moto tutte le passioni pur di ostacolare in qualsiasi modo il suo corso, cioè lo sforzo della preghiera e l’ascesa a Dio grazie all’attenzione.
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La preghiera
Che cos’è la preghiera? Una mente libera da tutto ciò che è terreno ed un cuore rivolto interamente all’oggetto della speranza. Allontanarsi da questa condizione significa imitare l’uomo che getta nel solco semi di varie piante e che ara servendosi di un bove e di un asino.
La preghiera senza distrazione produce all’anima il pensiero costante di Dio. È una nuova incarnazione: Dio abita in noi in seguito al nostro continuo raccoglimento in lui, accompagnato da una faticosa ricerca della sua volontà da parte del cuore. I cattivi pensieri involontari hanno la loro origine in una precedente distrazione. Che cos’è la preghiera mentale? Essa si ha quando i movimenti dell’anima subiscono l’azione dello Spirito Santo per effetto della sua intima purezza. Solo un uomo su diecimila la raggiunge. Essa è il simbolo della nostra futura condizione, giacché la natura viene sollevata al di sopra di tutti i movimenti impuri ispirati dal ricordo delle cose di questo mondo. È la visione interiore… che ha il suo punto di partenza nella preghiera.
In che consiste il punto culminante delle fatiche dell’ascesi, come riconoscere che abbiamo raggiunto il termine della corsa? Il termine è raggiunto quando si è ritenuti degni della preghiera continua. Chi vi è giunto, ha toccato il termine della virtù e nello stesso tempo ha una dimora spirituale. Colui che non ha ricevuto il dono del Paraclito, non è capace di compiere la preghiera ininterrotta in stato di quiete. Quando lo Spirito stabilisce la sua dimora in un uomo, questi non può fermarsi nella preghiera, poiché lo Spirito non cessa di pregare in lui, sia che dorma o che sia sveglio, la preghiera non si allontana dalla sua anima. Mentre mangia, beve, giace, lavora, è immerso nel sonno, il profumo della preghiera esala spontaneamente dal suo cuore… Ormai anche quando egli prende il riposo visibile, la preghiera è in lui assicurata segretamente, poiché “il silenzio dell’impassibile è una preghiera”, come ha detto un uomo rivestito del Cristo. I pensieri sono moti divini, i movimenti dell’intelletto sono voci mute che cantano nel segreto questa salmodia dell’invisibile.
Se voi riuscite a congiungere la meditazione delle vostre notti con il servizio delle vostre giornate, senza sdoppiare il fervore delle operazioni del vostro cuore, voi non tarderete a riposare sul petto di Gesù… Eccovi il mio consiglio: state in pace e svegli, se potete, senza recitare salmi né compiere prostrazioni e, se siete capaci, pregate soltanto nel cuore. Ma non dormire!
I vari gradi della preghiera
La Grazia agisce con gli uomini secondo la loro capacità. Uno moltiplica le sue preghiere per effetto di un ardente fervore, l’altro raggiunge una tale pace interiore che riduce ad unità la molteplicità delle sue precedenti preghiere. Non dobbiamo confondere la gioia nella preghiera con la visione nella preghiera. La seconda è superiore alla prima quanto l’uomo ad un ragazzino. Capita alle volte che le parole assumano una soavità particolare e che si ripeta incessantemente la stessa parola della preghiera senza che un sentimento di sazietà vi faccia andare oltre e passare alla parola seguente. Alle volte la preghiera provoca una certa contemplazione che fa svanire la preghiera sulle labbra. Chi raggiunge una simile contemplazione, entra nell’estasi e diventa simile ad un corpo che è stato abbandonato dall’anima. Questa noi chiamiamo visione nella preghiera, che non è un’immagine o una forma risultante dalla fantasia, come ritengono gli stolti.
Questa contemplazione nella preghiera ha diversi gradi e doni differenti. Ma si tratta sempre di preghiera, giacché il pensiero non ha ancora raggiunto lo stato in cui non c’è più la preghiera, ma una condizione superiore ad essa. I movimenti della lingua e del cuore nel corso della preghiera sono le chiavi; segue l’entrata nella camera. In essa tacciono la bocca e le labbra; il cuore, il ciambellano del pensiero, la ragione che domina sui sensi, l’intelletto, questo uccello rapido, con tutti i loro mezzi e facoltà e suppliche debbono rimanere muti, poiché il Padrone della casa vi è entrato.
L’autorità delle leggi e dei comandamenti dettati da Dio alla umanità hanno il loro punto culminante nella purezza del cuore, come insegnano i Santi Padri. Così pure tutte le forme e modi di preghiera con cui l’uomo si rivolge a Dio, hanno il loro punto più elevato nella preghiera pura… Dal momento in cui lo spirito ha superato la frontiera della preghiera pura non esistono più né preghiera, né emozioni, né lacrime, né autorità, né libertà, né suppliche, né desideri, né speranza impaziente rivolta a questo o all’altro mondo. Non c’è dunque preghiera al di là della preghiera pura… superando questo limite, si entra nell’estasi, si è fuori della preghiera. È la visione: lo spirito non prega più.
Tra diecimila uomini a fatica si potrebbe trovare uno che abbia ottemperato pienamente ai comandamenti ed alle leggi e sia stato giudicato degno della tranquillità dell’anima. E non è meno raro trovare tra un gran numero di persone uno che abbia meritato con la vigilanza perseverante la preghiera pura… Ma per quanto riguarda il mistero che è al di là di essa, si può trovare difficilmente in un’intera generazione un uomo che si sia avvicinato a questa conoscenza della gloria di Dio… L’oggetto della preghiera è dimenticato, le emozioni si annegano in una profonda ebrietà, non si appartiene più a questo mondo. È la famosa ignoranza, di cui Evagrio disse: “Beato colui che nella preghiera è giunto all’assenza della conoscenza che è impossibile superare”.
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Disse il fratello: “Padre, insegnami, ti prego, come la preghiera libera lo spirito da tutti i pensieri”.
Il vecchio monaco rispose: “I pensieri dipendono dagli oggetti. Di questi alcuni si rivolgono ai sensi, altri alla mente. Se essa si attarda su di loro, sviluppa in sé questi pensieri. Ma la grazia della preghiera unisce a Dio la mente ed in tal modo la libera da tutti i pensieri. Così la mente, nuda, diventa simile a Dio. In quanto tale essa chiede a Dio ciò che conviene e la sua domanda non rimane mai inesaudita. Perciò l’Apostolo raccomanda di pregare incessantemente, affinché, unendo assiduamente la nostra mente a Dio, la liberiamo a poco a poco dall’attaccamento alle cose materiali”.
Il fratello gli chiese: “Come la mente può pregare senza interruzione? Salmodiano, leggendo, conversando, attendendo ai nostri doveri, la rivolgiamo a numerosi pensieri e considerazioni”.
Il vecchio monaco rispose: “La Sacra Scrittura non impone alcunché d’impossibile. L’Apostolo pure salmodiava, leggeva, serviva e ciononostante pregava senza interruzione. La preghiera ininterrotta consiste nel tenere la mente rivolta a Dio con grande timore e grande amore, di sperare in Dio, di tenere conto di Dio in tutte le nostre azioni ed in tutto ciò che ci capita. L’Apostolo pregava ininterrottamente, poiché questa era la disposizione del suo animo”.
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La vostra preghiera ignori ogni complessità: una sola parola bastò al pubblicano ed al figlio dissoluto per ottenere il perdono di Dio. Nella vostra preghiera non ci sia alcuna ricerca di parole: quante volte il balbettio semplice e monotono dei bambini commuove il padre! Non abbandonatevi a lunghi discorsi per non distrarre la mente nella ricerca delle parole. Una sola parola del pubblicano ottenne la misericordia di Dio; una sola parola piena di fede salvò il buon ladrone. La prolissità nella preghiera spesso riempie la mente d’immagini o la distrae; invece spesso una sola parola può causare il raccoglimento interiore. Se voi vi sentite consolati e commossi da una parola della vostra preghiera, fermatevi, perché il vostro angelo custode prega allora con voi.
Non dovete avere troppa sicurezza nelle vostre forze, anche se avete raggiunto la purezza, ma piuttosto una profonda umiltà ed allora sentirete una maggior fiducia. Anche se siete giunti al sommo della scala delle virtù, pregate per domandare il perdono dei vostri peccati, obbedendo alle parole di San Paolo: “Io sono un peccatore, anzi sono il primo”[11]. L’olio ed il sale danno il sapore ai cibi, la castità e le lacrime le ali alla preghiera. Quando avrete conquistato la dolcezza e l’assenza dell’ira, non vi costerà molta fatica liberare la vostra anima dalla cattività.
Finché non avremo consigliato la vera preghiera, saremo simili a quelli che insegnano ai bambini a compiere i primi passi. Impegnatevi ad elevare il vostro pensiero o piuttosto a rinchiuderlo nelle parole della vostra preghiera. Se la debolezza della fanciullezza la fa cadere, sollevatela. Infatti la mente è instabile per sua natura, ma Colui che può tutto consolidare, può rendere stabile anche la vostra mente. Se voi non cessate di combattere, colui che fissa i limiti al mare dello spirito verrà in voi e vi dirà: “Tu verrai fin qui, non oltre”[12]. È impossibile incatenare la mente, ma là dove si trova il Creatore dello spirito, tutto gli è sottomesso…
Il primo grado della preghiera consiste nel cacciare con un pensiero o con una parola semplice e ferma le varie immagini nel momento stesso in cui sorgono. Il secondo consiste nel mantenere rivolto il nostro pensiero a ciò che diciamo e pensiamo. Il terzo è il rapimento dell’anima nel Signore. Diverso è il senso di esultanza che provano nella preghiera coloro che vivono in comunità e quello di quanti conducono vita solitaria. Il primo può essere ancora intaccato d’immagini, il secondo è pieno d’umiltà…
L’eroe della preghiera sublime e perfetta dice: “Preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza…”[13]. I bambini non hanno idea di ciò; imperfetti, come siamo, con la qualità abbiamo bisogno anche della quantità. La seconda ci procura la prima…
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A cuore umile e contrito, carismi e virtù
Se uno trascorre tutta la sua vita nella negligenza e nel disordine, potrà un giorno giungere alle lacrime ed alla contrizione, così come colui che dall’inizio della sua vita monastica si è dedicato senza riserva a sopportare tutte le sofferenze secondo la volontà di Dio? Potrà liberarsi dalla cattiveria, dalla malvagità, dalla durezza del cuore che il mondo ha lasciato in lui e trovare l’umiltà? Affatto. Chi lo crede e lo afferma, chiunque esso sia, erra. Come il ferro se non è messo nel fuoco, non può risplendere come quello rovente né diventare malleabile con qualche altro mezzo, né trasformarsi in uno strumento utile, così neppure colui che conduce una vita trascurata, pigra e dannosa, potrà essere eguale a chi dal principio ha seguito buoni esempi obbedendo ai padri spirituali e conduce una vita virtuosa, né potrà godere dei doni e carismi dello Spirito come quest’ultimo. Ed è naturale che sia così. L’uno infatti, essendo umile nel cuore ed avendo pensieri ancora più umili e la mente contrita[14], allorché segue con scrupolo le Sacre Scritture e sopporta ogni angoscia e tentazione ed inoltre annovera se stesso tra quanti sono i più umili, giudicando le sue azioni ed il male compiuto, rimproverandosi ogni giorno e considerandosi un peccatore, progredisce spiritualmente in breve tempo ed è istruito dalla Grazia divina, se non ha un maestro, in ciò che concerne la salvezza.
Così allontana poco a poco dalla sua anima la malvagità e la cattiveria che vi sono ancora presenti ed introduce al loro posto le virtù. Colui invece che è pieno di impurità e di presunzione e non vuole umiliarsi davanti alla potente mano di Dio[15], né svelare al padre spirituale i segreti del suo cuore, né affidarsi a lui, e si rifiuta di fare e sopportare tutto ciò che, conforme alla prudenza, porta alla virtù ed al Signore e rende perfetto l’uomo secondo Dio, diventa peggiore di quanto non lo fosse nel mondo, poiché ritorna in lui lo spirito materiale e vi prende dimora con i sette spiriti[16] della malvagità[17].
Lacrime e contrizione purificano l’anima
Perciò, come ho già detto all’inizio, la contrizione è frutto della pratica della vita spirituale ed è apportatrice di frutti, o piuttosto è lei che produce tutte le virtù, come lo testimonia tutta la Scrittura divinamente ispirata[18]. Perciò chi vuole vincere le passioni o acquistare le virtù, deve cercare la contrizione con somma cura prima di tutti gli altri beni e di tutte le virtù. Senza di essa non vedrà mai pura la sua anima; se non avrà pura l’anima, neppure il suo corpo sarà puro. Come senza l’acqua non è possibile lavare un abito macchiato, così senza le lacrime è ancor più difficile pulire e purificare l’anima dalle colpe e sozzure. Non invochiamo pretesti[19] dannosi e stolti, o per meglio dire, completamente falsi ed apportatori di rovina, ma cerchiamo con tutte le forze dell’anima costei che è la regina delle virtù.
Chi la cerca con tutte le forze, la trova[20] o, per meglio dire, essa, sopraggiungendo trova colui che si sforza di cercarla. Ed anche se ha il cuore più duro del bronzo, del ferro e dell’acciaio, essa, quando giunge, lo rende più morbido della cera. Essa è il fuoco divino che scioglie le montagne e le rocce[21] e le rende tutte lisce[22] e trasforma le anime, che la ricevono, in paradisi. In esse sgorga una fonte di acqua viva che balza e saltella[23] e le bagna abbondantemente e, come da una cisterna, scorre verso coloro che sono vicini e lontani[24] e riempie abbondantemente le anime che con fede ricevono la parola[25]. Purifica dapprima dalle macchie coloro che ne sono insozzati, quindi libera dalle passioni strappandole come croste dalle ferite, intendo dire la malvagità, l’invidia, la vanagloria e gli altri vizi che a questi si accompagnano. Inoltre, come una fiamma che corre tutto attorno, poco a poco le distrugge bruciandole continuamente come spine[26]. Essa per prima fa sorgere il desiderio della completa liberazione e purificazione da questi vizi e quindi dei beni riservati da Dio per quanti lo amano[27].
Tutto ciò ottiene il fuoco divino della contrizione con le lacrime o piuttosto a causa delle lacrime. Senza di loro nulla di ciò, come abbiamo detto, è accaduto, né accadrà mai in noi o in alcun altro. Infatti non si potrà mai dimostrare servendosi della Sacra Scrittura che senza lacrime e senza una contrizione continua alcuno tra gli uomini s’è purificato o è divenuto santo o ha ricevuto lo Spirito Santo o ha contemplato Dio o l’ha riconosciuto nel suo animo o in genere lo ha avuto nel suo cuore. Ciò s’è realizzato solo se la penitenza e la contrizione si sono precedentemente manifestate o se sono sgorgate, come da una fonte, lacrime incessanti, un vero diluvio di lacrime che lavano la dimora dell’anima e la bagnano come una rugiada e la rinfrescano, presa com’è e bruciata dal fuoco inaccessibile[28].
L’afflizione spirituale garanzia delle virtù
Quanti dunque affermano che non è possibile affliggersi e piangere ogni notte ed ogni giorno, dimostrano di essere privi di ogni virtù. Se i nostri Santi Padri dicono: “Colui che vuole distruggere le passioni, le distrugge con il pianto e chi vuole acquistare le virtù, le acquista con il pianto”, è evidente che chi non piange ogni giorno, né vince le passioni né ottiene le virtù anche se crede di praticarle tutte. Dimmi a che servono gli strumenti di un’arte, se è assente l’artigiano che sa lavorare la materia e farne un oggetto adatto? E che vantaggio ha l’ortolano che lavora tutto il suo orto, vi semina e pianta ogni genere di legumi, se non sopraggiunge la pioggia sulle piante o se non è irrigato il suo terreno? Evidentemente nessuno. Così pure colui che esercita le altre virtù ed in esse si affatica, non trae alcun giovamento se non lo assiste questa santa e beata signora e produttrice di tutte le virtù…
La penitenza, il pianto o le lacrime debbono essere incessanti
Perciò la vostra prima preoccupazione, fratelli, sia la penitenza ed il pianto ad essa congiunto e le lacrime che ne conseguono. Né infatti senza la penitenza può sussistere il pianto, né senza il pianto ci possono essere le lacrime, ma tutti e tre, penitenza, pianto e lacrime, sono congiunti tra loro, né possono esistere indipendentemente l’uno dall’altro. Né alcuno dice che è impossibile piangere ogni giorno; se così fosse, sarebbe impossibile pentirsi ogni giorno. In tal modo si finirebbe per distruggere la Sacra Scrittura, per non dire lo stesso comandamento del Signore: “Pentitevi, è vicino infatti il Regno dei cieli”[29]. Così pure sarebbe vano l’altro comandamento divino: “Chiedete ed otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”[30]. Se si sostiene l’impossibilità di pentirsi, di piangere, e di lacrimare ogni giorno, come potrà un uomo corruttibile essere umile, rallegrarsi sempre e pregare incessantemente[31] ed inoltre possedere un cuore puro da ogni passione e da pensieri malvagi in modo da contemplare Dio[32]? E così sarai annoverato tra gli empi[33] e non tra i credenti. Se Dio disse e ripete che tutto ciò per noi è possibile e grida che può accadere ogni giorno, tu contraddici alle sue parole sostenendo che è impossibile, per cui in nulla differisci da quanti non hanno fede.
Vuoi dunque comunicarti senza lacrime? Fa ciò che ogni giorno canti e leggi ed allora lo potrai fare ininterrottamente. Di che si tratta? Allora tu lo ignori completamente? Ascolta colui che dice: “Non sono giusti davanti a Dio costoro che ascoltano la legge, ma saranno giustificati coloro che hanno ciò che comanda la legge”[34]. Ma tu non allungare troppo il discorso, ti ricorderò proprio le parole di David: “Non salirò sul letto su cui mi stendo, non concederò il sonno ai miei occhi ed alle mie palpebre l’assopimento ed il riposo alle mie tempie, finché non troverò un luogo per il Signore, un tabernacolo per il Dio di Giacobbe”[35]. Ed ancora: “Non c’è pace nelle mie ossa in faccia dei miei peccati, poiché le mie colpe hanno superato la mia testa e come un fardello si sono infettate e si sono incancrenite in faccia alla mia follia. Sono caduto nella miseria e nella prostrazione sino al fondo, tutto il giorno camminavo accasciato. Sono caduto nel male e nell’umiliazione estrema, arrossivo a forza di gemere nel mio cuore[36]. Sono divenuto come un passero solitario su un tetto e sono divenuto simile al pellicano del deserto[37] poiché ho mangiato la cenere come pane ed ho mescolato la mia bevanda con le lacrime[38]. Mi sono affaticato nel mio lamento, laverò ogni notte il mio letto, con le mie lacrime bagnerò il mio giaciglio”[39]. Anche san Giovanni Climaco dice: “La sete e la veglia hanno angosciato il cuore; dal cuore angosciato sono sgorgate le acque”[40]. Colui che vuole, può apprendere nel suo libro gli altri consigli che egli sviluppa su questo argomento.
Se pure tu incessantemente metterai in pratica con tutto il tuo cuore, con umiltà e fede quanto ogni giorno è oggetto dei tuoi canti e delle tue letture o senti leggere dagli altri, in verità ti annuncio una grande gioia[41], che cioè se persisterai in queste pratiche soffrendo la sete, vegliando, sottoponendoti sino alla morte ed obbedendo senza discutere e sinceramente al tuo superiore, sopportando ogni angoscia o violenza, insulto, calunnia e peggio ancora, colpi di frusta ed oltraggi dai più vili tra i tuoi confratelli, pregando per loro con animo pieno di gratitudine e senza alcun rancore, rallegrati ed esulta[42] di gioia indicibile[43], poiché non solo di sera e di mattina ed a mezzogiorno, ma anche mentre mangi e bevi e, spesso, mentre conversi, canti, leggi e preghi ed anche quando sei disteso sul letto, questo dono divino ed ineffabile sopraggiungendo ti accompagnerà per tutti i giorni della tua vita. Esso ti accompagnerà nel tuo cammino e si fermerà con te quando ti arresterai per riposare, servirà assieme a te nel tuo servizio, confortandoti ed incoraggiandoti nelle sofferenze derivate dalla fatica. Ed allora apprenderai che giustamente e bene disse san Simeone che non ci si deve comunicare senza lacrime e che ciò è possibile e realmente si conviene a tutti. Non fu lui infatti a dirlo ed a scriverlo, ma lo Spirito Santo per suo mezzo… Se poi uno non ha lacrime, per lo meno deve cercare di averle con tutta la forza dell’anima. Né può altrimenti essere senza peccato, né puro nel cuore.
Catechesi IV, 360-574
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Voi che desiderate ricevere la splendida e divina illuminazione del Nostro Salvatore Gesù Cristo, voi che cercate di ricevere nel cuore e con i sensi il fuoco celeste, voi che vi affannate a fare l’esperienza della riconciliazione con Dio, voi che avete lasciato il mondo per trovare il tesoro nascosto nel campo del vostro cuore ed acquistarlo, voi che desiderate che il lume della vostra anima già d’ora risplenda e perciò avete rinunciato a questo mondo, voi che desiderate prendere coscienza e fare l’esperienza del Regno dei Cieli che è dentro di voi, accorrete ed io vi insegnerò la scienza dell’eterna vita celeste o, meglio, il metodo che conduce, senza fatica e sudore, colui che lo applica nel porto dell’assenza delle passioni e che libera dalla paura dell’inganno o della caduta per opera dell’astuzia del demonio. Tale paura è giustificata solo quando noi rimaniamo fuori da quella vita, che mi propongo di insegnarvi, allorché siamo lontani da essa per effetto della disobbedienza. Infatti in tal caso anche a noi succede quanto è toccato ad Adamo, il quale, divenuto amico del serpente, disobbedì al comando di Dio e, prestandogli fede, mangiò del frutto proibito e, per l’inganno del demonio, se ne saziò. In tal modo dolorosamente, gettò se stesso e tutti i suoi successori nell’abisso della morte, delle tenebre e della corruzione.
Ritorniamo, o fratelli, in noi, disprezzando ed odiando il consiglio del serpente ed ogni abietta servitù. Infatti non possiamo riconciliarci con Dio e divenire suoi amici, se prima non ritorneremo in noi stessi, almeno nei limiti delle nostre forze, o se non entreremo in noi stessi allontanandoci energicamente – il che è degno di meraviglia – dalle vanità e dalle infinite preoccupazioni di questo mondo e rivolgendo incessantemente la nostra attenzione al Regno dei Cieli che è dentro di noi.
La vita monastica è chiamata arte delle arti e scienza delle scienze, poiché tale vita venerabile per noi è fonte non di beni corruttibili simili alle cose di questo mondo, ma ci promette alcuni beni meravigliosi ed indicibili, quali “l’occhio non ha visto, l’orecchio non ha udito e che non sono giunti al cuore umano”[44]. Perciò “la lotta in noi non è con la carne e con il sangue, ma con i principati, le autorità ed i potenti di questo mondo”[45]. Se il mondo attuale è tenebra, fuggiamo da esso, fuggiamo grazie alle disposizioni della mente e del cuore. Che non ci sia nulla di comune tra noi ed il nemico di Dio, poiché “chi vuol essere suo amico, diventa nemico di Dio”[46]. Chi può aiutare un nemico di Dio? Perciò imitiamo i nostri Padri e, come loro, cerchiamo nell’intimo del nostro cuore il tesoro e, trovatolo, lo terremo fermamente agendo e custodendolo. A questo fine siamo stati creati. Se si presenterà qualche altro Nicodemo e comincerà a contestare dicendo: “Come può uno, entrando nel suo cuore, agire e starvi dentro?”, così come disse al Redentore: “Come può entrare per la seconda volta nel grembo di sua madre e nascere nuovamente, essendo vecchio?”[47], ascolti costui le parole del Signore: “lo Spirito soffia dove vuole”[48]. E se noi nelle circostanze della vita attiva, scopriamo un sospetto del genere a causa della mancanza di fede, come possiamo entrare nei misteri della vita contemplativa? Infatti l’ascesa alla contemplazione è la vita attiva, come risulta dagli esempi offertici dai Santi.
Il venerabile Arsenio si atteneva rigidamente al principio di non scrivere ad alcuno e di non ricevere lettere da nessuno ed in genere di non parlare quasi mai. E non perché non lo potesse: come si può concepire una cosa simile di uno che poteva parlare così eloquentemente con la stessa facilità con cui sapeva parlare semplicemente? Lo faceva per l’abitudine di tacere e per evitare la vanità di fare sfoggio di sé. Per questo motivo cercava di stare anche in chiesa in modo da non vedere gli altri e di non essere visto da alcuno e mai non si univa ai confratelli, ma si nascondeva in qualche parte. Così egli si preoccupava di fare attenzione a se stesso e di tenere la mente raccolta, in modo da sollevarsi più facilmente a Dio. Tale esempio ci ha lasciato quest’uomo divino ed angelo terreno.
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La preghiera e la purezza del cuore
Dalla Vita di san Gregorio Palamàs, arcivescovo di Tessalonica, Taumaturgo
Nessuno pensi, fratelli miei in Cristo, che solo coloro che sono insigniti dell’ordine sacro ed i monaci siano obbligati a pregare sempre ed incessantemente. Non è affatto vero, poiché noi tutti, che siamo Cristiani, abbiamo il dovere di essere sempre in preghiera. Considerate quello che scrive il Patriarca Filoteo di Costantinopoli nella “Vita di san Gregorio di Tessalonica”:
Aveva questo vescovo un amico carissimo, di nome Giobbe, uomo assai semplice, ma dotato di molte virtù. Un giorno, conversando con lui, san Gregorio disse che ogni Cristiano deve sempre esercitarsi nella preghiera e pregare incessantemente, come scrive l’Apostolo Paolo: “Pregate incessantemente”[49], e come di sé diceva il profeta David, sebbene fosse re e dovesse occuparsi di tutto il suo regno: “Vidi sempre davanti a me il Signore”[50], intendendo dire con queste parole: “Vedo sempre con il pensiero il Signore davanti a me nella mia preghiera”. Anche san Gregorio il Teologo insegna che dobbiamo ricordare nelle preghiere il Nome di Dio più spesso che respirare. Il santo vescovo aggiunse che, obbedendo ai comandamenti dei Santi, non solo a noi conviene pregare sempre, ma che dobbiamo insegnarlo a tutti in genere, siano monaci che laici, sapienti o semplici, uomini e donne, ed esortarli a pregare incessantemente. A Giobbe che ascoltava, queste parole sembrarono una novità e cominciò a contrastare dicendo al vescovo che la preghiera continua riguarda solo i monaci e gli asceti, che vivono fuori da questo mondo e lontano dalle sue vanità, e non quanti vivono nel secolo, i quali hanno tante preoccupazioni ed impegni. Il vescovo citò altre testimonianze a conferma di questa verità ed altre prove irrefutabili, ma Giobbe non ne rimase convinto. Allora san Gregorio, evitando ogni discussione e contrasto, tacque e ciascuno si ritirò nella propria cella.
Allorché Giobbe si mise a pregare da solo nella sua cella, gli si presentò un Angelo mandato da Dio, “che vuole che tutti si salvino e pervengano all’intelligenza della verità”[51]. L’Angelo lo rimproverò di aver contraddetto san Gregorio in un fatto tanto evidente, da cui dipende la salvezza dei Cristiani, e lo ammonì da parte di Dio di fare attenzione e di astenersi dal dire a chiunque qualcosa che fosse in contrasto con questa verità salvifica e dall’opporsi in tal modo alla volontà di Dio. Lo avvertì anzi a non osare neppure di avere in mente un pensiero in opposizione a questo e di non permettersi di fare il saccente in antitesi a ciò che aveva detto san Gregorio. Allora il semplice monaco s’affrettò a recarsi alla cella di san Gregorio e, gettatosi ai suoi piedi, gli chiese perdono di averlo contraddetto e gli svelò tutto ciò che gli aveva detto l’Angelo del Signore. Vedete ora, fratelli miei, come tutti i Cristiani, grandi e piccoli, sono tenuti alla preghiera mentale: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”, di modo che il loro cuore e la loro mente si abituino a pronunciare sempre queste sante parole. Convincetevi del bene che ne deriva se Dio, nell’infinito suo amore per gli uomini, ha mandato un Angelo Celeste ad annunciarcelo, affinché nessuno potesse dubitarne.
Che ne dicono quanti vivono nel secolo? –Noi siamo oppressi dal nostro lavoro e dalle preoccupazioni di questa vita. Perciò come possiamo pregare incessantemente?– Ed io rispondo loro che il Signore non ci ha comandato nessuna cosa impossibile, ma solo ciò che è nelle nostre forze. Perciò anche questo comandamento può essere realizzato da chiunque con zelo cerchi la salvezza della sua anima. Infatti se ciò fosse impossibile, lo sarebbe per tutti coloro che vivono nel secolo ed allora non ci sarebbero tante e tante persone che, pur vivendo nel mondo, attendono alla preghiera continua. Di questi ci sia come modello il padre di san Gregorio di Tessalonica, quel venerabile Costantino, il quale, sebbene vivesse a corte e fosse chiamato padre e maestro dell’imperatore Andronico – doveva occuparsi ogni giorno di questioni di stato, del suo patrimonio, e della sua famiglia – tuttavia a tal punto non si staccava mai da Dio e tanto era legato alla preghiera mentale ed incessante che spesso non si accorgeva che l’imperatore ed i funzionari di corte parlavano con lui di problemi politici. Non di rado due e più volte ripeteva la stessa domanda, del che i cortigiani che non sapevano la causa, si sdegnavano e lo rimproveravano. Ma l’imperatore, che ben ne conosceva la ragione, lo difendeva dicendo: “Costantino ha i suoi pensieri che non gli permettono alle volte di rivolgere tutta l’attenzione ai nostri problemi”.
Ci furono anche moltissimi altri simili a lui, i quali, pur vivendo nel mondo, si dedicarono pienamente alla preghiera mentale, come narrano le loro biografie. Perciò, fratelli miei in Cristo, anch’io vi prego con san Giovanni Crisostomo, di non trascurare per la salvezza della vostra anima questo genere di preghiera. Imitate coloro di cui vi ho parlato e, nei limiti delle vostre possibilità, seguitene l’esempio. Dapprima vi potrà sembrare troppo difficile, ma siate certi, come se questa assicurazione vi venisse da Dio onnipotente, che il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo, da voi incessantemente invocato, vi aiuterà a superare tutte le difficoltà, per cui con il procedere del tempo vi abituerete a questa attività e gusterete quanto è dolce il nome del Signore. Allora con l’esperienza apprenderete che quest’attività non solo non è impossibile e non è difficile, ma è nelle nostre forze ed è facile. Perciò san Paolo che conosceva meglio di noi il gran bene che procura questa preghiera, ci ha raccomandato di pregare incessantemente. Non ci avrebbe obbligato a questa attività, se essa fosse estremamente difficile ed impossibile, sapendo a priori che in tal caso noi, non avendo la possibilità di adempiere alla sua raccomandazione, inevitabilmente cadremmo nel peccato della disobbedienza, rendendoci in tal modo degni della condanna e del castigo. E tale non poteva essere l’intenzione dell’Apostolo.
Inoltre fate attenzione al metodo della preghiera, cioè come è possibile pregare incessantemente, cioè pregare con la mente. È una cosa che possiamo fare sempre, se lo vogliamo. Infatti anche quando attendiamo ad un lavoro manuale, quando camminiamo, quando ci cibiamo, quando mangiamo, possiamo sempre pregare con la mente e compiere la preghiera mentale, a Dio gradita, la vera preghiera. Con il corpo lavoreremo, con la mente pregheremo. Il nostro uomo esteriore compia pure i suoi lavori corporali, ma quello interiore sia interamente consacrato al servizio di Dio e non si allontani mai dall’attività della preghiera mentale, come ci comanda l’Uomo-Dio Gesù Cristo: “Tu quando preghi, ritirati nella tua camera e dopo averne chiuso le porte, prega il tuo Padre che è nel segreto”[52]. La camera dell’anima è il corpo; le nostre porte sono i cinque sensi. L’anima entra nella sua camera allorché la mente non va errando qua e là dietro alle faccende di questo mondo, ma sta dentro il nostro cuore. I nostri sensi si chiudono e rimangono in tale condizione, quando noi non permettiamo loro di stare attaccati alle cose sensibili ed esteriori e la nostra mente in tal modo resta libera da ogni affezione terrena e con la preghiera segreta mentale si congiunge a Dio suo Padre.
“Ed il Padre tuo, che vede nel segreto, ti compenserà in maniera manifesta”, aggiunge il Signore. Il Signore che conosce tutti i segreti, vede la preghiera mentale e ricompensa con grandi doni manifesti. Infatti anche questa preghiera è vera e perfetta e riempie l’anima di grazia divina e di doni spirituali, come il profumo, che quanto più chiudi il vaso che lo contiene, tanto più lo rende profumato. Così anche la preghiera, quanto più la chiudi dentro al cuore, tanto più è ricca di grazia divina.
Beati coloro che si abituano a questa attività celeste, poiché con essa superano ogni tentazione dei demoni, come David vinse il superbo Goliath. Grazie ad essa si spengono i disordinati desideri della carne, come i tre fanciulli spensero la fiamma della fornace. Grazie alla preghiera mentale si placano le passioni, come Daniele domò le fiere selvagge. Per mezzo di essa fanno scendere la grazia dello Spirito Santo nel loro cuore, come Elia fece scendere la pioggia sul Carmelo. La preghiera mentale sale sino a Dio e si conserva in fiale d’oro, e come l’incenso, emana il suo profumo davanti al Signore, come vide san Giovanni il Teologo nell’Apocalisse: “Ventiquattro anziani caddero davanti all’Agnello, ognuno con un’arpa e una fiala d’oro piena d’incenso, che sono le nostre preghiere”[53]. La preghiera mentale è la luce che illumina l’anima dell’uomo ed il suo cuore e nello stesso tempo accende d’amore per Dio. Essa è la catena che tiene unito l’uomo con Dio e Dio con l’uomo. O grazia incomparabile della preghiera mentale. Essa rende partecipe d’una continua conversazione con Dio, o attività veramente meravigliosa. Con il corpo sei in contatto con gli uomini, mentre con la mente conversi con Dio.
Gli Angeli non hanno una voce materiale, ma con la mente incessantemente glorificano il Signore, in ciò consiste tutta la loro attività e ad essa è consacrata la loro vita. Così anche tu, fratello, quando entri nella tua camera e ne chiudi la porta, cioè quando la tua mente non erra qua e là, ma entra nell’intimo del tuo cuore, ed i tuoi sensi sono chiusi e lontani dalle cose di questo mondo, e tu in tal modo preghi incessantemente, allora sei simile agli Angeli ed il Padre tuo, vedendo la tua preghiera segreta da te elevata dall’intimo del tuo cuore, ti ricompenserà con grandi doni spirituali.
Che cosa puoi desiderare di più di questo, quando, come ho detto, tu con la mente ti trovi dinanzi a Dio e conversi con Lui incessantemente, conversi con Dio, senza il quale mai nessun uomo può essere felice né qui né nell’altra vita?
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Sulla preghiera mentale
Dalla vita del venerabile nostro Padre Massimo Kapsokalibìta
Il venerabile Gregorio Sinaita incontrò san Massimo e, conversando con lui, tra l’altro gli chiese: “Dimmi, padre mio, ti attieni alla preghiera mentale?”. San Massimo, chinando per un po’ il capo, gli rispose: “Non voglio nasconderti, padre, un miracolo della Vergine beatissima di cui sono stato oggetto. Dalla mia giovinezza ho avuto una grande fede nella Madre di Dio e la pregavo sempre con le lacrime agli occhi di concedermi la grazia della preghiera mentale. Un giorno, giunto in chiesa, secondo l’abitudine, la pregai con infinito calore del cuore di darmi questa grazia e, quando poi baciai la Sua santa icona, improvvisamente ho sentito nel petto e nel cuore un calore particolare e una fiamma, che usciva dalla sacra icona, e non mi bruciava ma mi bagnava come di rugiada e mi infondeva un senso di dolcezza, provocando una profonda commozione nell’anima. Da quel momento il mio cuore ha cominciato a recitare dall’interno la preghiera e la mia mente è confortata dal ricordo del nostro Signore Gesù Cristo e della santissima Vergine e sempre permane in questo stato di ricordo. Da quel tempo la preghiera non è mai venuta meno nel mio cuore… perdonami”.
Gli disse san Gregorio: “Dimmi, padre santo, mentre tu reciti la preghiera ‘Signore Gesù Cristo…’, avvenne in te qualche mutamento divino, uno stato di estasi o qualche altro frutto dello Spirito Santo?”. E san Massimo gli rispose: “Certamente, e per questa ragione mi allontano in luoghi deserti e sempre ho amato il silenzio assoluto, per godere in misura maggiore il frutto della preghiera, cioè l’amore infinito per Dio e l’elevazione della mente verso il Signore”. San Gregorio gli chiese: “Dimmi, padre, te lo chiedo: hai ciò di cui mi hai parlato?”. E san Massimo, abbassando gli occhi, gli rispose: “Non chiedere delle mie seduzioni”. Allora san Gregorio gli disse: “O se il Signore mi concedesse di avere una seduzione quale è in te, padre santo. Del resto ti chiedo, dimmi: allorché la tua mente viene sollevata a Dio, che cosa vedi con i tuoi occhi? E può allora la mente elevare la preghiera assieme al cuore?”.
San Massimo gli rispose: “No, non può. Quando la grazia dello Spirito Santo entra nell’uomo per mezzo della preghiera, allora quest’ultima viene meno, poiché in quegli istanti la mente è completamente dominata dalla grazia dello Spirito Santo e non può più agire con le sue forze, ma rimane inoperosa e obbedisce solo allo Spirito Santo e dove lo Spirito Santo vuole, la conduce, o a qualche altra contemplazione indicibile o, come spesso avviene, ad un dialogo divino e, per dirla in breve, come vuole il Paraclito, così egli conforta i suoi servi, e concede a ciascuno la grazia che gli è necessaria. Ciò, di cui io ora parlo, può chiunque vedere chiaramente nei Profeti e negli Apostoli, a cui fu concesso ogni genere di visioni, sebbene gli uomini li deridessero, e li ritenessero in preda ad inganni ed ebbrezza. Così il profeta Isaia vide il Signore sollevato su un alto trono e circondato dai Serafini. Il protomartire santo Stefano vide aprirsi i Cieli ed il Signore Gesù alla destra del Padre. Nello stesso modo anche ora i devoti servitori di Cristo hanno la grazia di avere varie visioni, a cui alcuni non credono ed in nessuna maniera le vogliono riconoscere vere, ma le considerano inganni ed ingannati ritengono coloro che le vedono. Di ciò mi stupisco e non comprendo che genere di uomini siano e, come ciechi, non vedono e non credono a ciò che ha promesso Dio, che non mentisce, per bocca del profeta Gioele, cioè che egli concederà proprio questo a coloro che crederanno: – Verserò del mio Spirito su ogni carne e profetizzeranno[54]. Questa grazia il Signore mandò ai suoi discepoli e la concede anche ora e la concederà fino alla fine del mondo, secondo la sua promessa, a tutti i suoi fedeli servitori. Pertanto, allorché la grazia dello Spirito Santo scende su qualcuno, non gli presenta uno spettacolo ordinario proprio della realtà materiale di questo mondo, ma gli mostra ciò che non ha mai visto né immaginato. Allora la mente umana apprende dallo Spirito Santo i misteri più elevati e nascosti, quelli che, come dice san Paolo, né l’occhio umano può vedere, né la mente umana comprendere[55]. E perché tu possa comprendere come la mente li vede, cerca di capire ciò che io ti dirò: la cera, quando si trova lontana dal fuoco, è dura, la si può prendere e tenere in mano. Ma, appena la getti nel fuoco, subito si scioglie e tra le fiamme arde, trasformandosi in luce, per cui si consuma completamente nel fuoco. Così anche la mente umana, quando è sola e non s’incontra con Dio, comprende, secondo le sue forze, la realtà che la circonda. Ma quando si avvicina al fuoco della Divinità ed allo Spirito Santo, allora completamente è presa dal fuoco divino e si trasforma completamente in luce, arde nella fiamma dello Spirito Santo e si effonde in pensieri divini, per cui non le è possibile, in mezzo al fuoco della Divinità, pensare a se stessa o a ciò che vuole”.
A queste parole san Gregorio osservò: “Accade alle volte qualcosa che assomiglia a ciò che tu hai detto, ma che è frutto dell’inganno?”. Al che il grande Massimo gli rispose: “Accade, ma ciascuna manifestazione ha i suoi segni di riconoscimento particolari; alcuni servono a riconoscere l’inganno, altri la grazia. Quando lo spirito maligno si avvicina all’uomo, sconvolge la sua mente e la rende selvaggia, il cuore diventa duro e si ottenebra, provoca la paura, il timore e la superbia, altera gli occhi, mette in apprensione il cervello, tutto il corpo trema, mostra alla vista una luce non luminosa e pura, ma rossastra, la mente cade nella frenesia e dalla bocca escono parole inutili e blasfeme. Chi vede lo spirito ingannatore, nella maggior parte dei casi s’infuria ed è pieno d’ira, non conosce affatto l’umiltà, né il pianto sincero, né le lacrime, ma sempre si vanta delle sue capacità, sempre senza alcun freno né timor di Dio, si abbandona agli impulsi delle passioni, infine esce di senno e va alla rovina completa”.
“Da un siffatto inganno ci liberi il Signore per le tue preghiere, padre santo”.
“Invece i segni della grazia sono i seguenti: quando entra in un uomo la grazia dello Spirito Santo, raccoglie la sua mente e la rende attenta ed umile, richiama la sua attenzione sulla morte e sui peccati, sul giudizio finale e sulla pena eterna, riempie l’anima di spirito di penitenza e di commozione e la spinge al pianto ed alle lacrime. Rende miti i suoi occhi e pieni di lacrime e, quanto più si avvicina all’uomo, tanto più rende serena la sua anima e la conforta con le sante sofferenze di nostro Signore Gesù Cristo e con il suo infinito amore per gli uomini. E l’anima contempla la potenza inconcepibile di Dio, che con una sola parola ha creato tutto dal nulla; contempla la sua infinita forza, con cui tutto regge e tutto governa; contempla l’irraggiungibile santissima Trinità e gli impenetrabili abissi della natura divina, e così via. Allora la mente umana si esalta nella luce divina; s’illumina della luce della conoscenza divina, il cuore diventa calmo e mite e stillano da lui in abbondanza i frutti dello Spirito Santo: la gioia, la pace, la sopportazione, la bontà, la misericordia, l’amore, l’umiltà[56]. E l’anima prova una gioia indicibile”.
A queste parole san Gregorio Sinaita rimase estasiato, meravigliandosi di ciò che diceva san Massimo e non lo chiamava più uomo, ma Angelo sulla terra.
Dobrotoljubye V, pp 337-339
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Metodo e regola, ispirati dai Santi, per coloro che hanno scelto la vita hesychasta
8. Il principio di ogni attività gradita a Dio è l’invocazione, piena di fede, del nome salvifico di nostro Signore Gesù Cristo. È Lui che dice: “Senza di me non potete fare nulla”[57]. Secondo elemento è la pace, poiché “bisogna pregare senza collera né contrasti”[58], assieme alla carità, poiché “Dio è amore” e “colui che è nella carità, è in Dio e Dio è in lui”[59]. La pace e la carità non solo rendono la preghiera gradita a Dio, ma, a loro volta, nascono dalla preghiera, come due raggi divini e, grazie ad essa, crescono e si perfezionano.
13. Molto saggiamente i nostri gloriosi Maestri, mossi dallo Spirito Santo che abita in loro, insegnano a tutti – e specialmente a quanti vogliono scendere nell’arena dell’Hesychia – ad avere come occupazione ed esercizio incessanti il Nome santissimo e dolcissimo di Gesù Cristo, a portarlo incessantemente nella nostra mente, nel nostro cuore e sulle nostre labbra…
20. I Santi Padri raccomandano ed insegnano a colui che si applica alla sobrietà spirituale del cuore, particolarmente a chi ne è agli inizi, a starsene sempre, e specialmente nelle ore destinate alla preghiera, in un angolo tranquillo ed oscuro. La vista distrae e disperde la mente tra gli oggetti visti o guardati, la tormenta e la diversifica. La si imprigioni in una cella tranquilla ed oscura ed essa non sarà più distratta, per così dire, dalla vista e dallo sguardo. Così la mente si tranquillizzerà parzialmente e si raccoglierà in se stessa.
24. Ma ancor prima di ciò e prima d’ogni altra cosa, è con il soccorso della grazia divina che lo spirito viene a capo di questo combattimento. È la grazia che corona l’invocazione fonologica rivolta a Gesù Cristo con una viva fede, con purezza, senza distrazione, con il cuore. Non è il risultato puro e semplice del metodo naturale della respirazione praticata in un luogo tranquillo ed oscuro. I Santi Padri, inventando questo metodo, non hanno avuto presente che un aiuto, se così posso chiamarlo, al raccoglimento della mente, per ricondurla in sé dalla sua abituale distrazione e renderla attenta. Grazie a queste disposizioni nasce nella mente la preghiera costante, pura e senza distrazioni. Come dice san Nilo: “L’attenzione, che cerca la preghiera, troverà la preghiera. Se qualche altra cosa segue l’attenzione, è proprio la preghiera. Applichiamoci dunque all’attenzione”. Basta. Per te, figlio mio, se desideri trascorrere giorni felici e “vivere in maniera incorporale nel tuo corpo”, vivi seguendo la regola da me esposta.
25. Al tramonto del sole, dopo aver invocato l’aiuto di nostro Signore Gesù Cristo, sommamente buono e potente, siediti sulla tua sedia in una cella tranquilla ed oscura, raccogli la mente allontanandola dalla sua solita distrazione e dal vagabondaggio; spingila allora lentamente nel tuo cuore assieme al tuo respiro e comincia a pregare: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”. Per spiegarmi più chiaramente: contemporaneamente al respiro introduci, per così dire, le parole della preghiera secondo il consiglio di Esichio: “Al tuo respiro unisci la sobrietà ed il nome di Gesù ed il pensiero della morte. Giacché sono due elementi preziosi la preghiera ed il pensiero del giudizio”. Se le lacrime non vengono, rimani seduto con la mente concentrata su questi pensieri e sulla preghiera per circa un’ora. Poi levati, recita attentamente il “mikròn apodipnon” (compieta); siediti di nuovo, riprendi a pregare con tutte le forze, con purezza d’animo e senza distrazione, cioè senza alcuna preoccupazione o pensiero estraneo né fantasia, per circa una mezz’ora… Segnati allora con il segno della croce e segna pure il tuo letto, siediti su di esso e pensa alla fine… domanda perdono con fervore… stenditi senza interrompere la preghiera, obbedendo al consiglio di colui che ha detto “che il ricordo del Cristo partecipi del tuo sonno”[60].
26. Quando ti svegli, ringrazia Dio ed invoca il suo aiuto e riprendi la tua attività essenziale, la preghiera pura e senza distrazione, la preghiera del cuore per un’ora. È questo un momento in cui la mente è assai spesso tranquilla e serena. Ci è stato ordinato di sacrificare a Dio le nostre primizie, cioè di elevare, per così dire, il nostro primo pensiero a Gesù Cristo tramite la preghiera del cuore… Poi tu reciterai il “mesonychtion”[61] con diligenza ed attenzione. Successivamente ti siederai di nuovo e pregherai nel tuo cuore con tutta purezza e senza distrazione, come t’ho mostrato, per un’ora. Di più pregherai se il Dispensatore d’ogni bene te lo concederà.
38. Sappi, mio fratello, che tutti i metodi, regole ed esercizi non hanno altra origine e ragione all’infuori della nostra incapacità di pregare nell’intimo del cuore con purezza e senza distrazione. Allorché, per effetto della bontà e della grazia di nostro Signore Gesù Cristo, noi raggiungiamo questo traguardo, abbandoniamo la pluralità, la diversità e la divisione per unirci immediatamente, al di sopra di ogni discorso, all’Uno, al Semplice, a Colui che unifica. È il “Dio unito agli dei e conosciuto da loro”, di cui parla il teologo, ma è privilegio rarissimo.
48. Le parole “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio” dirigono la mente immaterialmente verso Colui che esse menzionano. Con le parole “abbi pietà di me”, la mente ritorna su se stessa, come se essa non potesse sopportare l’idea di non pregare per se stessa. Quando la mente con l’esperienza avrà progredito nell’amore, si dirigerà unicamente verso il Cristo, poiché avrà la certezza del perdono dei peccati.
50. La preghiera del cuore risale agli Apostoli, i Padri le hanno aggiunto le parole “abbi pietà” per coloro soprattutto che non erano progrediti nella virtù, cioè i principianti e per gli imperfetti… ed alle volte del solo nome di Gesù, che costituisce tutta la preghiera.
52. Questa preghiera continua del cuore ed i risultati che ne conseguono non si raggiungono con uno sforzo breve e modesto. Può darsi che un caso simile si sia verificato alle volte per disposizione ineffabile di Dio. Ma normalmente sono necessari molto tempo, fatica, sforzi fisici e spirituali e violenze su se stessi.
54. La preghiera del cuore, pura e senza distrazione, è quella che produce calore nel cuore, per cui la preghiera pura raggiunge la sua perfezione assoluta.
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Consigli sulla preghiera[62]
Norme del vescovo Teofane il Recluso
È necessario attenersi a norme precise sulla preghiera a causa della debolezza della nostra natura, in modo da contrastare da un lato il passo alla pigrizia e dall’altro imporre giusti limiti allo zelo. Anche coloro che maggiormente si consacrano alla preghiera, seguirono una regola in essa. Sempre essi iniziavano le loro orazioni con le formule stabilite dalla Chiesa e solo in un secondo momento, se, durante la recita di queste, sgorgava loro dal cuore la preghiera spontanea, essi le interrompevano e pregavano secondo ciò che il cuore dettava loro. Senza le preghiere fissate dalla Chiesa, noi non sapremmo neppure come pregare. Se queste non ci fossero, rimarremmo senza preghiere. Tuttavia non si debbono accumulare molte preghiere. Un numero non grande di preghiere, convenientemente recitate, è preferibile a molte recitate in fretta. È difficile evitare questo pericolo quando se ne accumulano fuori misura nell’ardore dello zelo per l’orazione.
Per quanti vivono al secolo è del tutto sufficiente la recita mattutina e serale, delle orazioni del mattino e di quelle stabilite prima del sonno notturno, che sono contenute nei manuali di devozione. Bisogna soltanto cercare di pregare sempre con la massima attenzione e con i sentimenti adatti. Per meglio riuscirvi, conviene leggerle spesso nei momenti di tempo libero, meditare sulle loro parole e cercare di penetrarvi con il sentimento, di modo che, quando le recitiamo al momento stabilito, ci siano noti i santi pensieri e sentimenti in esse contenuti. Pregare non significa soltanto leggere le orazioni, ma anche riprodurre in noi il loro contenuto, per cui le dobbiamo pronunciare come se esse uscissero dalla nostra mente e dal nostro cuore.
Successivamente, dopo aver meditato ed essere penetrati con l’animo nella sostanza delle preghiere, dobbiamo impararle a memoria, per non perdere tempo in cerca di un testo che le contenga o della lampada quando giunge il momento di recitarle. Così, recitandole non ci distrarremo con lo sguardo, ma sarà più facile tenere rivolto costantemente il pensiero a Dio. L’esperienza ci insegnerà quanto ciò sia utile. Ed è molto importante il fatto che in tal modo in ogni momento ed in ogni luogo il manuale di preghiera sia nel nostro intimo. Dopo esserci così preparati, durante la preghiera ci sforzeremo di tenere lontana la mente da ogni distrazione e di impedire ai sensi di raffreddarsi o di cadere in preda all’indifferenza, impegnandoci con tutti i mezzi a nostra disposizione a tenere sveglia l’attenzione e vivo il sentimento. Al termine di ogni preghiera, fate prostrazioni, quante volte riterrete opportuno, esprimendo le vostre necessità con le vostre parole o recitando la preghiera di Gesù. In tal modo la preghiera si allungherà alquanto, ma crescerà la sua efficacia. Specialmente dopo aver terminato le orazioni, pregate a lungo da soli chiedendo il perdono per le distrazioni involontarie della mente ed affidandovi alle mani di Dio per tutta la giornata.
Anche nel corso di questa dobbiamo rivolgere la nostra attenzione impegnata di preghiera a Dio. L’attenzione si ha ricordando Dio, la preghiera con brevi invocazioni. È ottima cosa imparare a memoria un certo numero di salmi e recitarli durante il lavoro o durante gli intervalli di quest’ultimo, alle volte invece di una breve preghiera, accompagnandoli con la meditazione. È questo un antichissimo uso cristiano, già segnalato ed introdotto nelle regole di san Pacomio e sant’Antonio. Dopo aver così trascorso la giornata, la sera pregate con più ardore e maggior raccoglimento, aumentate il numero delle prostrazioni e le invocazioni al Signore. E, dopo esservi affidati a Dio, andate a riposare con una breve preghiera sulle labbra ed addormentatevi con essa o leggendo qualche brano.
Quali salmi ci conviene apprendere a memoria? Quelli che colpiscono il nostro cuore, quando leggiamo. Naturalmente il loro effetto varia secondo le persone. Cominciate con il Salmo 50: “Abbi pietà di me, Signore…”, il Salmo 145: “Loda anima mia il Signore…”, che poi sono i Salmi cantati nelle antifone della liturgia. Si apprendano i Salmi iniziali dell’Ufficio della Comunione: il Salmo 22: “Il Signore mi pascerà…”; il Salmo 23: “La terra è del Signore…”; il Salmo 115: “Ho creduto e perciò ho parlato…”, ed il primo Salmo di Compieta (il 69): “Dio, affrettati ad aiutarmi…”. Imparate i Salmi delle ore ed altri analoghi. Leggete il Salterio e scegliete.
Quando avremo imparato questi salmi, saremo forniti di tutte le armi della preghiera. Se saremo turbati da qualche pensiero, ci affretteremo a rivolgerci a Dio o con una breve preghiera o leggeremo qualche Salmo ed in particolare il Salmo 69: “Dio, affrettati ad aiutarmi…”. Ed ogni nube che ci turberà sarà subito dissolta. Inoltre conviene ricordare che questi sono strumenti, ma che il nostro compito principale consiste nello stare spiritualmente nell’intimo del cuore davanti a Dio e nel rivolgerci a Lui con il dolore della penitenza.
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A san Serafim si rivolgevano molte persone appartenenti alle classi umili, nella maggior parte analfabeti, come pure persone che spesso non avevano il tempo libero per la preghiera, del che con vivo rincrescimento informavano il Santo. Egli era indulgente nei confronti delle debolezze e delle sofferenze umane, né d’altra parte voleva imporre ad alcuno preghiere superiori alle forze, per cui raccomandava a queste persone le seguenti norme, assai semplici, concernenti la preghiera.
Norma di preghiera
Ogni Cristiano, appena svegliatosi dal sonno, stando davanti alle icone reciti tre volte, in onore della Santissima Trinità, la preghiera del Signore; quindi, pure tre volte, il “Rallegrati, o piena di grazia”, ed infine, una volta sola, il Simbolo della fede. Dopo aver recitato queste preghiere, ogni Cristiano attenda alle occupazioni a cui è stato chiamato. Durante il lavoro a casa o per strada, reciti in silenzio la preghiera di Gesù: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore (o peccatrice)”. Se altre persone lo circondano, continuando ad attendere al proprio lavoro, reciti con la mente: “Signore, abbi pietà” e così continui sino al pranzo.
Prima del pranzo reciti le preghiere del mattino precedentemente indicate. Dopo il pranzo, occupandosi del proprio lavoro, ogni Cristiano reciti in silenzio: “Santissima Vergine, salva me peccatore”, oppure: “Signore Gesù Cristo, per le preghiere della tua Santissima Madre, abbi pietà di me peccatore”. E le ripeta sino all’ora del sonno.
Prima di addormentarsi ogni Cristiano reciti le preghiere del mattino summenzionate; quindi si addormenti dopo essersi segnato, a propria difesa, con il segno della Croce.
Attendendosi a questa norma si può raggiungere la perfezione cristiana, poiché le tre preghiere, che sono state indicate, sono il fondamento del Cristianesimo: la prima ci è stata insegnata dal Signore ed è di modello ad ogni preghiera; la seconda è stata portata dal cielo dall’Arcangelo allorché salutò la Vergine Maria, Madre del Signore. Infine il Simbolo della Fede racchiude in sé in breve tutti i dogmi salvifici del Cristianesimo!
A coloro che per varie ragioni non era possibile attenersi neppure a queste brevi preghiere, san Serafim consigliava di recitarle in ogni circostanza: durante il lavoro, camminando ed anche a letto. Ed in ciò si fondava sulle parole della Scrittura “chi invocherà il nome del Signore, si salverà”[63], chi invece dispone di più tempo di quanto richiesto per le norme summenzionate, e per di più è una persona istruita, costui, secondo san Serafim, aggiunga anche altre preghiere utili alla vita spirituale, la lettura di canoni, di acatisti, di Salmi, dell’Evangelo e dell’Apostolos.
San Serafim diceva: Dio è fuoco, che riscalda ed incendia il cuore e l’intimo di ogni uomo. Se sentiamo freddo nel nostro cuore, il che è opera del demonio, poiché egli è freddo, invochiamo il Signore, il quale, giungendo riscalderà il nostro cuore con l’amore perfetto non solo nei suoi confronti, ma anche del nostro prossimo.
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Considerazioni sulla preghiera
La preghiera, essendo figlia dell’attuazione dei comandamenti evangelici, è anche, secondo l’unanime opinione dei Padri[64], la madre di tutte le virtù. Essa le genera per effetto dell’unione dello spirito dell’uomo con lo Spirito del Signore. Le virtù, che danno origine alla preghiera, si distinguono da quelle prodotte dalla preghiera. Le prime riguardano l’anima, le seconde lo spirito. La preghiera è essenzialmente il risultato del primo e sommo tra i due comandamenti in cui si fondano la Legge, i Profeti e l’Evangelo[65]. All’uomo è impossibile tendere a Dio con tutta la sua mente, con tutta la sua forza, e con tutto il suo essere senza l’aiuto della preghiera, allorché, per così dire, questa risorge dai morti[66], e riprende vita per effetto della grazia, come se quest’ultima fosse la sua anima. La preghiera è lo specchio su cui si riflettono i progressi compiuti dai monaci. Considerando la sua preghiera, un monaco apprende se ha raggiunto la salvezza oppure è ancora in preda alle miserie del mare in tempesta, lontano dal porto della Santità. In quest’indagine egli ha per guida David il quale, ispirato da Dio, scrisse: “Ho appreso che tu mi hai amato, in quanto il mio nemico non gioisce su di me. Tu mi hai accolto perché in me non c’è malvagità e mi hai confermato di fronte a Te per l’eternità”[67].
Queste parole significano: Signore, ho appreso che tu hai avuto pietà di me e mi hai fatto tuo, poiché continuamente ho respinto vittoriosamente, con la forza della mia preghiera, tutti i pensieri malvagi, tutte le fantasie e le tentazioni del demonio. Questa misericordia di Dio verso l’uomo si manifesta quando quest’ultimo prova pietà per il suo prossimo, senza alcuna eccezione, e perdona a quanti gli hanno fatto torto[68].
La preghiera deve essere la principale attività ascetica del monaco. In essa si concentrano e si sintetizzano tutte le sue attività, in quanto per suo tramite egli si congiunge strettamente a Dio, si unisce a Lui in un solo spirito[69]. Subito all’ingresso nel monastero è necessario imparare la vera preghiera, per perfezionarsi in essa e per guadagnarsi la salvezza per mezzo suo. Alla vera preghiera ed al perfezionamento in essa si oppongono la nostra natura corrotta e gli angeli caduti, che si sforzano di trattenerci nella nostra condizione di schiavitù, di esseri caduti e di costringerci a respingere Dio, il che è comune agli uomini ed ai demoni.
La preparazione alla preghiera
Data l’importanza della preghiera, prima di praticarla è necessario prepararsi. “Anzi prima di pregare, preparati e non essere come un uomo che tenta il Signore”[70]. “Andando a presentarsi davanti al Re e Dio ed a parlare con lui – scrive san Giovanni Climaco – prepariamoci nel modo dovuto, affinché Egli da lungi non veda che noi non abbiamo le armi e la veste necessarie per presentarci ad un Sovrano, e non comandi ai suoi servi e ministri di legarci e di cacciarci lontano dal suo Volto stracciando le nostre richieste e gettandocele in faccia”[71]. La prima preparazione consiste nel respingere il ricordo del male ricevuto e la condanna del nostro prossimo. Lo stesso Signore ci ha comandato di prepararci così: “Quando vi apprestate a pregare, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, affinché il Padre vostro, che è nei Cieli, rimetta i vostri peccati. Se voi non li rimetterete agli altri, neppure il Padre vostro, che è nei cieli, perdonerà a voi le vostre colpe”[72]. L’ulteriore preparazione consiste nell’allontanare ogni preoccupazione terrena con l’aiuto della Fede in Dio, sottomettendoci ed affidandoci alla Sua volontà nella consapevolezza dei nostri peccati e nel sentimento di contrizione e di umiltà che da essa deriva. La contrizione è l’unico sacrificio che Dio accoglie dall’uomo caduto: “Se avessi voluto sacrifici, te li offrirei”, dice al Signore il Profeta in nome di ogni uomo caduto nel peccato che ancora vi si trova; ma Tu rifiuti non solo un qualsiasi sacrificio particolare, materiale o spirituale, ma “neppure gradisci un olocausto. Il sacrificio a Dio è la contrizione dello spirito; Dio non disprezzerà un cuore contrito ed umiliato”[73].
Sant’Isacco Siro ripete la seguente massima di un altro Santo Padre: “Se uno non si riconosce peccatore, la sua preghiera non è gradita a Dio”[74]. Durante la preghiera poniti davanti a Dio invisibile, come se tu lo vedessi, nella certezza che Egli ti vede e con attenzione ti osserva. Poniti davanti a Dio invisibile, come un criminale, convinto d’innumerevoli delitti e condannato ad una pena, sta dinanzi al giudice minaccioso e severo. Ed è proprio così, giacché tu ti trovi di fronte al tuo onnipotente Signore e Giudice. Tu stai davanti ad un tale Giudice, di fronte a cui “non si giustifica alcun vivente”[75], il quale sempre riesce vincitore “quando giudica”[76], il quale non condanna solo quando, per l’ineffabile suo amore per gli uomini, dopo aver perdonato all’uomo i suoi peccati, “non entra in giudizio con il suo servo”[77]. Provando timore di fronte a Dio e sentendo in tal modo la sua presenza nella tua preghiera, vedrai, non con la vista del corpo, ma spiritualmente, l’Invisibile ed apprenderai che la preghiera significa stare dinanzi al tremendo tribunale del Signore[78]. Prega con il capo chino, con gli occhi fissi a terra, immobile ed in piedi. Aiuta la preghiera con il pianto del cuore, sospirando dal profondo dell’animo, con lacrime abbondanti. Un atteggiamento esteriore ispirato alla pietà durante la preghiera è assolutamente necessario ed assai utile per chiunque si dedichi ad essa, specialmente per i principianti, nei quali la disposizione dell’anima particolarmente si conforma a quella del corpo.
L’Apostolo comanda di ringraziare durante la preghiera: “Siate assidui nella preghiera – egli dice – siate vigili in essa con il ringraziamento”[79]. L’Apostolo afferma che il ringraziamento è voluto dallo stesso Dio: “Pregate incessantemente; ringraziate di tutto; questa è la volontà di Dio nei vostri riguardi in Gesù Cristo”[80]. Che cosa significa ringraziamento? È la glorificazione di Dio per i suoi infiniti benefici nei confronti di tutta l’umanità e di ogni singolo. Grazie a tale ringraziamento entra nell’anima una meravigliosa calma; entra la gioia, indipendentemente dal fatto che da ogni parte ci circondano affanni; entra una viva fede, per effetto della quale l’uomo allontana da sé tutte le preoccupazioni, calpesta il timore umano e quello dei demoni e si sottomette pienamente alla volontà di Dio. Questa disposizione spirituale è un’ottima preparazione alla preghiera. “Come accoglieste il Signore Cristo Gesù – scrive l’Apostolo –, così vivete in Lui, radicati e fondati in Lui ed illuminati dalla fede, così come avete appreso, sovrabbondando di ringraziamenti in essa”, cioè acquistando per mezzo del ringraziamento la pienezza della fede. “Rallegratevi sempre nel Signore, e di nuovo vi dico: rallegratevi, il Signore è vicino. Non vi preoccupate di alcunché, ma in tutto le vostre richieste si esprimano al Signore con la preghiera, con la supplica e con il ringraziamento”[81].
L’attenzione durante la preghiera
La preghiera ha bisogno della presenza inseparabile e della collaborazione dell’attenzione. Grazie all’attenzione la preghiera diventa parte integrante di colui che prega; ma se l’attenzione manca, essa è estranea a chi prega. Se c’è l’attenzione, essa produce abbondanti frutti; senza di essa produce solo spine. Il frutto della preghiera è l’illuminazione della mente, la commozione del cuore e la vita dello Spirito che rinasce nell’anima. Le spine significano la morte dell’anima, la presunzione farisaica, che nasce dall’indurimento del cuore soddisfatto dalla quantità delle preghiere e del tempo impiegato in esse. L’attenzione, che tiene lontana dalla preghiera la distrazione per opera di pensieri estranei o di fantasticherie, è un dono della grazia di Dio. Il desiderio sincero di ottenere il dono salutare dell’attenzione si manifesta costringendo se stessi all’attenzione in ogni preghiera. L’attenzione artificiosa, così chiameremo quella non ancora illuminata dalla grazia, consiste nel rinchiudere la mente nelle parole della preghiera, secondo il consiglio di san Giovanni Climaco. Se la mente, per la sua inesperienza nella preghiera, sfuggirà alla chiusura nelle parole, l’attenzione la deve riportare in esse. È propria della mente, a causa del peccato, l’incostanza e la tendenza a distrarsi. Ma Dio può concederle la costanza e la da al momento opportuno in cambio della fermezza e della sopportazione nella preghiera. Contribuisce particolarmente all’attenzione durante la preghiera una pronuncia non veloce delle sue parole. Pronuncia le parole della preghiera senza alcuna fretta, affinché la mente, pienamente soddisfatta, possa rimanere rinchiusa in esse e non ne lasci sfuggire alcuna. Pronuncia le parole a voce abbastanza alta, quando preghi da solo, e ciò ti aiuterà ad essere attento.
La preghiera attenta si può e si deve facilmente apprendere compiendo le devozioni in cella[82]. Caro fratello, non respingere il peso di una certa noia e di una costrizione nell’apprendimento iniziale delle attività a cui un monaco attende in cella ed in particolare delle preghiere che vi si recitano. Provvediti a tempo di un’arma validissima, la preghiera; apprendi in tempo ad usarla, la preghiera è onnipotente, perché in essa agisce l’onnipotenza di Dio. Essa è “la spada spirituale, cioè la parola”[83]. La preghiera, per la sua natura, è la permanenza dell’uomo accanto a Dio, la sua unione con Dio. Per i suoi effetti essa è la riconciliazione dell’uomo con Dio, madre e figlia delle lacrime, ponte che passa oltre le tentazioni, muro che difende dagli affanni, vittoria sulle avversità, attività senza fine, fonte di virtù, origine di doni spirituali, progresso invisibile, nutrimento dell’anima, illuminazione della mente, vittoria sulla disperazione, annuncio di speranza, liberazione dalla tristezza, ricchezza dei monaci[84]. Da principio è necessaria la costrizione nella preghiera, ma ben presto essa comincia a procurare conforto ed in tal modo diviene meno pesante la costrizione e siamo incoraggiati a vincere noi stessi. Ma quest’ultima è necessaria per la preghiera nel corso di tutta la vita e rari furono gli asceti che riuscirono a liberarsene grazie al ricchissimo conforto della Grazia. La preghiera uccide l’uomo vecchio che è in noi; finché egli vive in noi, si oppone ad essa, come al morso della morte. Gli spiriti caduti, conoscendo la potenza della preghiera ed il suo effetto salutare, cercano in ogni modo di allontanare da essa l’asceta, insegnandogli ad impiegare il tempo, destinato alla preghiera, in altre occupazioni. Oppure cercano di annientarla o di macchiarla con vani pensieri o con la distrazione peccaminosa, facendo sorgere, nel tempo in cui essa viene compiuta, infiniti pensieri terreni e peccaminosi e fantasticherie.
Le devozioni che si compiono in cella (Kelejnoje Pravilo)
Le devozioni che si compiono in cella consistono in un determinato numero di prostrazioni (metanie gr., poklony sl.), di preghiere, di salmi e nell’esercizio della preghiera di Gesù. Esse sono fissate in rapporto alle forze spirituali e fisiche di ciascuno. Poiché le forze variano all’infinito a seconda degli uomini, anche le devozioni sono imposte nelle forme più diverse. La regola generale si fonda sul principio che esse non debbano superare in nessun modo le forze di colui che le compie, non lo esauriscano, non ne rovinino la salute, per cui si è costretti ad interromperle completamente. Infatti l’omissione delle devozioni è di solito conseguenza di una norma, accettata o imposta, che sia superiore alle proprie forze. Al contrario una norma equilibrata e ragionevole rimane eredità di un monaco per tutta la vita, ed alla fine di questa si sviluppa ed aumenta, per così dire, naturalmente, ricevendo sia esternamente che internamente il carattere che corrisponde ai progressi compiuti. Da un organismo forte e sano si richiede nell’adempimento delle devozioni un numero maggiore di prostrazioni e di preghiere, mentre da un organismo debole una quantità minore. Gli uomini sono così diversi gli uni dagli altri per quanto concerne la forza, che alcuni, dopo aver compiuto trenta prostrazioni profonde sino a terra, si esauriscono più che altri dopo trecento.
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Le persone che si sforzano di condurre una vita spirituale, hanno da affrontare in ogni istante una lotta sottile e difficilissima con i loro pensieri, la lotta spirituale. L’occhio deve essere sempre luminoso per osservare i pensieri che entrano nell’anima da parte del demonio e respingerli. Tali persone debbono avere il cuore sempre ardente di fede, d’umiltà, di amore. Altrimenti in esso entrerà facilmente la malizia del demonio, a seguito della quale la debolezza della fede o la sua mancanza assoluta ed infine ogni male, da cui non riuscirai a liberarti presto neppure con le lacrime. Perciò non permettere che il tuo cuore sia freddo e specialmente durante la preghiera evita in ogni modo la fredda indifferenza. Molto spesso abbiamo sulle labbra una preghiera, ma nel cuore la maligna debolezza della fede o la sua assenza assoluta. Con le labbra, per così dire, l’uomo è vicino a Dio, con il cuore lontano. Ma durante la preghiera, il demonio impiega tutti i mezzi per raffreddare e rendere maligno il nostro cuore in modo per noi impercettibile. Prega e rafforzati, rafforza il tuo cuore.
Se vuoi chiedere una grazia qualsiasi a Dio, prima di pregare preparati ad una fede che non conosca dubbi, ad una fede robusta e prendi a tempo opportuno i mezzi necessari per difenderti dal dubbio e dalla mancanza di fede. È brutto se durante la preghiera nel tuo cuore perde forza la fede ed essa non vi è in ampia misura. Non pensare in tal caso che riceverai da Dio ciò che gli hai chiesto in preda al dubbio: a chi lo beffa Dio non dà i suoi doni. Ha detto il Signore: “Tutto ciò che chiederete nella preghiera, se crederete, otterrete”[85]. Perciò se chiederete senza fede o in preda al dubbio, non riceverete nulla. “Se avete fede, e non dubiterete – egli dice –, potrete smuovere anche le montagne”[86]. Vuol dire che se dubiterete e non crederete, non riuscirete a farlo. “Che (ogni uomo) chieda con fede, non avendo alcun dubbio” – dice san Giacomo – e non pensi di ottenere qualcosa da Dio se dubita. “L’uomo che ha due anime, è sconnesso in tutte le sue vie”[87]. Il cuore che dubita che Dio possa concedere ciò che gli si chiede, viene punito per il dubbio che ha avuto: esso si tormenta come in preda ad una malattia ed è oppresso dal dubbio. Non adirare l’Onnipotente neppure con l’ombra di un dubbio, specialmente tu che hai provato su di te moltissime volte l’onnipotenza di Dio.
Il dubbio è una bestemmia contro Dio, è una menzogna sfacciata del cuore, oppure dello spirito della menzogna che si annida nel cuore contro lo Spirito della Verità. Temilo come un serpente velenoso, ma no, che dico, non tenerlo in nessun conto, non rivolgergli l’attenzione. Ricordati che Dio, quando tu chiedi, aspetta una risposta positiva da parte tua alla domanda se tu sei internamente disponibile per Lui: “Credi che io possa fare questo?”, e tu dal profondo del cuore gli devi rispondere: “sì, credo o Signore”[88]. Ed allora riceverai secondo la tua fede. Al tuo dubbio o alla mancanza di fede sia di aiuto il seguente ragionamento:
Innanzi tutto, io chiedo a Dio un bene che esiste, non astratto, non sognato, non frutto della fantasia, e tutto ciò che esiste ha ricevuto l’esistenza da Dio. Infatti “senza di Lui non è esistito nulla di ciò che esiste”[89]. Ciò significa che nulla esiste senza di Lui e che tutto ha ricevuto la vita o da Lui o dalla Sua volontà o che Egli permette che avvenga grazie alle forze e le capacità da Lui concesse alle sue creature, per cui Dio è Signore assoluto di tutto ciò che esiste e che accade. Oltre a ciò Egli “chiama viventi anche le cose che non esistono”[90]. Ciò vuol dire che se io gli chiedessi ciò che non esiste, Egli potrebbe darmelo creandolo.
In secondo luogo, io chiedo ciò che è possibile e per Dio anche quanto per noi è impossibile, è possibile, per cui da questo lato non ci sono impedimenti. Giacché Dio può fare per me anche ciò che dal mio punto di vista è impossibile. Il nostro danno consiste nel fatto che alla nostra preghiera si unisce un ragionamento miope, un ragno che dà la caccia alla Verità con la ragnatela dei suoi giudizi, conclusioni, analogie… La fede vede improvvisamente, accoglie, mentre il ragionamento per vie traverse giunge alla Verità. La fede è un mezzo di comunicazione dello spirito; il ragionamento è un mezzo di comunicazione spirituale e sensibile con ciò che è spirituale e sensibile o, semplicemente, materiale. La prima è spirito, il secondo carne.
Osservate l’immagine del Salvatore e vedete come Egli vi guarda con occhi luminosissimi. Questo sguardo significa che Egli penetra in voi con i suoi occhi più splendenti del sole e vede tutti i vostri pensieri, ascolta tutti i desideri del vostro cuore ed i sospiri. È un’immagine, ma nelle sue linee rappresenta ciò che non può essere oggetto di un disegno o di una raffigurazione, ma può essere raggiunto solo dalla Fede. Credete che il Salvatore sempre vi guarda e vi vede, con i vostri pensieri, affanni, sospiri, con tutte le vostre difficoltà, come sulla palma della sua mano. “Ecco sulle mie mani ho raffigurato le tue mura e sei sempre davanti a me”[91], dice il Signore. Quanto conforto, quanta vita in queste parole dell’Onnipotente, che è Provvidenza. Perciò pregate davanti all’icona del Salvatore, come davanti a Lui stesso. Egli per il suo amore per gli uomini vi è presente con la sua grazia e con gli occhi che vi sono raffigurati realmente vi guarda: “in ogni luogo i suoi occhi guardano”, anche nell’immagine dalla quale vi ascolta con l’occhio che vi è disegnato. Ma ricordate che i suoi occhi appartengono a Dio e che i suoi orecchi sono orecchi di Dio Onnipotente.
Dovunque io mi trovi, appena levo lo sguardo dell’animo nel mio affanno a Dio, Egli, che ama gli uomini, risponde subito alla mia fede ed alla mia preghiera e l’affanno subito viene meno. Egli non lo vedi, ma lo senti vivamente con il cuore. L’affanno è la morte del cuore, ed è la caduta da Dio; la tranquillità del cuore grazie alla viva fede in Lui dimostra in modo più chiaro del giorno che il Signore è continuamente accanto a me e che vive nel mio intimo. Quale intercessore o angelo ci libererà dai peccati o dagli affanni? Nessuno, all’infuori di Dio. L’esperienza lo dimostra.
La misura della validità della nostra preghiera sarà da noi giudicata con un criterio umano, con la qualità dei nostri rapporti con gli uomini. Quali ci dimostriamo con gli uomini? Alle volte con freddezza, senz’alcuna partecipazione del cuore, per puro dovere oppure per convenienza esprimiamo a loro le nostre domande, le lodi, la gratitudine, oppure facciamo una cosa qualsiasi per loro. Altre volte invece con calore, con partecipazione del cuore, con amore, oppure alle volte con ipocrisia o altre volte con sincerità. Così pure con Dio siamo incostanti. Eppure non dobbiamo essere così. Bisogna sempre e con tutto il cuore glorificare e ringraziare Dio e rivolgergli le nostre richieste. Bisogna sempre di tutto cuore agire nei Suoi confronti; con tutto il cuore amarlo e confidare in Lui.
La parola, piena di grazia, della Scrittura, dei Santi Padri, della preghiera e particolarmente la parola del Logos, è veramente acqua viva; è acqua corrente e la parola scorre come l’acqua. L’acqua rinfresca e ravviva il corpo; così la parola piena di grazia ravviva e penetra con la pace e gioia nell’anima o con la comunione ed il pentimento per i peccati. La nostra speranza di ottenere ciò che chiediamo nelle preghiere si fonda sulla fede nella bontà e nella misericordia di Dio, giacché Egli è Dio di misericordia e di clemenza e così noi ci ricordiamo delle infinite esperienze precedenti della Sua bontà e misericordia sia nei confronti degli altri, che si manifestano nella Sacra Scrittura e nelle vite dei Santi, che di noi stessi. Perciò, affinché la preghiera abbia un esito positivo, è anche necessario che chi prega abbia precedentemente ottenuto ciò che abbiamo chiesto e che creda fermamente in ciò; spesso noi riceviamo dopo la preghiera ciò che abbiamo chiesto, specialmente quanto si riferisce alla salvezza delle nostre anime. Bisogna attribuire queste grazie a Dio stesso, e non ad un caso qualsiasi; com’è possibile ammettere l’esistenza del caso nel regno di Dio onnipotente? In realtà senza di Lui nulla accade, come “senza di Lui nulla fu fatto di ciò che è esistito”[92]. Molti non pregano perché sembra loro di non aver ricevuto da Dio alcuna grazia tramite la preghiera. Oppure ritengono la preghiera inutile. “Dio – dicono – sa tutto prima che noi gli chiediamo”, ma dimenticano che è stato detto: “chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”[93]. Le nostre preghiere sono necessarie appunto per rafforzare la nostra fede, grazie alla quale soltanto ci salviamo: “Per opera della Grazia siete salvati attraverso la fede”[94]; È grande, o donna, la tua fede!”[95]. Il Salvatore costrinse quella donna a chiedere con forza, per risvegliare la sua fede, per rafforzarla. Siffatti uomini non si rendono conto di non avere la fede – che è il più prezioso tesoro del Cristiano, necessario quanto la vita – che essi con la loro mancanza di fede fanno di Dio un mentitore, che sono figli del demonio, indegni di qualsiasi misericordia divina, che essi vanno alla propria rovina. Bisogna pure che il cuore arda durante la preghiera dal desiderio di beni spirituali, di amore per Dio, contemplato chiaramente con il cuore nella sua immensa bontà nei confronti del genere umano e pronto ad ascoltare con amore paterno tutte le nostre preghiere. “Se però voi, che siete malvagi, sapete dare doni benefici ai vostri figli, quanti più beni vi darà il Padre vostro celeste se gliene chiederete?”[96].
Da “La mia vita in Cristo”
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L’anima si rinnova completamente quando il Signore la tocca. Ma lo può comprendere soltanto colui che ne ha fatto l’esperienza, poiché noi non possiamo conoscere le realtà celesti senza lo Spirito Santo quaggiù sulla terra.
Io ho errato in due occasioni. Una volta il nemico mi fece vedere una luce e la mia mente mi diceva: accettala è una grazia. Un’altra volta, ho accettato una visione e ne ho molto sofferto. Era alla fine della veglia notturna all’inizio delle Laudi, quando si canta: “Ogni creatura che respira, lodi il Signore!”. Io sentii come il re David lodava il Signore nel cielo. In piedi, nel coro, avevo l’impressione che non ci fosse più né tetto né cupola e vedevo il cielo aperto. Ne parlai ad alcuni monaci spiritualmente maturi, ma nessuno mi disse che il Maligno si fosse preso beffa di me. Io stesso non pensavo che gli spiriti maligni potessero lodare il Signore, per cui, a mio giudizio, questa visione non poteva venire dal demonio. L’orgoglio s’impadronì di me e vidi gli spiriti maligni e riconobbi d’essere stato ingannato. Ne parlai al confessore pregandolo d’intercedere per me; grazie alle sue preghiere sono stato salvato e supplico continuamente il Signore di concedermi l’umiltà. Se mi si chiedesse quali doni desidero ricevere dal Signore, risponderei: lo spirito d’umiltà che il Signore maggiormente gradisce.
Tieni presente che nel momento in cui gli spiriti maligni t’assalgono, il Signore ti difende. Non aver paura, neppure se dovessi vedere Satana in persona, se egli ti volesse bruciare nel suo fuoco e far prigioniera la tua mente. Confida fermamente in Dio e dì: “Io sono più cattivo di tutti”. Ed il maligno ti lascerà. Accorgendoti che lo spirito maligno opera in te, non devi perdere il coraggio; confessati sinceramente e domanda al Signore lo spirito d’umiltà. Egli te lo concederà certamente e tu, nella misura della tua umiltà, sentirai in te la grazia. E se diverrai tutto umiltà, la tua anima otterrà la pace perfetta.
Un’anima umile, che ha in sé la forza della grazia dello Spirito Santo, ha pure la forza di sopportare una rivelazione divina; ma chi possiede la grazia in misura modesta, è schiacciato dalla contemplazione, in quanto non ha la forza di sopportare il peso della grazia di Dio. I discepoli caddero con la faccia a terra mentre Mosè ed Elia, sul Tabor, conversavano col Signore trasfigurato. Ma più tardi, quando crebbe in loro la grazia dello Spirito Santo, essi rimasero in piedi allorché il Signore apparve loro e poterono addirittura conversare con Lui.
Così san Sergio, quando gli apparve la Madre di Dio, rimase in piedi di fronte ad Ella, poiché in lui abitava la grazia di Dio; invece il suo discepolo Mihocil cadde in ginocchio non potendo fissare la Vergine. San Serafim di Sarov possedeva pure la pienezza della grazia dello Spirito Santo e rimase pure lui in piedi quando gli apparve la Madre di Dio, mentre il suo discepolo cadeva a terra, poiché non aveva ancora raggiunto lo stesso grado di grazia. Chi ha in sé la grazia, non teme gli spiriti maligni, poiché si sente in possesso della Potenza di Dio. Tutte le anime non hanno le stesse possibilità; le une sono forti come il ferro, altre inconsistenti come il fumo. Le anime orgogliose sono simili al fumo; il nemico le spinge qua e là, come il vento che soffia dall’una e dall’altra parte, poiché esse non hanno pazienza e si lasciano facilmente ingannare dal nemico. Gli umili invece, osservano i comandamenti di Dio; costruiscono su essi come sulla roccia, su cui s’infrangono i flutti del mare. Essi si sono abbandonati alla volontà di Dio ed il Signore dà loro la grazia dello Spirito Santo. Colui che vive secondo i comandamenti, sente nella sua anima in ogni istante la Grazia di Dio. Ma ci sono pure quelli che non sentono la venuta della Grazia.
Chi ha fatto l’esperienza dell’amore di Dio, dirà: io non ho osservato questo comandamento. Anche se prego notte e giorno e mio sforzo di crescere in ogni virtù, non ho messo in pratica il comandamento dell’amore di Dio. Invece la mia anima vuole rimanere sempre nell’amore. Se pensieri estranei l’assalgono, la mente pensa a Dio ed alle cose terrestri. Ed il comandamento di amare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima non è adempiuto. Se invece tutta la mente è in Dio e non è in preda ad alcun altro pensiero, può essere realizzato il più grande comandamento, sebbene non ancora perfettamente.
Una nube nasconde il sole ed ecco che l’ombra copre la terra. Così l’anima perde la grazia a causa d’un solo pensiero orgoglioso ed eccola avvolta nella nebbia. La grazia ritorna con un pensiero umile. Io ne ho fatto l’esperienza. Come chi è vivo sente con tutta naturalezza se ha freddo o caldo, così l’uomo, che ha conosciuto la Spirito Santo, per esperienza sa bene quando la grazia visita l’anima e quando l’assale lo spirito maligno. Dio da all’anima un senso, perché essa possa riconoscere la sua venuta, per amarlo e fare la sua volontà. Ed ora, attenzione! Noi non distinguiamo i pensieri che provengono dal Maligno per la loro forma, ma per il loro effetto sull’anima. Solo con l’esperienza noi l’apprendiamo, di modo che chi non ha fatto quest’esperienza è facilmente ingannato dal maligno. Se tu t’accorgi d’una luce che nasce in te o ti circonda, sta attento, a meno che tu non senta nello stesso tempo una spinta verso Dio o l’amore verso il prossimo. Tuttavia non temere. Umiliati e la luce sparirà.
Fratelli miei, dimentichiamo la terra e tutto ciò che essa contiene. La terra ci allontana dalla visione dell’ineffabile Trinità che i Santi contemplano nello Spirito Santo. Rimaniamo fermi nella preghiera libera da ogni fantasia e domandiamo al Signore lo spirito d’umiltà.
Da “Silonane”
* * *
Fratello mio, chiunque tu sia, quando prenderai in mano questo libro e, dopo averlo letto, desidererai sperimentare realmente il vantaggio procurato dalla preghiera mentale, ti prego caldamente, non dimenticare, allorché reciterai questa preghiera, di pregare il Signore anche per le anime peccatrici di coloro che si sono affaticati a comporre questo libro e chi s’è affaticato a stamparlo. Essi infatti hanno un grande bisogno della tua preghiera per ottenere la misericordia divina per la propria anima come tu per la tua.

[1] Simeone il Nuovo Teologo, cat. X 48 e ss.
[2] Efesini 4, 13
[3] Atti 6, 4
[4] 2 Corinti 1, 10-11
[5] Atti 12, 5
[6] Giona 4, 10-11
[7] Giovanni 17, 26
[8] Giovanni 17, 21
[9] Salmo 69, 2
[10] Matteo 6, 33
[11] 1 Timoteo 1, 15
[12] Giobbe 38, 11
[13] 1 Corinti 14, 19
[14] Salmo 50, 19
[15] 1 Pietro 5, 6
[16] Matteo 12, 43-45; Luca 11, 24-26
[17] Salmo 149, 8
[18] 2 Timoteo 3, 16
[19] Salmo 140, 4
[20] Matteo 7, 8
[21] 1 Re 19, 11-12
[22] Luca 3, 5
[23] Giovanni 4, 14; Apocalisse 22, 1
[24] Efesini 2, 17
[25] Luca 8, 13; Atti 17, 11
[26] Salmo 105, 18
[27] 1 Corinti 2, 9
[28] 1 Timoteo 6, 16
[29] Matteo 4, 17
[30] Matteo 7, 7; cfr. 8; Luca 11, 9; cfr. 10
[31] 1 Tessalonicesi 5, 17
[32] Matteo 5, 8
[33] Luca 12, 46
[34] Romani 2, 13
[35] Salmo 131, 3-5
[36] Salmo 37, 4-7.9
[37] cfr. Salmo 101, 7
[38] Salmo 101, 10
[39] Salmo 6, 7
[40] Scala Paradisi 6
[41] Luca 2, 10
[42] Matteo 5, 12
[43] 1 Pietro 1, 8
[44] 1 Corinti 2, 9
[45] Efesini 6, 12
[46] Giacomo 4, 4
[47] Giovanni 3, 4
[48] Giovanni 3, 8
[49] 1 Tessalonicesi 3, 17
[50] Salmo 15, 8
[51] 1 Timoteo 2, 4
[52] Matteo 6, 6
[53] Apocalisse 5, 8
[54] Gioele 2, 28
[55] cfr. 1 Corinti 2, 9
[56] cfr. Galati 5, 22
[57] Giovanni 15, 5
[58] 1 Timoteo 2, 8
[59] 1 Giovanni 4, 16
[60] San Giovanni Climaco.
[61] Ufficio di mezzanotte.
[62] Molitvennoje Pravilo.
[63] Romani 10, 13
[64] Venerabile Macario il Grande, Disc. 3, cap. I
[65] Matteo 22, 37-40
[66] San Giovanni Climaco, Scala Par., Disc. 28
[67] Salmo 40, 13-14.
[68] Matteo 6, 14-15; 7, 2; Luca 6, 37-38
[69] 1 Corinti 6, 17
[70] Sirach 18, 23
[71] Scala Paradisi, Disc. 28, cap. 3
[72] Marco 2, 25-26
[73] Salmo 50, 18-19
[74] Scala Paradisi, Disc. 58
[75] Salmo 142, 2
[76] Salmo 50, 6
[77] Salmo 142, 2
[78] Scala Paradisi, Disc. 28, cap. I
[79] Colossesi 4, 2; cfr. Filippesi 4, 6
[80] 1 Tessalonicesi 5, 17-18
[81] Colossesi 2, 6-7; Filippesi 4, 4-6
[82] Così abbiamo cercato di rendere in Italiano l’espressione russa “Kelejnoje pravilo”, letteralmente “regola (delle devozioni) in cella”, con cui originariamente s’intendevano le devozioni che ogni monaco compie nella sua cella, oltre all’ufficio comune celebrato in chiesa. L’espressione passò poi a significare anche le preghiere che i sacerdoti ed i fedeli recitano privatamente. Il lettore comprende che i brani del vescovo Ignaty Brjancianinov erano originariamente destinati ai monaci, ma possono essere utili anche a quanti vivono nel secolo.
[83] Efesini 6, 17
[84] Scala Paradisi, Disc. 28, cap. I
[85] Matteo 21, 22
[86] Matteo 22, 21
[87] Giacomo 1, 6-8
[88] Matteo 9, 28
[89] Giovanni 1, 3
[90] Romani 4, 17
[91] Isaia 49, 16
[92] Giovanni 1, 3
[93] Matteo 7, 7
[94] Efesini 2, 8
[95] Matteo 15, 28