Oración , Preghiera , Priére , Prayer , Gebet , Oratio, Oração de Jesus

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CATECISMO DA IGREJA CATÓLICA:
2666. Mas o nome que tudo encerra é o que o Filho de Deus recebe na sua encarnação: JESUS. O nome divino é indizível para lábios humanos mas, ao assumir a nossa humanidade, o Verbo de Deus comunica-no-lo e nós podemos invocá-lo: «Jesus», « YHWH salva» . O nome de Jesus contém tudo: Deus e o homem e toda a economia da criação e da salvação. Rezar «Jesus» é invocá-Lo, chamá-Lo a nós. O seu nome é o único que contém a presença que significa. Jesus é o Ressuscitado, e todo aquele que invocar o seu nome, acolhe o Filho de Deus que o amou e por ele Se entregou.
2667. Esta invocação de fé tão simples foi desenvolvida na tradição da oração sob as mais variadas formas, tanto no Oriente como no Ocidente. A formulação mais habitual, transmitida pelos espirituais do Sinai, da Síria e de Athos, é a invocação: «Jesus, Cristo, Filho de Deus, Senhor, tende piedade de nós, pecadores!». Ela conjuga o hino cristológico de Fl 2, 6-11 com a invocação do publicano e dos mendigos da luz (14). Por ela, o coração sintoniza com a miséria dos homens e com a misericórdia do seu Salvador.
2668. A invocação do santo Nome de Jesus é o caminho mais simples da oração contínua. Muitas vezes repetida por um coração humildemente atento, não se dispersa num «mar de palavras», mas «guarda a Palavra e produz fruto pela constância». E é possível «em todo o tempo», porque não constitui uma ocupação a par de outra, mas é a ocupação única, a de amar a Deus, que anima e transfigura toda a acção em Cristo Jesus.

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quarta-feira, 20 de março de 2013

“I frutti della preghiera del cuore” di Teofane il Recluso

“I frutti della preghiera del cuore” di Teofane il Recluso

Parte prima: l’attenzione e il timore di Dio

Le primizie della preghiera: l’attenzione e la calda tenerezza del cuore

Qualsiasi regola di preghiera, se viene seguita fedelmente, produce come primizie l’attenzione e la calda tenerezza del cuore, ma questi sentimenti nascono soprattutto dalla pratica della preghiera di Gesù che è ad un livello più alto della salmodia e delle altre forme di preghiera. L’attenzione fa nascere la calda tenerezza del cuore, la quale a sua volta accresce l’attenzione. Entrambe si rafforzano, sostenendosi l’un l’altra. Conferiscono profondità alla preghiera, stimolando poco alla volta il cuore: evitando la distrazione e i pensieri futili, conferiscono purezza alla preghiera. La vera preghiera è un dono di Dio, così come lo sono anche l’attenzione e la calda tenerezza del cuore

La preghiera del cuore non sopraggiunge mai prima del tempo

Dovete sapere che l’attenzione non deve mai abbandonare il cuore. Tuttavia a volte l’attività del cuore è solamente mentale, svolta dalla mente, mentre altre volte non solo è nel cuore ma del cuore, cioè inizia e continua con un sentimento di calore. Questa legge è valida non solo per gli eremiti, ma per tutti i cristiani, per tutti coloro che devono stare davanti a Dio in purezza di cuore, lavorando sotto il suo sguardo. Se la tua mente è esausta di ripetere le parole della preghiera, allora prega senza parole, inchinandoti interiormente dal profondo del cuore davanti al Signore e offrendoti a Lui: questa è vera preghiera. Le parole sono solo un modo di esprimere la preghiera e agli occhi di Dio hanno sempre meno valore della preghiera stessa. La preghiera del cuore non sopraggiunge mai prima del tempo. Con la sua venuta, Dio inizia la sua opera in noi, e quando essa acquista stabilità nel cuore, quest’opera si avvicina sempre più alla sua pienezza. Devi cercare questa preghiera senza lesinare gli sforzi, allora Dio, vedendo la tua fatica, ti darà quello che cerchi. La vera preghiera non si può ottenere con sforzi umani: è dono di Dio. Non hai perso nulla ad aver pregato senza usare tecniche artificiali per innestare la preghiera: queste tecniche infatti non sono indispensabili. L’importante non è la posizione del corpo bensì la disposizione interiore. Il tuo unico scopo è di restare con l’attenzione nel cuore, guardare verso Dio e implorarlo. Non ho mai conosciuto nessuno che desse importanza alle tecniche artificiali. Neanche il vescovo Ignazio e nemmeno padre Macario di Optina le approvano.

Frutti naturali e frutti della grazia

Nostro compito è l’arte della preghiera di Gesù. Dobbiamo cercare di adempierlo molto semplicemente, con l’attenzione nel cuore, conservando sempre il ricordo di Dio. Questo produce da solo i suoi frutti naturali:raccoglimento della mente, devozione e timore di Dio, ricordo della morte, quiete nei pensieri e un certo calore del cuore. Tutti questi sono frutti naturali della preghiera del cuore, non sono il frutto della grazia; questo dobbiamo tenerlo ben presente, altrimenti ci vantiamo agli occhi degli altri e ai nostri e diventiamo orgogliosi. La nostra preghiera comincia ad aver valore solo quando sopraggiunge la grazia. Finché abbiamo soltanto i frutti naturali della preghiera, tutto quello che otteniamo è inutile, sia in sé che di fronte al giudizio di Dio: la venuta della grazia è infatti il segno che Dio ha guardato a noi nella sua misericordia. Non posso spiegarti con precisione come si manifesta questa azione della grazia, l’unica cosa certa è che la grazia non appare prima che abbiano fatto la loro comparsa i frutti naturali della preghiera interiore.

Frutti naturali sono accessibili a tutti

Il frutto della preghiera è la concentrazione dell’attenzione nel cuore, accompagnata da un sentimento di calore. Questo è l’effetto naturale. Tutti possono ottenerlo, e tutti, non solo i monaci, ma anche i laici, possono giungere ad una preghiera di questo tipo. Questa attività è semplice, non di alto livello. La preghiera di Gesù non ha nulla di miracoloso in sé, ma come ogni altra preghiera breve è verbale e perciò esteriore. Però può diventare la preghiera della mente nel cuore in modo assolutamente naturale. D’altro lato, quello che deriva unicamente dalla grazia, noi dobbiamo soltanto attenderlo: nessuna tecnica può impadronirsene con la forza. Quando si tratta della preghiera altamente contemplativa, è necessario innanzitutto essere purificati dalle passioni, ma qui stiamo parlando della preghiera semplice, anche se può condurre ad una preghiera più elevata. Per far progredire con successo la pratica della preghiera è sempre necessario, all’inizio, lasciar da parte qualsiasi altra cosa, in modo che il cuore sia completamente libero da distrazioni. Nulla deve intromettersi nella mente: né volti, né attività, né oggetti; al momento della preghiera tutto dev’essere messo da parte. Osserva questa regola e non ci sarà mai bisogno di rinunciare a questa preghiera che può essere detta in ogni momento: non appena sei libero, ritornaci immediatamente. Durante le funzioni liturgiche bisogna fare attenzione all’ufficio, ma quando si legge o si canta qualcosa in modo indistinto ripeti la preghiera di Gesù.

I pericoli della distrazione

Per un favore particolare ti sei concesso una piccola distrazione e non hai vigilato abbastanza sui tuoi occhi, sulla tua lingua e sui tuoi pensieri. Così il calore se n’è andato e ti ha lasciato vuoto: ciò è male. Affrettati a ristabilire la dovuta disciplina interiore oppure a riceverla di nuovo in risposta alle tue preghiere. Rinchiuditi e non far altro che pregare e leggere cose riguardanti la preghiera finché la tua attenzione non si unirà a Dio nel cuore e vi si stabilirà uno spirito di contrizione ed una calda tenerezza: questo spirito ti farà capire chiaramente se sei sulla buona strada o se te ne sei allontanato. Sembra che tu consideri l’attenzione come un’austerità eccessiva, mentre invece è la radice di tutta la nostra vita spirituale interiore. Questo è il motivo per cui l’avversario vi si accanisce particolarmente contro, usa tutti i mezzi possibili per rappresentare immagini attraenti davanti agli occhi dell’anima e suggerisce pensieri di distrazioni o di favori particolari.

Il dolore nel cuore

E’ cosa buona aver sempre sulle labbra la preghiera di Gesù o qualsiasi altra preghiera breve. Vigila soltanto che l’attenzione sia nel cuore e non nella testa: bada a questo non solo quando sei in preghiera, ma anche in tutti gli altri momenti. Cerca di arrivare ad una sorta di dolore nel cuore: lo sforzo costante te lo farà ottenere velocemente. Non c’è nulla di strano in questo: la comparsa di questo dolore è un effetto naturale, ti aiuterà a concentrarti meglio. Ma la cosa principale è che il Signore, che vede il tuo sforzo, ti darà aiuto e grazia nella preghiera. Una disciplina diversa si stabilirà allora nel cuore.

Inizia la reintegrazione interiore

Continua a praticare questa regola e piano piano i tuoi pensieri si placheranno sempre più, mentre la fiacchezza che hai notato guarirà. Se persevererai sulla buona strada, un dolore apparirà nel tuo cuore e farà sì che i tuoi pensieri si consacrino unicamente a Dio: così cesserà il loro vagare. Da quel momento, se il Signore lo concede, inizia la reintegrazione di tutto l’essere interiore e non finirai più di camminare alla presenza di Dio.

La seduzione delle delizie spirituali

Dici che hai paura di lasciarti sedurre dalle delizie spirituali: ma non puoi certo pensare di fare una cosa simile! La preghiera non si pratica a motivo della sua dolcezza, ma perché è nostro dovere servire Dio in questo modo, anche se la dolcezza si accompagna sempre ad un servizio autentico. La cosa più importante nella preghiera è di rimanere davanti a Dio nel rispetto e nel timore, con la mente nel cuore: questo infatti placa e disperde ogni follia ed instaura la contrizione del cuore. Questi sentimenti di timore e di dolore alla vista di Dio, il cuore spezzato e contrito sono gli aspetti principali dell’autentica preghiera interiore e la verifica di ogni preghiera che ci permette di dire se la nostra preghiera è come deve essere oppure no. Se essi sono presenti, la preghiera va bene, se invece sono assenti, la preghiera non sta seguendo il suo corso normale e deve essere ricondotta alla sua autentica condizione. Se siamo privi di questo senso di dolore e di contrizione, la dolcezza e il calore spirituali possono generare l’amor proprio: è l’orgoglio spirituale che porta ad illusioni perniciose. Allora le delizie e il calore svaniranno, lasciandoci solo il loro ricordo, ma l’anima continuerà ad immaginarsi di possederli. Di questo devi avere paura, perciò ravviva incessantemente nel tuo cuore il timore di Dio, l’abbassamento e l’umile contrizione, camminando sempre alla sua presenza. Questo è il nocciolo della questione.

L’instabilità della dolcezza interiore

Non lasciarti attirare dalla dolcezza interiore: senza la Croce essa è instabile e pericolosa. Considera ciascuno migliore di te: senza questa convinzione, anche se tu facessi miracoli saresti lontano da Dio.

Sobrietà della mente e calore del cuore

Osserva la regola con zelo e conserva la sobrietà della mente e il calore del cuore. Se quest’ultimo comincia a venir meno, affrettati a riscaldarlo, convinto che questa scomparsa è il segno che ti sei allontanato notevolmente da Dio. Il timore di Dio è ciò che custodisce e ravviva il calore interiore, ma sono necessarie anche l’umiltà, la pazienza, la fedeltà alle regole e soprattutto la sobrietà. Vigila attentamente su te stesso, per amor di Dio! Risvegliati se ti sei assopito e scuotiti in tutti i modi per non cadere addormentato.

Sobrietà e discernimento

I soldati di Cristo devono vigilare su due cose in particolare: la sobrietà e il discernimento. La prima è rivolta verso l’interno, il secondo verso l’esterno. Attraverso la sobrietà osserviamo i movimenti che escono dal cuore stesso; attraverso il discernimento controlliamo quelli che stanno per destarsi in esso sotto l’impulso di influenze esterne. La regola per la sobrietà è questa: dopo aver scacciato dalla mente ogni pensiero mediante il ricordo della presenza di Dio, resta sulla porta del cuore e sorveglia attentamente tutto quello che passa di lì. Soprattutto non permettere che le tue azioni vengano compromesse dall’emozione e dal desiderio: tutti i mali infatti provengono da lì.

Sii sobrio e vigilante

Essere sobri significa non permettere che il cuore si attacchi a nient’altro che a Dio. L’attaccamento ad altre cose ubriaca l’anima, che si mette a fare cose assolutamente indicibili. Essere vigilanti significa vigilare attentamente per paura che qualcosa di malvagio spunti nel cuore.

Umiltà e calore del cuore

Sei riuscito a conservare la condizione di calore spirituale? Dev’essere conservata! Il suo fondamento è l’umiltà: non appena l’umiltà diminuisce subentra la freddezza. Quando infatti l’anima inizia a considerarsi importante, il Signore si allontana immediatamente: l’anima, lasciata così a se stessa, si raffredda. Non basta continuare a ripetere con le labbra: “Non sono nulla”, dobbiamo avvertire la nostra umiltà nel cuore. Allora il Signore sarà sempre là, Lui che crea ed ha creato ogni cosa dal nulla. Il Signore ci concederà il calore, ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Qual è il nostro contributo a quest’opera? L’umiltà, l’attenzione e una sofferta sottomissione a Dio dal profondo del cuore: questi sentimenti devono essere incessanti, qualunque cosa stiamo facendo o dicendo, sia che ci troviamo seduti sia che stiamo camminando, che siamo a casa oppure in chiesa. Possa il Signore concederti la sapienza! Leggi le opere dei santi, riflettici sopra e ricavane tutto ciò che è utile, applicandolo alla tua vita e alla tua anima.

Le letture spirituali. Il timore di Dio

Hai un libro? Allora leggilo, rifletti su quanto dice e applica gli insegnamenti a te stesso. Applicare a se stesso il contenuto di un libro è lo scopo e il frutto della lettura. Se leggi senza applicare a te stesso quello che leggi, non ne ricaverai nulla di buono e anzi rischi di farti del male. Accumuli solo teorie nella testa e finisci per criticare gli altri invece che migliorare la tua vita. Cerca di avere orecchie e intendere. Se hai una copia della Filocalia, cerca gli scritti di Esichio e leggi quello che dice sulla sobrietà. Egli dà delle indicazioni precise sul modo di controllare e disciplinare i propri pensieri. Leggi attentamente queste parole, conservale nel cuore e poi agisci come esse ti suggeriscono. Dobbiamo sempre aggrapparci saldamente al timore di Dio: è la radice di ogni conoscenza spirituale e di ogni azione retta. Quando è il timore di Dio a governare nell’anima, tutto procede bene, sia dentro che fuori. Cerca di accendere nel tuo cuore questo senso del timore ogni mattina, prima di ogni altra cosa: continuerà poi a lavorare da solo come una specie di pendolo.

Il frutto principale della preghiera

Il frutto principale della preghiera non è il calore e la dolcezza, ma il timore di Dio e la contrizione.

La radice della disciplina interiore

La radice di una buona disciplina interiore è il timore di Dio. Conserva sempre in te questo timore: manterrà ogni cosa nella giusta tensione e non permetterà che alcunché si rilassi, né membra del corpo né pensieri; creerà un cuore vigilante e una mente sobria e non permetterà né il torpore del corpo né l’oscuramento dello spirito. Ma bisogna sempre ricordarsi che la riuscita in qualunque ambito della vita spirituale è frutto della grazia di Dio. La vita spirituale dipende interamente dallo Spirito Santo. Anche noi abbiamo il nostro spirito, ma non ha alcun potere: comincia ad acquistare forze solo quando è invaso dalla grazia di Dio.

Estasi

Quello che devi cercare nella preghiera è di stabilire nel cuore un sentimento tranquillo nei confronti di Dio, ma costante e caloroso, senza aspettarti l’estasi né alcun altro stato straordinario. Se Dio però ti fa provare questi sentimenti particolari durante la preghiera devi essergli grato e non immaginarti che ti siano dovuti, né devi rimpiangere la loro scomparsa come se fosse una grossa perdita. Scendi invece da queste altezze verso l’umiltà e la tranquillità dei sentimenti nei confronti del Signore.

Sforzi dell’uomo e frutti dello spirito

Se non siamo adorni di semplicità e di bontà, l’apparenza esterna e l’atteggiamento di preghiera non ci giovano a nulla. Questo è vero non solo per la preghiera, ma per qualsiasi fatica o sforzo, come la castità, il digiuno o qualsiasi altro gesto fatto per amore della virtù. Se non percepiamo in noi abbondanti frutti di amore, pace, gioia, dolcezza, umiltà, semplicità, sincerità, fede e longanimità, allora abbiamo faticato senza profitto e invano: infatti l’unico scopo delle nostre fatiche e dei nostri sforzi era il raggiungimento di questi frutti. Se i frutti dell’amore e della pace non risiedono in noi, allora tutto il nostro lavoro è stato inutile e sprecato. Chi avrà faticato in tal modo, nel giorno del giudizio si dimostrerà simile alle cinque vergini stolte, che vengono chiamate così perché non avevano nel vaso del loro cuore l’olio spirituale, cioè quella virtù che abbiamo ricordato prima; così esse furono chiuse fuori dalla festa nuziale, senza ottenere alcun vantaggio dalla loro verginità. I proprietari che lavorano in una vigna si sottopongono a tanta fatica nella speranza di ottenere il frutto e se non lo ottengono tutto il loro lavoro fallisce lo scopo. Similmente, se non scorgiamo in noi, attraverso l’azione dello Spirito, i frutti di amore, pace, gioia, umiltà e tutte le altre virtù elencate dall’Apostolo (Gal 5,22), se non ci sentiamo pienamente sicuri e non abbiamo la percezione spirituale che esse sono presenti in noi, allora tutta la fatica della castità, della preghiera, della salmodia, del digiuno, delle veglie, si dimostrerà inutile e senza profitto. Infatti ci si deve sottoporre a queste fatiche dell’anima e del corpo nella speranza di ottenere frutti spirituali, e il frutto spirituale portato dalle virtù è una gioia incorruttibile, concessa dallo Spirito ai cuori dei fedeli. Perciò gli sforzi e le fatiche vanno considerati semplicemente come sforzi e fatiche e nient’altro — come di fatto sono — e il frutto come frutto. Ma se qualcuno, per mancanza di conoscenza, arriva a considerare il proprio sforzo e la propria fatica come frutto dello Spirito, si sbaglia fortemente e inoltre, con questa opinione falsa, si priva dei veri frutti dello Spirito, che sono di una grandezza incomparabile.

Parte seconda: la grazia di Dio e lo sforzo umano

La chiamata della grazia e la libera scelta dell’uomo

Con la prima chiamata della grazia e con la sua prima comparsa si apre davanti a noi il regno spirituale e ci viene concessa la visione di un altro mondo, indipendentemente dal fatto di desiderarlo o meno. Ma, in seguito, questa visione, così come il potere di dimorare costantemente in essa, vengono lasciati alla libera scelta dell’uomo e dobbiamo quindi darci da fare per ottenerli.

Nulla si ottiene senza sforzo

Il Signore voglia concederti la benedizione di un ardente desiderio di dimorare interiormente alla sua presenza! “Cercate e troverete”. Cercare Dio: questa è la regola immutabile per ogni progresso spirituale. Nulla si ottiene senza sforzo. L’aiuto di Dio è sempre pronto e sempre vicino, ma viene dato solo a coloro che cercano e si danno da fare, e solo a quei cercatori che, dopo aver fatto tutto quello che è in loro potere, gridano con tutto il loro cuore: “Signore, aiutami!”. Finché conservi anche solo una piccola speranza di ottenere qualcosa con le tue forze, il Signore non interviene. E come se dicesse: “Speri di riuscire da solo? Bene, continua pure! Ma per quanto tu insista a tentare, non otterrai nulla “. Il Signore ti conceda uno spirito contrito e un cuore umile e pentito.

L’albero della vita

L’atteggiamento essenziale del penitente è questo: “Signore salvami, nel modo che Tu solo conosci. Da parte mia, mi impegnerò senza ipocrisia, senza deviazioni né fraintendimenti, ma con una coscienza retta, facendo tutto quello che capisco e che sono in grado di fare”. Chiunque provi veramente questo sentimento nel cuore è ben accetto a Dio, il quale verrà a regnare in lui. Dio è il suo maestro, Dio è colui che prega in lui, Dio è colui che decide e agisce in lui, Dio è colui che porta frutti in lui, Dio è il suo sovrano. Questo atteggiamento è il seme e il cuore dell’albero celeste della vita, piantato in lui.

Dipendere dalla grazia di Dio

Il primo seme della nuova vita consiste nell’unione tra la libertà e la grazia; la crescita e la maturazione dipendono dallo sviluppo di questi due elementi. Quando fa il voto di vivere secondo la volontà di Dio e per la sua gloria, il penitente deve dire: “Tu solo puoi confermare e rafforzare la mia decisione”, e da quel momento deve affidare se stesso nelle mani di Dio ad ogni istante, pregando così: “Compi tu stesso in me ciò che è gradito alla tua volontà”. In questo modo sarà Dio ad agire in lui, nella sua coscienza, nella sua volontà e nelle sue azioni secondo quanto è gradito alla divina volontà. Ma non appena l’uomo spera di poter realizzare qualcosa in virtù delle sue forze e della sua abilità, allora si estingue immediatamente l’autentica vita spirituale, piena di grazia. Con questo atteggiamento il vero frutto non potrà maturare, nonostante gli sforzi più impensabili.

La serenità assoluta

La serenità assoluta della mente è un dono di Dio, ma questa serenità non ci è concessa senza un intenso sforzo da parte nostra. Non otterrai nulla soltanto con i tuoi sforzi, ma Dio non ti darà nulla se non lavorerai con tutte le tue forze: questa legge non conosce eccezioni.

L’unione tra libertà e grazia

S. Macario di Egitto nel “Primo trattato sulla custodia del cuore”, al capitolo 12 afferma che la grazia concessa ad un uomo “non lega la sua volontà con la forza della necessità, né lo rende perennemente buono, volente o nolente. Anzi, la potenza di Dio insita nell’uomo cede il passo alla sua libera volontà, perché sia reso manifesto se la volontà dell’uomo è in accordo o meno con la grazia”. Da questo momento ha inizio l’unione tra la libertà e la grazia. Inizialmente la grazia rimane al di fuori e agisce dall’esterno, poi entra e comincia a prendere possesso di alcune parti dello spirito: ma fa questo solo se l’uomo le apre la porta di sua spontanea volontà, se apre la bocca per accoglierla. Se l’uomo lo desidera, la grazia è pronta ad aiutare. Da solo l’uomo non può compiere o far abitare in sé ciò che è buono, può però desiderare ardentemente di ottenerlo. A motivo di questo desiderio, la grazia consolida in lui il bene di cui egli ha sete. E la cosa procede così finché l’uomo acquista la piena padronanza su di sé e così diventa capace di compiere ciò che è buono e gradito a Dio.

Gli sforzi dell’uomo e la prehiera concessa dalla grazia

In risposta alla sua domanda, a volte viene concessa all’uomo la preghiera che viene dalla grazia, assieme ad un po’ di quiete e alla gioia nello spirito; questo può capitare anche se l’uomo nella sua miseria spirituale si è sforzato di pregare unicamente con questo scopo in vista, senza aver raggiunto la dolcezza, l’umiltà e l’amore e senza adempiere gli altri comandamenti del Signore. Il suo carattere rimane però quello che era prima: non ha dolcezza perché non ha fatto nessun sforzo per ottenerla e non si è preparato a riceverla; non ha umiltà perché non l’ha chiesta e non si è sforzato di essere umile; non ha amore per gli uomini perché non se ne è preoccupato e non ha pregato ardentemente perché gli fosse concesso. Chiunque infatti costringa e forzi se stesso a pregare, anche contro il desiderio del proprio cuore, deve anche forzare se stesso ad amare, ad essere umile, mite, innocente e generoso. Deve inoltre sottovalutare se stesso, considerandosi il più misero e il più indegno di tutti, deve evitare i discorsi oziosi e meditare sempre sulle parole del Signore, conservandole sulle labbra e nel cuore. Deve inoltre sforzarsi di evitare l’ira e i discorsi pieni di collera, come sta scritto: ” Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza, con ogni sorta di malignità ” (Ef 4,21). In risposta a questi sforzi il Signore, che vede l’ardore e la fermezza dell’uomo, gli concederà il potere di compiere senza fatica né coercizione tutte quelle cose che prima trovava così difficile osservare, nonostante i suoi sforzi immani, a causa del peccato che dimorava in lui. Tutte queste pratiche di virtù diventeranno come una seconda natura in lui, perché alla fine il Signore verrà e dimorerà in lui, ed egli nel Signore: il Signore stesso adempierà in lui senza sforzo i propri comandamenti, colmandolo con il frutto dello Spirito.

Povero, nudo, cieco e indegno

Non bisogna aver paura dell’illusione. Essa s’impadronisce solo di quelli che si abbandonano alla vanità, che non appena avvertono un po’ di calore del cuore subito cominciano a pensare di essere già al culmine della perfezione. In realtà questo calore è solo l’inizio e può anche dimostrarsi instabile; infatti il calore e la pace nel cuore possono essere semplicemente qualcosa di naturale: il frutto della concentrazione dell’attenzione. Dobbiamo faticare a lungo, aspettare pazientemente finché ciò che è naturale venga rimpiazzato da ciò che è dono della grazia. È meglio che ciascuno non pensi mai di aver raggiunto qualcosa, ma consideri sempre se stesso come povero, nudo, cieco e indegno.

Collaboratori di Dio

Il Signore vede i tuoi bisogni e i tuoi sforzi e tenderà una mano per venirti in aiuto. Ti sosterrà e ti renderà saldo come un soldato ben armato e pronto ad andare in battaglia. Non ci può essere sostegno migliore del suo. Il pericolo maggiore è che l’anima si consideri capace di trovare in se stessa questo aiuto: in tal caso perderà tutto, il male tornerà a dominarla, si eclisserà la luce che luccicava ancora debolmente e si estinguerà la fiammella che bruciava appena. L’anima deve rendersi conto di quanto sia impotente da sola; perciò, senza attendersi nulla da se stessa, si prosterni umilmente davanti a Dio, e riconosca nel profondo di non essere nulla. Solo allora la grazia, che è onnipotente, da questo nulla potrà creare tutto. Colui che in assoluta umiltà si affida nelle mani di Dio misericordioso, attira a sé il Signore e diventa forte della sua forza. Pur dovendoci aspettare tutto da Dio e nulla da noi stessi, cionondimeno dobbiamo sforzarci con tutte le nostre capacità per creare qualcosa che possa ricevere l’aiuto divino e che possa essere avvolto dalla potenza di Dio. La grazia è già presente in noi ma inizia ad agire solo dopo che noi stessi abbiamo agito, colmando la nostra impotenza con la sua potenza. Perciò decidi fermamente l’umile offerta della tua volontà a Dio, dopodiché inizia ad agire senza esitazione e senza riserve.

Lo spirito della grazia e lo spirito farisaico

Quando intraprendi uno sforzo particolare, non concentrare il cuore e la mente su di esso, ma consideralo come secondario: apriti alla grazia di Dio in una resa incondizionata a Lui, come un recipiente vuoto pronto a riceverlo. Chiunque trovi grazia, la trova per mezzo della fede e dello zelo, dice S.Gregorio il Sinaita, e non per mezzo dello zelo soltanto. Per quanto ci diamo da fare a lavorare sodo, finché trascuriamo di arrenderci a Dio, non riusciremo mai ad attirarci la grazia di Dio, e i nostri sforzi non produrranno in noi l’autentico spirito della grazia bensì lo spirito farisaico. La grazia è l’anima della lotta. I nostri sforzi saranno giustamente orientati finché conserviamo in noi l’umiltà, la contrizione, il timore di Dio, la devozione per Lui e la consapevolezza della nostra dipendenza dall’aiuto divino. Se ci compiacciamo di noi stessi e siamo contenti dei nostri sforzi, è segno che non li stiamo compiendo nel modo giusto o che siamo privi di sapienza.

La vera vita cristiana è la vita della grazia

La vita è la forza per agire; la vita spirituale è la forza per agire spiritualmente, secondo la volontà di Dio. L’uomo ha perso questa forza, perciò, finché essa non è ristabilita in lui, non può vivere spiritualmente, indipendentemente dal suo desiderio di farlo: per questo motivo il flusso della grazia nell’anima di un credente è essenziale per una vita cristiana autentica. La vera vita cristiana è la vita della grazia. Ciascuno può prendere delle decisioni riguardanti la propria vita di fede, ma quanto all’essere in grado di agire in base ad esse, è necessario che la grazia sia unita al suo spirito. Quando c’è questa unione, la forza morale, che fino ad allora appariva solo temporaneamente assieme ai primi entusiasmi, si imprime nel suo spirito e vi rimane per sempre. Questo ripristino della forza morale dello spirito è provocato dall’azione rigenerante del battesimo, attraverso il quale vengono concesse all’uomo la giustificazione e la forza di agire “secondo Dio nella giustizia e nella santità autentiche”(Ef 4,24).

Le verità incise dal dito di Dio

Mi scrivi che a volte, durante la preghiera, sopraggiunge da sola, da una fonte ignota, la soluzione a qualche problema che ti angustiava nella tua vita spirituale. Ciò è bene: è l’autentico modo cristiano di essere ammaestrati dalla verità di Dio. In questo caso si adempie la promessa: “E tutti saranno ammaestrati”(Gv 6,45). E così è realmente: le verità vengono incise nel cuore dal dito di Dio e lì rimangono, salde e indelebili. Non trascurare queste verità che Dio stesso incide ma mettile per iscritto.

Purificando la sorgente

Per purificare e guarire l’uomo, la grazia divina comincia innanzitutto a consacrare a Dio la sorgente e la fonte di tutte le attività umane. In altre parole la grazia fa convergere la coscienza dell’uomo e la sua libera volontà su Dio, cosicché, usando questo come punto di partenza, può ottenere in seguito la guarigione di tutte le facoltà dell’uomo attraverso il loro stesso movimento: essendo stata sanata e santificata la sorgente, di conseguenza anche tutte le facoltà che derivano da questa vengono mano a mano purificate dall’unica fonte.

Il cammino nella vita della grazia

Ecco un riassunto delle pratiche che aiutano a rafforzare nel bene le facoltà dell’anima e del corpo e che permettono alla vita della grazia nello spirito di bruciare sempre più intensamente. Secondo lo zelo e gli sforzi dell’uomo che si consacra a Dio, la grazia entrerà in lui sempre più profondamente con la sua potenza, santificandolo e impossessandosene. Ma non ci si può e non ci si deve fermare qui: questo è ancora solo un seme, un punto di partenza. Questa luce di vita deve andare più lontano e, permeando l’intera sostanza dell’anima e del corpo, deve santificarli proclamandoli sua proprietà; sradicando la passionalità estranea e innaturale che attualmente ci domina, deve innalzare l’anima e il corpo al loro stato puro e naturale. La luce non deve restare chiusa in se stessa, ma effondersi su tutto il nostro essere con tutti i suoi poteri. Ma poiché questi poteri sono inquinati da ciò che è innaturale, il puro spirito di grazia, quando arriva al cuore, non può entrare immediatamente in essi poiché l’impurità gli sbarra l’accesso. Dobbiamo quindi creare qualche canale tra lo spirito della grazia che è in noi e i nostri poteri, così che lo spirito possa scorrere in essi e guarirli, come le medicazioni guariscono le piaghe sulle quali vengono applicate. E’ chiaro che, per essere efficaci, tutti questi canali da un lato devono possedere i caratteri e le qualità di ciò che ha un’origine divina e celeste, dall’altro devono venire perfettamente adattati ai nostri poteri, alla loro configurazione e al loro scopo. Altrimenti non potranno agire come autentici canali di grazia, né i nostri poteri saranno in grado di riceverne guarigione. Tali devono essere perciò l’origine e le qualità interiori di questi mezzi di guarigione. Quanto alla loro apparenza esterna, non possono essere altro che attività, esercizi, lavori: essi sono infatti applicati a facoltà umane, il cui carattere distintivo è l’azione. Ecco quindi quali sono le attività e gli esercizi che fungono da mezzi di guarigione dei nostri poteri e che li riconducono alla loro purezza ed integrità perduta:
digiuni
lavoro
veglie
solitudine
fuga dal mondo
padronanza dei sensi
lettura della Scrittura e dei santi Padri
assiduità in chiesa
confessione e comunione frequenti.

I due movimenti della libera volontà

Quando siamo ispirati dalla grazia è impossibile non esserne coscienti, ma è possibile non prestarvi l’attenzione dovuta; così, dopo aver vissuto per un po’ in questo stato ispirato, ricadiamo nel solito giro di attività dell’anima e del corpo. Questo stimolo della grazia non porta a termine la conversione del peccatore, la avvia soltanto: resta poi da lavorare su se stessi, ed è un lavoro molto complicato. Ma tutto quello che riguarda questo lavoro può essere compiuto in due movimenti della libera volontà: la conversione del mondo esteriore al proprio essere interiore e la successiva conversione da se stessi a Dio. Con il primo movimento l’uomo riacquista la padronanza di sè che aveva perduto e con il secondo presenta se stesso in offerta a Dio, una libera offerta di olocausto. Con il primo decide di abbandonare il peccato, con il secondo si avvicina a Dio e promette di appartenere unicamente a Lui per tutti i giorni della propria vita.

L’azione della grazia abbraccia tutto

Prima della nascita della vita interiore, prima della manifestazione tangibile dell’azione della grazia e dell’unione con Dio capita spesso che l’uomo continui ad agire di propria iniziativa, fin dove le forze glielo permettono. Quando però è sfinito per il fallimento dei suoi sforzi, allora abbandona finalmente la propria attività e si offre con cuore indiviso all’azione della grazia che abbraccia tutto. Il Signore lo visita nella sua misericordia e accende in lui il fuoco interiore della vita spirituale e l’uomo esperimenta che non sono stati i suoi sforzi precedenti a compiere questa grande trasformazione. Del resto, anche la scomparsa più o meno frequente della grazia divina gli fa capire che neanche il mantenimento di questo fuoco dipende dai suoi sforzi. Anche la comparsa frequente di buoni pensieri e di buone intenzioni, l’essere ripieno di spirito di preghiera — senza sapere come né quando — convincono per esperienza l’uomo che tutto questo bene è possibile per lui solo attraverso l’azione della grazia divina, che è sempre presente in lui grazie alla misericordia del Signore che salva tutti quelli che cercano la salvezza. Egli offre se stesso al Signore e il Signore soltanto agisce in lui. L’esperienza mostra che l’uomo riesce in qualcosa solo quando si affida interamente a Dio: allora non ritorna più indietro, ma cerca di conservare questa grazia in tutti i modi possibili. Quelli che amano le teorie sono terribilmente preoccupati dal problema della relazione tra grazia e libera volontà. Per chiunque abbia la grazia in sé, questo problema è risolto dall’esperienza. Chi porta la grazia nel proprio cuore, si arrende completamente all’azione della grazia ed è la grazia ad agire in lui. Per lui questa verità è più evidente non solo di qualunque verità matematica, ma anche di qualunque esperienza della sua vita esteriore, perché ha già cessato di vivere fuori di sé ed è interamente concentrato all’interno. Ora egli ha un’unica preoccupazione: essere sempre fedele alla grazia che è presente in lui. L’infedeltà offende la grazia e ne causa la scomparsa o la diminuzione. L’uomo testimonia la sua fedeltà alla grazia o al Signore non permettendo — né con pensieri, né con sentimenti, né con azioni, né con parole — nulla che sappia contrario alla volontà del Signore. E viceversa non trascura alcun lavoro o alcuna impresa che sappia voluta da Dio, a giudicare dal corso degli eventi e dai suggerimenti fornitigli dai suoi desideri e impulsi interiori. Questo a volte richiede molta fatica, autocostrizione, rinuncia a se stesso, ma egli è contento di sacrificare tutto al Signore, perché dopo ognuno di questi sacrifici riceverà una ricompensa interiore: pace, gioia, e un particolare coraggio nella preghiera. Questi gesti di fedele devozione alla grazia, uniti alla preghiera — che a questo punto è già continua — provocano l’aumento in fervore e in calore del dono della grazia. Quando un fuoco viene acceso, è necessario il movimento dell’aria per mantenere accesa la fiamma e incrementarla: esattamente allo stesso modo, quando si accende il fuoco della grazia nel cuore, la preghiera diventa necessaria perché agisce come una corrente d’aria spirituale nel cuore. Che cos’è la preghiera? E’ l’incessante rivolgersi della mente verso il Signore nel cuore, è il continuo restare davanti a Dio con la mente nel cuore, accompagnato o meno da invocazioni a Lui, ma con nel cuore solo sentimenti di devozione e di resa pentita a Lui. In questa attività, o meglio, in questa disposizione della mente, risiede lo strumento più adatto per mantenere vivo il calore del cuore e l’intera disciplina interiore, per disperdere i pensieri malvagi e inutili, per consolidare i pensieri e le iniziative meritevoli. I pensieri e le intenzioni buone vengono, l’uomo va più a fondo nella preghiera e in base al loro rafforzarsi durante la preghiera o al loro scomparire, egli può sapere se questi pensieri e queste iniziative sono gradite o meno a Dio. Quando sopraggiungono i cattivi pensieri, o quando qualcosa inizia a turbare l’anima, l’uomo si sprofonda nuovamente nella preghiera, senza prestare attenzione a quello che sta succedendo in lui, e i pensieri malvagi svaniscono. Così facendo, la preghiera interiore si impone come la principale forza motrice in lui e come il legislatore della sua vita spirituale. Non c’è quindi da stupirsi se tutti i consigli negli scritti dei Padri mirano prevalentemente ad insegnarci come pregare interiormente il Signore nel modo migliore.

Due tappe nella preghiera. Il martirio interiore

Quando facciamo il primo passo sul cammino della preghiera, preghiamo unicamente con i nostri sforzi.Indubbiamente la grazia del Signore aiuta chiunque preghi con sincerità, ma non rivela la sua presenza. Durante questo periodo, le passioni nascoste nel cuore iniziano ad agire e conducono l’uomo che prega ad un martirio nel quale le sconfitte e le vittorie si alternano costantemente e nel quale la libera volontà dell’uomo e la sua debolezza vengono messe in chiara evidenza. Durante il secondo periodo, la grazia di Dio fa sentire tangibilmente la sua presenza e la sua azione, unendo la mente con il cuore e rendendo possibile la preghiera senza distrazioni né fantasticherie, ma con un cuore pieno di calore e di lacrime. A questo punto i pensieri morbosi perdono il loro potere di sopraffare la mente. La prima tappa nella vita di preghiera può essere paragonata agli alberi spogli durante l’inverno; la seconda, agli stessi alberi coperti di foglie e di gemme risvegliate dal calore primaverile. In entrambe le fasi il pentimento deve costituire l’anima e lo scopo della preghiera. Come ricompensa per il pentimento che l’uomo offre mentre procede ancora con i propri sforzi, Dio concede, nel momento che ritiene opportuno, un pentimento pieno di grazia; e lo Spirito Santo, che è entrato nell’uomo, “intercede per lui con gemiti inesprimibili … intercede per i santi secondo la volontà di Dio” che Lui solo conosce (Rm 8,26-27). Da tutto questo risulta abbastanza chiaramente che la ricerca del principiante per raggiungere il luogo del cuore — cioè i suoi tentativi prematuri di accendere l’azione sensibile della grazia — costituiscono gravissimo errore perché pervertono l’ordine necessario e la struttura dell’essenza della preghiera. Un simile tentativo è dovuto all’orgoglio e alla follia. Così come non è cosa buona per principiante far uso delle pratiche consigliate dai santi Padri per i monaci provati e per gli esicasti.

Il potere stimolante della grazia

Lavora, datti da fare, cerca e troverai, bussa e ti sarà aperto, non lasciarti andare e non scoraggiarti. Ma nello stesso tempo ricordati che questi sforzi non sono niente di più che tentativi da parte nostra di attirarci la grazia: essi non sono la grazia, che invece dobbiamo continuare a cercare. Ciò che più ci manca è proprio il potere stimolante della grazia. È molto significativo il fatto che, quando ragioniamo o preghiamo o facciamo qualcos’altro di questo genere, è come se stessimo spingendo dall’interno nel nostro cuore qualcosa di estraneo. È quello che a volte succede: i nostri pensieri o le nostre preghiere producono un’impressione in noi e il loro effetto scende nel cuore fino ad una certa profondità; ma poi, dopo un po’, questa impressione viene nuovamente scacciata — come un bastone immerso verticalmente nell’acqua viene spinto nuovamente in superficie — a motivo di una specie di opposizione del cuore che è disobbediente e non abituato a queste cose. Subito dopo, la freddezza e la durezza s’impadroniscono nuovamente dell’anima: prova certa che non si è trattato di un’azione della grazia, ma solo dei risultati del nostro lavoro e dei nostri sforzi; non fermarti ad essi come se fossero ciò che cercavi: questa è una pericolosa illusione, è altrettanto pericolosa che il pensare che vi sia del merito in queste fatiche e che la grazia deve ricompensarlo. Niente affatto: questi sforzi sono solo la preparazione necessaria per ricevere la grazia, ma il dono dipende unicamente dalla volontà del Datore. Perciò, usando attentamente tutti i mezzi già ricordati, colui che è in ricerca deve sempre camminare nell’attesa di una visita di Dio il quale non avverte prima di arrivare e giunge da dove non lo attendiamo. Il lavoro interiore di trasformazione della nostra vita e del nostro carattere inizia realmente solo quando sopraggiunge questo stimolante potere della grazia. Senza di esso, non possiamo aspettarci una riuscita: ci possono essere solo tentativi infruttuosi. S. Agostino rende testimonianza a questo, perché si sforzò a lungo da solo, ma ottenne la padronanza di sé solo quando fu invaso dalla grazia. Lavora quindi con attesa fiduciosa: la grazia verrà a mettere a posto ogni cosa.

La grazia riporta tutto all’unità

Finché gli sforzi dello spirito sgorgano in noi spasmodicamente, prima l’uno e poi l’altro, ora da una parte e ora dall’altra, rimangono privi di vita. Ma quando la potenza superiore della grazia divina, inondando lo spirito, riconduce all’unità tutti questi intrecci di sforzi dispersi, allora si accende il fuoco della vita spirituale.

Serpenti e nuvole oscure

Quando la grazia non dimora nell’uomo, i demoni si attorcigliano come serpenti nel profondo del cuore, impedendo assolutamente all’anima di desiderare il bene; ma quando la grazia penetra nell’anima, allora questi demoni vengono spazzati via come nuvole oscure e si trasformano in passioni morbose o in distrazioni, con l’intento di oscurare il ricordo di Dio e di distogliere la mente dal dialogo con la grazia.

Le illusioni del diavolo e la grazia di Dio: come distinguerli

Nessuno, se sente un peccatore che racconta notizie prodigiose sull’azione dello Spirito, sia esitante o turbato nel pensiero, credendo che l’azione di cui ha sentito parlare sia opera di demoni, un’illusione. Bisogna cacciar via ogni pensiero blasfemo come questo. No! L’azione dell’illusione non è questa, non si presenta con questi attributi. Dimmi una cosa: è mai possibile che il diavolo, l’avversario e l’assassino dell’uomo, possa diventare il suo medico? È mai possibile che il diavolo riunisca le parti e le facoltà dell’uomo disperse dal peccato, che le liberi dal dominio del peccato, che le conduca fuori dalla condizione di contraddizione e di guerra civile per portarle alla pace santa del Signore? È mai possibile che il diavolo liberi l’uomo dal profondo abisso della sua ignoranza di Dio e gli doni la conoscenza viva di Dio, basata sull’esperienza e che non richiede ulteriori prove esterne? È mai possibile che il diavolo predichi e spieghi nei dettagli cose riguardanti il Salvatore, che predichi e spieghi in che modo possiamo avvicinarci a Dio attraverso il pentimento? È mai possibile che il diavolo ristabilisca nell’uomo l’immagine perduta, che ripristini la somiglianza con Dio che è stata distorta? È mai possibile che il diavolo faccia gustare il sapore della povertà spirituale e, assieme ad esso, quello della resurrezione, del rinnovamento e dell’unione con Dio? È mai possibile che il diavolo innalzi l’uomo all’altezza della comunione con Dio, una comunione nella quale l’uomo diventa un nulla, senza pensieri, senza desideri, interamente immerso in un silenzio estasiato? Questo silenzio è l’assorbimento di tutti i poteri di un essere umano: essi sono tutti rivolti verso Dio e scompaiono di fronte alla sua infinita maestà. L’illusione agisce in un modo e Dio in un altro, Dio che è l’onnipotente Signore dell’uomo, Dio che è stato ed è il suo Creatore. Egli che ha creato e ricrea, non rimarrà sempre il Creatore? Perciò ascolta, fratello carissimo, in che cosa l’azione dell’illusione differisce dall’azione divina. L’illusione — quando si avvicina all’uomo nei pensieri o in sogno, con qualche idea sottile, attraverso qualche apparizione percepibile con gli occhi, o attraverso una voce dall’alto udibile dalle orecchie — non si avvicina mai come Signore assoluto, ma sempre come un incantatore che cerca di farsi accettare dall’uomo e di acquistare potere da questa accettazione. L’azione dell’illusione, sia dentro che fuori dall’uomo, è sempre un’azione che proviene dall’esterno e che l’uomo può respingere. L’illusione all’inizio lascia sempre qualche dubbio nel cuore: solo coloro che sono stati conquistati definitivamente l’accettano senza problemi. L’illusione non riunifica mai l’uomo diviso dal peccato, non ferma le rivolte del sangue, non conduce l’asceta al pentimento, non lo rende piccolo ai propri occhi; al contrario, infiamma l’immaginazione, incoraggia gli accessi d’ira, provoca all’uomo una gioia insipida e avvelenata, lo lusinga sottilmente, gli ispira compiacimento di sé e instaura nel suo cuore un idolo: l’Io!

L’unione della mente e del cuore e la loro immersione in Dio

L’azione divina non è qualcosa di materiale: è invisibile, inaudibile, inattesa, inimmaginabile, inspiegabile con analogie prese da questo mondo. La sua venuta e la sua azione in noi sono un mistero. Dapprima mostra all’uomo il suo peccato, ingigantendolo ai suoi occhi e tenendo sempre sotto il suo sguardo l’orrore del peccato. Portando l’anima all’autocondanna, l’azione divina gli mostra la caduta dell’uomo, questo terribile, cupo, profondo abisso nel quale l’uomo cade tramite il peccato del nostro primo padre. Successivamente, poco alla volta, l’azione divina concede all’uomo di aumentare l’attenzione e la contrizione del cuore nella preghiera. Avendo preparato in questo modo il recipiente — cioè il cuore dell’uomo — essa tocca le parti disperse con un gesto improvviso, inatteso, immateriale ed esse riacquistano l’unità. Chi le ha toccate? Non so spiegarlo: non vedo nulla, non odo nulla, ma avverto e sento un improvviso cambiamento dentro di me, dovuto ad un’azione onnipotente. Il Creatore ha agito ora nel rinnovamento, così come aveva agito un tempo nella creazione. Dimmi una cosa: il corpo di Adamo, fatto di polvere, ancora giacente davanti a Dio e privo di un’anima, poteva forse avere una nozione della vita o qualche sensazione? Quando fu improvvisamente vivificato dal soffio di vita, poteva forse stabilire se accettano o rifiutano? L’Adamo creato si sentì improvvisamente vivente, pensante, desiderante. La nuova creazione è compiuta con la stessa istantaneità. Il Creatore era e rimane il Sovrano assoluto: egli agisce con autorità, in modo soprannaturale, ben al di là di qualsiasi pensiero o concezione, con delicatezza infinita: agisce spiritualmente e non materialmente. Ha toccato con la sua mano tutto il mio essere, e subito la mia mente, il mio cuore, tutto il mio corpo furono riuniti, composti in un’unità singola ed omogenea. Sono stati immersi in Dio e in Dio rimarranno finché l’invisibile, incomprensibile, onnipotente mano di Dio li tratterrà.

Tre tipi di desiderio: mentale,compassionevole, attivo

Chi ha cercato l’aiuto della grazia e ne avverte ora la presenza, dev’essere fermamente deciso non solo a correggersi, ma anche ad iniziare a farlo immediatamente. Questo desiderio di correggersi lo ha già guidato in tutti i suoi sforzi preliminari, ma c’è sempre da aggiungere qualcosa per portarlo a compimento. Ci sono infatti diversi tipi di desiderio. C’è il desiderio mentale: la mente richiede qualcosa e l’uomo produce lo sforzo; questo desiderio presiede al lavoro preliminare. C’è poi il desiderio compassionevole: questo nasce sotto l’influenza degli affetti e dei sentimenti indotti dalla grazia. C’è infine il desiderio attivo: è il consenso della volontà ad iniziare immediatamente il compito di rialzarsi dalla condizione in cui si è caduti.
Aiutato dalla grazia di Dio, adesso devi cominciare.