Lo stupore di essere amatiModena, 25 febbraio 1973
Letture:
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Alleanza d'amore...
In generale, la Prima Lettura ha un accordo più profondo con il
Vangelo, mentre la Seconda può essere anche indipendente dalla Prima e dalla
Terza.
Oggi il tema fondamentale che la Liturgia della Parola ci propone, è il tema dell'alleanza, considerata e veduta nella luce delle nozze. Tale argomento, si fa presente prima di tutto nella Sacra Scrittura, proprio nel profeta che ha dato alla Liturgia di oggi la Prima Lettura.
È il testo più bello del profeta Osea. Testo di meravigliosa bellezza ed anche intuitivamente facile per l'anima che ascolti, facile per introdurci nella comprensione del mistero dell'alleanza divina.
Un Dio che, gelosamente, ti vuole tutto per sé e ti strappa a tutte le tue consuetudini, alla tua vita comune, per portarti nel deserto. Un Dio che non permette, in te nessun pensiero, nessuna preoccupazione, nessun affetto che ti sottragga a Lui. Tu devi essere tutto per Lui come Egli è tutto per te.
È in questa solitudine, Dio solo per l'anima e l'anima solo per Iddio, che Dio parla al cuore dell'uomo; e l'uomo, ora, è capace di accogliere questa dichiarazione d'amore che Dio gli fa. Dichiarazione d'amore che è prima di tutto, l'espressione di una elezione libera che Dio fa della sua creatura: Egli le dice ti amo! Ma è anche l'esigenza di una risposta; altrimenti non sarebbe vero amore, perché nessuno ama se non vuole essere amato.
...alleanza nuziale...
Questo amore è amore nuziale. Una madre può anche amare e non chiedere amore, ma uno sposo non può amare se l'altra non ama. L'amore di uno sposo, l'amore di una fanciulla che si dona a un altro, esige una risposta. L'amore nuziale è sempre un amore vicendevole che implica il dono dell'uno all'altro. Questo è anche l'amore che Dio ti offre e che Egli ti chiede.
Non vi sembra che il testo del profeta Osea ci riguardi in un modo particolarissimo? Non vi sembra che il profeta Osea, più di ogni altro profeta, ci dica in realtà quello che deve essere per noi la nostra vita di consacrazione? Una alleanza nuziale. Lo sappiamo bene: tutti sono chiamati a vivere questa alleanza, se vogliono entrare nel cielo. Ma per noi s'impone di anticipare già quell'unione di amore così esclusiva che è propria di due sposi, i quali sono l'uno per altro e non vivono più che l'uno per l'altro. Ed è Dio che vive per te e sei tu che vivi per Lui.Il problema, però, rimane sempre quello; cioè, la realtà dello sposo. Non ci si può certo dare a chi non è realmente presente e non ci manifesta il suo amore. Perchè l'alleanza nuziale si realizzi, l'unione esige la realtà concreta, viva, presente, dell'uno e dell'altro. Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea. È importante per tutti noi, se vogliamo vivere la nostra vita religiosa, se vogliamo vivere la nostra vita di consacrazione.
...nel deserto del raccoglimento interiore
Che cosa ci dice il profeta Osea? Che noi possiamo incontrare Dio solo nel deserto. È Dio che ci attira a sé, ci strappa da tutte le cose, perché noi sperimentiamo più profonda e viva la sua presenza reale fra noi. Distratti da tante cose umane, portati via da preoccupazioni e pensieri, l'anima nostra non è capace di accogliere la parola di Dio e di ascoltarla, non è capace di sperimentare la sua presenza. Perché Dio divenga reale per noi bisogna che le cose non abbiano più un dominio troppo grande su di noi. Ci vuole, cioè, un certo raccoglimento interiore. Ve lo posso chiedere? Certo, ve lo debbo chiedere, anche se vivete nella famiglia, accanto al marito e ai figli.
Oggi il tema fondamentale che la Liturgia della Parola ci propone, è il tema dell'alleanza, considerata e veduta nella luce delle nozze. Tale argomento, si fa presente prima di tutto nella Sacra Scrittura, proprio nel profeta che ha dato alla Liturgia di oggi la Prima Lettura.
È il testo più bello del profeta Osea. Testo di meravigliosa bellezza ed anche intuitivamente facile per l'anima che ascolti, facile per introdurci nella comprensione del mistero dell'alleanza divina.
Un Dio che, gelosamente, ti vuole tutto per sé e ti strappa a tutte le tue consuetudini, alla tua vita comune, per portarti nel deserto. Un Dio che non permette, in te nessun pensiero, nessuna preoccupazione, nessun affetto che ti sottragga a Lui. Tu devi essere tutto per Lui come Egli è tutto per te.
È in questa solitudine, Dio solo per l'anima e l'anima solo per Iddio, che Dio parla al cuore dell'uomo; e l'uomo, ora, è capace di accogliere questa dichiarazione d'amore che Dio gli fa. Dichiarazione d'amore che è prima di tutto, l'espressione di una elezione libera che Dio fa della sua creatura: Egli le dice ti amo! Ma è anche l'esigenza di una risposta; altrimenti non sarebbe vero amore, perché nessuno ama se non vuole essere amato.
...alleanza nuziale...
Questo amore è amore nuziale. Una madre può anche amare e non chiedere amore, ma uno sposo non può amare se l'altra non ama. L'amore di uno sposo, l'amore di una fanciulla che si dona a un altro, esige una risposta. L'amore nuziale è sempre un amore vicendevole che implica il dono dell'uno all'altro. Questo è anche l'amore che Dio ti offre e che Egli ti chiede.
Non vi sembra che il testo del profeta Osea ci riguardi in un modo particolarissimo? Non vi sembra che il profeta Osea, più di ogni altro profeta, ci dica in realtà quello che deve essere per noi la nostra vita di consacrazione? Una alleanza nuziale. Lo sappiamo bene: tutti sono chiamati a vivere questa alleanza, se vogliono entrare nel cielo. Ma per noi s'impone di anticipare già quell'unione di amore così esclusiva che è propria di due sposi, i quali sono l'uno per altro e non vivono più che l'uno per l'altro. Ed è Dio che vive per te e sei tu che vivi per Lui.Il problema, però, rimane sempre quello; cioè, la realtà dello sposo. Non ci si può certo dare a chi non è realmente presente e non ci manifesta il suo amore. Perchè l'alleanza nuziale si realizzi, l'unione esige la realtà concreta, viva, presente, dell'uno e dell'altro. Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea. È importante per tutti noi, se vogliamo vivere la nostra vita religiosa, se vogliamo vivere la nostra vita di consacrazione.
...nel deserto del raccoglimento interiore
Che cosa ci dice il profeta Osea? Che noi possiamo incontrare Dio solo nel deserto. È Dio che ci attira a sé, ci strappa da tutte le cose, perché noi sperimentiamo più profonda e viva la sua presenza reale fra noi. Distratti da tante cose umane, portati via da preoccupazioni e pensieri, l'anima nostra non è capace di accogliere la parola di Dio e di ascoltarla, non è capace di sperimentare la sua presenza. Perché Dio divenga reale per noi bisogna che le cose non abbiano più un dominio troppo grande su di noi. Ci vuole, cioè, un certo raccoglimento interiore. Ve lo posso chiedere? Certo, ve lo debbo chiedere, anche se vivete nella famiglia, accanto al marito e ai figli.
Se
volete vivere una vita religiosa intensa, se volete conoscere Dio, se volete che
Dio entri nella vostra vita e la riempia di sé, se volete conoscere la dolcezza
del Signore, se volete conoscere quanto Egli sia dolce e soave, dovete cercare
di coltivare un certo raccoglimento interiore, dovete anche voi crearvi un certo
deserto. Sarà un deserto diverso da quello delle carmelitane; più difficile
certo, ma non per questo meno necessario. Voi dovete evitare tutto quello che
non è conforme ai vostri doveri di stato, alla vostra funzione, alla situazione
concreta nella quale Dio vi ha poste. Non dovete riempire la vostra vita di
cianfrusaglie che non hanno alcuna importanza per la vostra stessa vita di donne
di casa, o di madri di famiglia.
L'uomo di oggi è, di per sé, negato alla
vita religiosa perché non ha più il tempo di rientrare in sé, non ha il minimo
di disponibilità interiore per ascoltare un'altra parola. Quanti sono gli uomini
i quali non hanno più nemmeno il tempo, e non lo cercano neppure, di riflettere
su se stessi! E come potrebbero ricordarsi di Dio? Viviamo una vita troppo
dissipata; cerchiamo continuamente di disperderci perchè non sopportiamo il peso
della vita. E questa vita, senza senso, sembra non avere più ragione alcuna: ci
mangia, ci divora, giorno per giorno. E il lavoro, il divertimento, gli
spettacoli, si moltiplicano per rendere sempre più difficile all'uomo di
ritornare sopra di sé.
Guardate questi giovani i quali, perfino studiando, hanno bisogno di tenere accesa la radio; non possono accettare più il silenzio, non hanno più la capacità di vivere dieci minuti da soli, con se stessi. E obbligarli alla prigione, tenerli un poco a vivere da soli, perché il silenzio e la solitudine sono per loro i peggiori castighi.
L'assenza di Dio
E come volete che, in queste condizioni, l'anima possa vivere una vita religiosa? E non la vivono. Ordinariamente Dio è assente da queste anime. Non hanno la minima possibilità che Dio possa parlare al loro cuore, possa entrare nella loro vita, possa comunicare al loro spirito.
Vedete, miei cari, non è cattiveria l'incredulità moderna; non è cattiveria il rifiuto nei confronti di Dio, ma è dovuta al fatto che gli uomini non hanno più una dimensione religiosa. Manca loro la condizione prima per poter vivere una vita religiosa. Manca persino a questi giovani il modo di essere uomini: sono strumentalizzati e non se ne accorgono; fanno delle contestazioni ma, in fondo, sono strumentalizzati o da quel partito o da quell'altro potere e non se ne rendono conto. Non vivono la loro propria vita, non hanno la possibilità di viverla, non conoscono nemmeno più l'amore. Senza conoscere l'amore, cadono nei peggiori vizi, precipitano nel peccato e basta. Tutta la vita è solo una droga; non si cerca altro che di dimenticare e di perdere se stessi. Il peso di sé è diventato impossibile da sopportare per gli uomini di oggi e si cerca soltanto di affondare nella ubriachezza che può essere data dal denaro, dal divertimento, dal peccato, a danno della propria vita, di un disegno proprio da realizzare, di un programma da vivere, di un amore da accettare.
Guardate questi giovani i quali, perfino studiando, hanno bisogno di tenere accesa la radio; non possono accettare più il silenzio, non hanno più la capacità di vivere dieci minuti da soli, con se stessi. E obbligarli alla prigione, tenerli un poco a vivere da soli, perché il silenzio e la solitudine sono per loro i peggiori castighi.
L'assenza di Dio
E come volete che, in queste condizioni, l'anima possa vivere una vita religiosa? E non la vivono. Ordinariamente Dio è assente da queste anime. Non hanno la minima possibilità che Dio possa parlare al loro cuore, possa entrare nella loro vita, possa comunicare al loro spirito.
Vedete, miei cari, non è cattiveria l'incredulità moderna; non è cattiveria il rifiuto nei confronti di Dio, ma è dovuta al fatto che gli uomini non hanno più una dimensione religiosa. Manca loro la condizione prima per poter vivere una vita religiosa. Manca persino a questi giovani il modo di essere uomini: sono strumentalizzati e non se ne accorgono; fanno delle contestazioni ma, in fondo, sono strumentalizzati o da quel partito o da quell'altro potere e non se ne rendono conto. Non vivono la loro propria vita, non hanno la possibilità di viverla, non conoscono nemmeno più l'amore. Senza conoscere l'amore, cadono nei peggiori vizi, precipitano nel peccato e basta. Tutta la vita è solo una droga; non si cerca altro che di dimenticare e di perdere se stessi. Il peso di sé è diventato impossibile da sopportare per gli uomini di oggi e si cerca soltanto di affondare nella ubriachezza che può essere data dal denaro, dal divertimento, dal peccato, a danno della propria vita, di un disegno proprio da realizzare, di un programma da vivere, di un amore da accettare.
Come volete che in queste
condizioni si possa vivere una vita religiosa? Non si vive nemmeno una vita
umana! Mai, forse, l'uomo si è trovato in una condizione così grave come oggi.
Si parla tanto di civiltà, ma oggi l'uomo è davvero in pericolo. E lo Stato, il
Partito, o qualsiasi altro potere, che cosa fanno? Ti danno tutto perché tu non
abbia modo di sottrarti al loro potere, perché tu venga strumentalizzato. Il
Partito ti dà quello che tu desideri. Magari ti si dà lo stipendio anche di
diecimila lire al giorno: però tu non devi vivere la tua vita, non devi avere
più il tempo di stare con i tuoi figli, di avere un tuo amore, di avere una tua
libertà interiore, di pensare con la tua testa. Devi pensare col giornale,
trovare tutte le possibilità, senza mai vivere per te. Tanto meno potrai vivere
per Iddio.
Essere liberi per essere disponibili
Ecco quello che ci dice il profeta Osea. Che cosa? "Vuoi tu ascoltare la parola di Dio? Vuoi che la parola di Dio giunga al tuo spirito? Egli deve condurti nel deserto: e tu devi fare un certo silenzio nel tuo intimo, devi dare alla tua anima una certa libertà". Per andare nel deserto bisogna che tu sia libero; altrimenti sei incatenato e non puoi camminare.
Dunque, la prima cosa che s'impone per noi, se vogliamo vivere una vita religiosa, è questo raccoglimento. Un certo raccoglimento è necessario per tutti; non soltanto per le monache di clausura.
E poi, voi avete la vocazione di monache di clausura vivendo nel mondo. Monache no, ma vivere una vita contemplativa, sì. E si è sempre detto, che una vita contemplativa, implica di per sé un certo raccoglimento interiore.Indipendentemente anche da una vocazione religiosa, quale quella propria della Comunità, un'anima religiosa non può continuare a vivere la sua vita se non si rende disponibile alla grazia. Come volete che Dio sia il vostro sposo, come volete che Dio sia la vostra vita, se voi non siete disponibili per Lui? Se non avete mai nessuna disponibilità per poter accogliere il suo amore, per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere con Lui? Ebbene, se l'alleanza con Dio è un'alleanza di amore, anche voi dovete rimanere disponibili a Lui per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere nella sua intimità, per poter gustare questo rapporto d'amore che deve sempre più legarvi al Signore così come il Signore si è legato a voi per sempre. Disponibilità nei confronti di Dio e un certo raccoglimento interno.
Essere liberi per essere disponibili
Ecco quello che ci dice il profeta Osea. Che cosa? "Vuoi tu ascoltare la parola di Dio? Vuoi che la parola di Dio giunga al tuo spirito? Egli deve condurti nel deserto: e tu devi fare un certo silenzio nel tuo intimo, devi dare alla tua anima una certa libertà". Per andare nel deserto bisogna che tu sia libero; altrimenti sei incatenato e non puoi camminare.
Dunque, la prima cosa che s'impone per noi, se vogliamo vivere una vita religiosa, è questo raccoglimento. Un certo raccoglimento è necessario per tutti; non soltanto per le monache di clausura.
E poi, voi avete la vocazione di monache di clausura vivendo nel mondo. Monache no, ma vivere una vita contemplativa, sì. E si è sempre detto, che una vita contemplativa, implica di per sé un certo raccoglimento interiore.Indipendentemente anche da una vocazione religiosa, quale quella propria della Comunità, un'anima religiosa non può continuare a vivere la sua vita se non si rende disponibile alla grazia. Come volete che Dio sia il vostro sposo, come volete che Dio sia la vostra vita, se voi non siete disponibili per Lui? Se non avete mai nessuna disponibilità per poter accogliere il suo amore, per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere con Lui? Ebbene, se l'alleanza con Dio è un'alleanza di amore, anche voi dovete rimanere disponibili a Lui per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere nella sua intimità, per poter gustare questo rapporto d'amore che deve sempre più legarvi al Signore così come il Signore si è legato a voi per sempre. Disponibilità nei confronti di Dio e un certo raccoglimento interno.
Silenzio e
solitudine...
Che vuol dire raccoglimento? Qui il profeta Osea, ci parla del deserto. Che cosa vuol dire questa parola per noi? Vuol dire che il cristiano, che vuol vivere una vita cristiana, è impegnato a procurarsi un certo raccoglimento interno. Se non puoi tutto il giorno, troverai almeno dieci minuti per raccoglierti in camera tua, troverai dieci minuti anche se svolgi il tuo lavoro in cucina, per restare sola con Dio; o troverai cinque minuti per raccoglierti, almeno in chiesa, davanti al Signore. Devi cercare questi minuti di silenzio; non devi mai lasciarteli portar via. Devi difenderli, non soltanto cercarli. Non fare come i giovani di oggi che vogliono soltanto distrarsi perché non sopportano le zone di silenzio.
Le zone di silenzio sono le più belle. Ora lo sentono anche quelli che vivono in città i quali, non per nulla, cercano di farsi la villetta in campagna perché non sopportano più tutti questi rumori. Ebbene, se anche sul piano fisico, gli uomini non sopportano il rumore per non diventare nevrotici, questo s'impone anche per la vita spirituale. Cercate di coltivare, di difendere le zone di silenzio della vostra vita. E il vostro silenzio non deve essere un silenzio vuoto. Il vostro silenzio lo sapete che cos'è? E disponibilità pura ad una presenza d'amore.
Dio, che è eterno, è sempre amore. Amore per me, amore per voi. Se noi facciamo silenzio, ecco, ascoltiamo la sua parola, che è parola d'amore; viviamo l'esperienza di una intimità dolcissima. Dio si comunica a noi proprio quando siamo soli: allora conosciamo la comunione vera dell'amore. Quando, invece, noi fuggiamo la solitudine, è proprio allora che non conosciamo l'amore. L'amore esige una certa solitudine. Non puoi vivere una tua intimità, così dolce e segreta, se non cerchi di sottrarti a tutti gli altri rumori.
...per accogliere l'amore...
E così anche nella tua unione con Dio. Se ci si sottrae ai rumori, se si cerca il silenzio, non è per vivere nel silenzio, ma perché il silenzio rende più facile e più dolce l'esperienza di questa comunione con Dio. Basta che tu faccia il vuoto e il vuoto è ripieno di amore. È perché non facciamo il vuoto, che Dio è un estraneo e non può entrare nella nostra vita. È perché non andiamo in solitudine, che questa solitudine non è piena di una misteriosa presenza. È perché non facciamo silenzio che non riusciamo ad udire la parola di Dio. Dio ci conduce nella solitudine, ci conduce nel deserto; vuole da noi questa raccoglimento e allora ci parla. Quale parola ci dice? Una parola che giunge direttamente al cuore ed è parola di amore. Per ciascuno, Dio non è tanto il giudice, Dio non è tanto il Santo: è l'amore che si dona, è l'amore che ci vuole per sé e tutto si vuole offrire a noi. È la presenza di amore.Nell'unione coi nostri cari, la cosa più grande è il vivere questa comunione con Dio che, sola, dà poi il contenuto ultimo di gioia ad ogni nostro affetto: la nostra comunione d'amore è tutta penetrata, è tutta trasfigurata da una presenza divina.
L'amore umano può stancare, affaticare, divenire oppressivo qualche volta e chiedere, qualche volta, più pazienza che dare gioia. Credo sia questa la vostra esperienza. Nella misura che l'amore di Dio non trasfigura e trasforma anche i nostri rapporti familiari e di amicizia, l'amore umano può divenire soltanto esercizio di virtù, di pazienza, privo di gioia e di dolcezza.
...e dare l'amore...
.Miei cari, vivete questa comunione con Dio e cercate che sia l'alimento primo della vostra vita. È una vita d'amore quella che il cristianesimo vi offre e vi invita a godere Ed è l'amore più alto, l'amore più puro, l'amore che santifica ogni altro amore, l'amore che rende fedeli ad ogni altro amore: l'amore stabile, vero, santo, dolcissimo. Fate sì che la comunione con Dio sia l'atto supremo della vostra vita; il contenuto più vero, più profondo, continuo della vostra esistenza cristiana: così anche tutta la vostra vita umana sarà trasfigurata, diverrà nuova, più piena, più pura, più grande, più luminosa, più viva.Oh, Dio non è geloso dei nostri amori perché, in fondo, in ogni nostro amore noi possiamo amare Lui, se è vero amore. Fate in modo, allora, che ogni vostro amore sia l'espressione stessa della vostra comunione con Dio, comunione che rimane vera: è questa la garanzia anche della vostra felicità familiare. Dio non rinuncia a nulla di voi: Egli vi ha donato amore e pretende amore, amore totale. Ne viene che l'amore per i vostri cari è incluso in questo medesimo amore per Iddio. Non vi è lotta, non vi è alterità fra questo amore di Dio ed ogni altro amore, anzi: ogni amore è fecondato, è alimentato, giorno per giorno e voi ben lo sapete, dall'amore di Dio.
...in una vita ricolma di pace e di gioia
Perché siete così pazienti, così dolci, così pronte al sacrificio e ad accettare il dolore? Perché l'amore di Dio alimenta in voi ogni virtù e vi rende possibile una pazienza, una fedeltà che, qualche volta, non sarebbe tanto facile possedere. Così una madre impara, dall'amore di Dio, come si deve amare nel sacrificio, nella dedizione continua, tante volte senza ricevere nulla, almeno apparentemente; impara ad amare di un amore di speranza, che continua fino alla fine perché è riposta soltanto in Dio che non inganna, anche se i figli sembra abbiano sempre a deludere. La madre impara a riposare in Dio, tranquilla, perché l'amore per i figli non è altro che l'espressione di amore verso Dio. Se la speranza riposa in Dio, darà un giorno il suo frutto.
Miei cari, bisogna amare così. Tutta la vita è amore, amore di Dio che penetra e trasforma, dando una serenità, una pace, una gioia profonda che nessuno può rapirci: nemmeno la morte ha la capacità di strapparci questo amore, dal momento che l'amore è Dio, Dio che vive nel cuore dell'uomo, Dio che è l'Eterno.
"Io ti sposerò nella fedeltà dice il Signore nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore". Nella fedeltà, e tu la conoscerai; non temere!
L'amore di Dio trasforma
Voi siete consacrate al Signore o siete nell'attesa di questa consacrazione che non fa che ripetere la vostra consacrazione battesimale. Ebbene, rendetevi conto che quella consacrazione che voi avete fatto, o state per fare, è il vostro matrimonio con Dio, la vostra unione, cioè, che rimane indissolubile, che vince anche la morte. E in questo amore, e in ogni altro amore, voi siete sicure, non solo di salvare voi stesse, ma di salvare tutti coloro che amate. Perché Dio non può separarvi: Lui, che santifica l'amore, non può separarvi da coloro ai quali l'amore vi unisce. Egli vi sposa nella fedeltà: la fedeltà di Dio! Vi sposa nella benevolenza e nella misericordia di un amore che dimentica tutto, che vi rinnova completamente fin nell'intimo, un amore che vi dà, ogni giorno, una nuova giovinezza.
Miei cari, questa è la differenza fra l'amore umano e l'amore divino: l'amore degli uomini vi trova quello che siete e vi lascia quello che siete; invece l'amore di Dio vi fa oggetto del suo amore. L'amore dell'uomo riconosce quello che l'altro è e non ha la capacità di rinnovare l'oggetto del suo amore, non ha la capacità di rendere sempre giovane e fresco colui che ama: ma l'amore di Dio può tutto questo e lo fa.
Ecco, quello che vorrei dirvi: amate il Signore; cercate Dio, e l'amore di Dio vi farà come Egli vi vuole. Gli uomini possono soltanto amare quello che hanno scelto e che è soggetto all'usura del tempo e della malattia, coi limiti di un carattere, di un temperamento, di tanti difetti. Dio non è così. Egli, che vi ama, vi trasforma secondo il suo amore, e se voi corrispondete all'amore divino, diverrete sempre più degne di questo stesso amore: e vi rinnoverà nella vostra giovinezza, vi farà sempre più partecipi della sua medesima gioia, vi farà simili a sé. Quello che l'amore umano non può fare, l'amore divino può farlo. E Lui che vince la morte, la fa vincere a voi perché Egli non la conosce, vi trasforma sempre più secondo l'immagine sua. Amate il Signore!
Mi sembra ci dica questo la prima Lettura ed è sufficiente. È sufficiente anche per celebrare, oggi, la consacrazione di due nuove sorelle nostre, chiamate ad ascoltare, in modo anche più profondo, la parola di Dio: "Ti condurrò nella solitudine, nel silenzio; là parlerò al tuo cuore". Voglio essere tutto per te e voglio che tu sia tutta per me: in questo scambio di amore tu vivi, già ora, una vita di gioia, di purezza, di pace.
Da oggi, non conoscerai più che l'amore, l'amore che si dona a tutti i fratelli. Che tu viva, in questo amore, un servizio umile e sereno e che gli altri riconoscano in te la presenza divina.
Prima meditazione
Il dono di Dio
Ricordate le parole che chiudevano la prima Lettura che abbiamo ascoltato stamani?
"Io ti sposerò nella giustizia e nel diritto, ti sposerò nella benevolenza e nell'amore, ti sposerò nella fedeltà e tu conoscerai il Signore". È una promessa. La prima cosa che dobbiamo, dunque, meditare è questa: Dio parla; ogni sua parola apre all'anima sempre nuovi orizzonti di bellezza e di luce. Quanto più Dio si dona, tanto più Egli promette.
Nella vita presente, il dono di Dio non è mai definitivo, ma è sempre un anticipo di quello che Egli darà, è sempre una promessa che apre ad una speranza sempre più grande, ad un desiderio più vivo. "Io parlerò al suo cuore". "Ti sposerò". Lo dice il Signore. L'anima e Dio non sono più che l'una per l'Altro in questo raccoglimento, in questa solitudine in cui l'amore li ha condotti. E sembrerebbe che nulla potesse esserci di più grande di quella intimità che si è stabilita fra Dio e l'anima, in questa comunione d'amore che già l'anima vive col suo Dio che l'ha scelta. Tuttavia l'incontro non fa che aprire l'anima a nuove prospettive d'amore, ad un nuovo cammino di luce e di bellezza.
Il cammino dell'uomo...
"Ti sposerò". È uno dei caratteri della vita spirituale. Non si vive la vita spirituale se non in un continuo crescere e dilatarsi dell'anima nella speranza e nella gioia. Le virtù teologali hanno un inizio, ma non hanno una fine. Perché? Perché hanno per oggetto Dio che è l'Infinito, che è l'Eterno. Ma non hanno fine anche nel loro crescere, non solo perché non terminano mai, ma perché crescono indefinitivamente senza mai trovare un termine ultimo, una meta. Tanto più vivi nella fede, tanto più la fede esige da te fermezza e ti dona luce; tanto più il Signore ti dona speranza, tanto più cresce nel tuo cuore questa certezza dei beni futuri, questo aprirsi dell'anima ad accogliere Dio.La speranza, che cos'è? È una virtù per la quale il tuo desiderio, il desiderio della natura è divinamente efficace perché si appoggia sulla parola di Dio e tu desideri Dio, e tu speri che Dio sia la tua felicità. Ora, il paradiso non è carità in quanto implica il possesso di Dio. E perché? Perché vi è un duplice amore: un amore di concupiscenza e un amore di benevolenza: l'amore di concupiscenza è l'amore cui risponde la speranza. Il possesso è la perfezione, è la tua beatitudine. L'amore, di per sé, non è negato alla beatitudine; l'amore è dono di sé.
...vivere di Dio Qual è l'amore puro? Vi ricordate quello che scrive Charles de Foucauld in uno dei suoi ritiri, quando era in Africa? "Signore, io mi trovo in una tale desolazione, in un tale vuoto e mi sembra che Tu neppure esista; però so che Tu sei beato; ed io sono beato perché Tu sei beato". Ecco l'amore. L'anima, in sé, non vive altro che desolazione ed aridità, però è beata perché il Signore è beato; non vive di sé, ma vive di Dio. Questo è l'amore di benevolenza, l'amore puro, senza riferimenti a sé, l'amore che non implica tanto il possesso, quanto il dono di sé. Però vi è anche l'amore di possesso ed io non posso farne a meno. Il paradiso è la mia beatitudine; il paradiso è il possesso di Dio e costituisce la speranza attuale. Non è l'amore, è la speranza attuale, è l'amore di concupiscenza. L'amore che è possesso, è beatitudine per te.
Così la fede: è un appoggiarsi a quello che Dio ci dice di sé: noi non vediamo coi nostri occhi, ma ci limitiamo a quello che Dio ci rivela di se stesso, o ci rivelerà domani. Domani vedremo Dio coi suoi medesimi occhi, cioè la fede ci porterà alla visione. E noi non potremmo nemmeno vivere la carità eterna, l'eternità dell'amore, se non vivessimo la visione beatifica: è dalla visione beatifica che deriva l'amore. Per questo, anche la fede ha un suo permanere eterno nel suo compimento, che è la visione.
Il termine ultimo delle virtù teologali
In un certo senso, le virtù teologali ancora sussistono, la fede e la speranza, cambiando, raggiungono la loro perfezione ultima che non è più fede ma visione, che non è più speranza, ma possesso. Nella speranza, tu ancora aspetti Dio: ma se vivi in paradiso, devi possedere non puoi aspettare. La vita eterna è l'esercizio perfetto delle virtù teologali nel loro conseguimento ultimo; però durante la vita presente esse non solo hanno modo di crescere senza limite, ma debbono crescere ogni giorno di più, se Dio vive in te. Perché quaggiù tu non puoi mai dire di possedere Dio: lo possiedi soltanto nella misura che tu lo cerchi.
E quello che diceva Pascal: "Non mi cercheresti, se tu non mi avessi trovato". E le parole di Pascal sul mistero di Gesù sono simili a quanto aveva detto già nel IV secolo san Gregorio di Nissa: "Si possiede Dio soltanto nella misura che lo si cerca quaggiù". Si possiede Dio nella misura di questo dinamismo interno che ci spinge ad una ricerca continua, perché tanto più lo possediamo quanto più ci rende desiderosi di possederlo e l'anima nostra è ardente di desiderio e di speranza nel protendersi verso Dio. Così, vivere per noi vuoi dire crescere sempre.
Ecco perché vi dicevo che non si invecchia mai nella vita spirituale: nella vita naturale si raggiunge un certo limite, poi si decade. Qui invece non c'è una decadenza, ma c'è sempre un salire, un ascendere. E, si noti bene, tanto più ascendiamo, tanto più facile è il salire.
Tu credevi che fosse il contrario? No. E così.
Verso la semplicità ...
Soltanto quando abbiamo poca virtù, il camminare nel rispondere a Dio costa fatica. Invece quanto più ci assimiliamo a Dio, tanto più diviene un volo tutta la vita, senza fatica. E quali distanze immense tu puoi percorrere in un solo atto d'amore, in un solo atto di speranza, quando tu sia santa! Questo lo si rileva particolarmente nei santi: all'inizio la loro conversione è faticosa, impegnata in tutti gli esercizi delle virtù morali, nella mortificazione, nell'obbedienza. Poi, la vita diviene sempre più semplice, sempre più pura, perché all'anima non costa più nulla il vivere soltanto di Dio anzi: Dio assume sempre più l'anima in un modo così pieno, così puro da far divenire tutto limpido, chiaro, sereno, pacifico, semplice anche nella preghiera. Tutta la nostra vita interiore ci dà come un senso di beatitudine, non solo di dolcezza, ma di pienezza, di forza spirituale. Tu vivi questo e resti senza parole. Tu hai il sentimento soltanto di questa presenza che ti riempie di sé, e in questo rimani. E poi vieni come strappata a te stessa: non vedi più che Lui. Tutta la nostra vita è Lui solo e ci dimentichiamo di noi stessi. E una vita sempre più piena di Lui, di Lui solo: non esiste più che il Signore. Qualunque cosa tu faccia, ovunque tu sia, c'è sempre Lui, il tuo Dio. La tua vita è tutta invasa, investita da questa presenza che, quanto più è reale, tanto più elimina quello che a questa presenza si oppone.
...per fare la volontà di Dio...
Si noti bene: "quello che a questa presenza di oppone", perché Dio si fa presente nel vostro dovere, si fa presente in quello che è la sua volontà. Per questo il Signore, entrando nella vostra vita, non può farvi dimenticare i vostri doveri: non sarebbe Dio. Non dovete illudervi in questo: la vita divina non ci separa mai da quello che è il nostro dovere, da quello che ci chiede il nostro stato, da quello che è la nostra situazione, perché lì è la sua volontà. E la volontà di Dio è Dio. Perciò la presenza divina implica, per voi, un adempimento più perfetto dei vostri doveri, il compimento ancora più pieno di quelle che sono le vostre incombenze, i vostri lavori di ogni giorno. Non vi è un urto, una tensione fra le due cose: Dio è la sua volontà.
Comunque, però, è Dio solo che riempie. Anche la presenza dei vostri cari, l'attuazione dei vostri doveri, altro non sono che il segno della presenza di Dio per voi. E in questa presenza voi vi dimenticate di voi stessi, sempre di più, e non vi rimane che Lui: "Ti sposerò".
Ritornerò, dunque, alle parole del profeta Osea. Si diceva che Dio vive in noi nella misura che cresce in noi la speranza, questo desiderio di Lui sempre più vivo. Proprio come dice san Pietro nella Prima Lettera: una "speranza viva" perché è nella speranza che noi viviamo quaggiù sulla terra. Di qui deriva che, invece di invecchiare, si ringiovanisce sempre. E vivendo che cresce in noi la speranza.
...nella continua novità dello Spirito Altra cosa è un desiderio che risponde ad una natura sensibile, che può essere soltanto nel giovane; altra cosa è questo desiderio, questa speranza di Dio che cresce sempre più nell'anima, anche quando il corpo decade. La speranza cresce perché non vai verso la morte; vai verso la vita; non vai verso la fine, vai verso l'amore; non vai verso il buio della tomba, vai verso la luce incommutabile di Dio. L'anima nostra si apre in un senso di sorpresa sempre nuovo. Non lo provate anche voi quando pregate? Un certo senso di stupore si rinnova sempre in noi nel contatto con Dio. Se lo abbiamo conosciuto una volta, la nostra vita spirituale diviene una continua sorpresa. Ed è proprio questa sorpresa che denota la giovinezza. Chi è capace di meraviglia e di stupore? Il bambino e il poeta. Chi vive la vita religiosa, vive in questo continuo stupore di essere amato, amato per nulla.
Ecco il crescere della speranza, ecco il crescere di questa sorpresa dell'anima nel sentirsi sempre nuova nel contatto di Dio. Nella misura che cresce in te la speranza, cresce il dono di Dio; ed Egli, l'Infinito, si dona totalmente e non si può dividere: scava in te abissi sempre più profondi perché tu possa sempre più riceverlo. E come può scavare in te questi abissi? Come può donarti questa capacità sempre nuova e sempre più grande, del possesso divino? Attraverso la speranza che cresce e che diviene la vera bellezza della vita presente.
Ecco perché, più che chiedere il possesso, chiedete la speranza che rende più grande la fame. Tanto mangi, tanto più ti viene fame; tanto più bevi, tanto più cresce la tua sete di ricevere il tuo Dio. Questo fa la speranza cristiana, questo fa il dono di Dio nella vita presente. Cresce in noi il desiderio di Dio nella misura che Egli si dona: tutta la vita non è che un dilatarsi dell'anima ad accogliere sempre più il dono dell'amore infinito.
E così la vita spirituale: un crescere continuo nel desiderio, nella speranza, nell'amore. Possiamo giudicare da questo se viviamo o non viviamo. Nella vita umana si può rimanere fermi, nella vita spirituale no: si vive soltanto nella misura che si cresce. È un indice preciso, perciò, per capire se viviamo veramente in Dio. Non è il crescere nelle pratiche di pietà, nell'aumentare le opere buone, nel prolungare le preghiere, nel moltiplicare i sacrifici: si tratta di crescere nell'amore, nel desiderio, nella volontà di donarsi a Dio, di accogliere Dio, senza più riposo. Questo dobbiamo vivere.
Solamente Dio è...
Come è meravigliosa la vita se cresce in noi continuamente questo desiderio e questa speranza di Dio! E che giovinezza fiorisce in questo crescere continuo delle nostre capacità di accogliere in noi il Signore! In questo cammino sono giovani soltanto quelli che da tanti anni camminano. Tanto più vanno avanti, tanto più l'anima, liberata da ogni vita parassitaria, liberata da tutto quello che nel giovane è motivo di dissipazione, si ferma in un solo amore e in questo soltanto si dilata e respira, nella luce di Dio, nel tendere a Lui solo. Quante sono le persone anziane che vivono soltanto di Dio, di semplicità, di amore, di pace! Non hanno più dispersioni, neanche, forse, nel lavoro; le compiono altri, e sono messe da parte per far posto ai giovani, anche se sono amate. Quale sarebbe la vita di queste anime se non avessero Dio? Sarebbe la desolazione, il vuoto, l'amarezza, la tristezza della vita che si spegne, la paura della morte. Invece, se un'anima è religiosa, aperta alla grazia divina, in una vita pura, semplice, serena, piena di Dio, è veramente il sacramento di una presenza divina.
Io credo siano queste le anime più grandi davanti al Signore, quelle che salvano la Chiesa. Non sono i cardinali che possono dare il voto al Papa ma se mai i cardinali che hanno 90 anni e che vivono nascosti in un pensionato, nel silenzio, messi fuori ormai da tutto. E questo può essere vero anche per noi. Ma allora Dio riempie tutta la vita. Queste anime non si preoccupano di quello che è umano, non posseggono nulla tranne il Signore.
...e sarà il contenuto della nostra vita
E proprio questo che chiede il Signore quando, chiamandoci alla sua intimità, ci dice questa parola che è, semplicemente, un futuro: "Ti sposerò". Tutta la vita è tesa verso il futuro, verso un futuro che trova poi il suo adempimento nella presenza pura dell'eternità. Questo futuro rimane per te aperto; è un futuro che è un invito, è una forza che ti porta sempre più verso Dio; nella fedeltà, nella benevolenza, nell'amore.
Che cosa possiamo dare a Dio? E Lui che è fedele, benevolo verso di noi; è Lui clic dimentica tutto il nostro passato e non ha per noi altro che amore; è Lui che si dona tutto a noi e riempie il nostro vuoto. E noi non abbiamo altro da offrirgli che una pura capacità, affinché Egli la riempia. Egli non può davvero ottenere nulla da noi; Egli non ci chiede nulla. Soltanto il nostro nulla è proporzionato al tutto di Dio. Ed è proprio nell'affondare nel proprio nulla che l'anima deve aprirsi ad una speranza vitale. Apriamoci tutti a questa promessa di gioia, e questa promessa di amore che il Signore ci fa.
Dobbiamo vivere questo.
Il profeta Osea ci dice: "Ti sposerò". Sul piano umano il rimandare le cose dà fastidio, ma sul piano divino il rimandare conviene ed è bello perché ti rende sempre più creditore di Dio. Egli ti deve dare ancora di più; tanto ti darà quanto più lunga sarà stata l'attesa, quanto più ansioso sarà stato il desiderio, quanto più vasta sarà stata la tua speranza nell'accogliere il suo dono. Quello che Egli ci dà, ce lo dà soltanto perché cresca in noi il desiderio e la speranza di riceverlo ancora. Viviamo in questo continuo processo di una speranza che cresce, di un desiderio che sempre più ci dilata per ricevere Dio.
"Ti sposerò". Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea.
Seconda meditazione
Essere con lo sposo...
Ricordate il Vangelo di stamani? Praticamente abbiamo fatto due meditazioni sulla Prima Lettura presa dal profeta Osea: il Signore guarda al suo popolo come lo sposo alla sposa: "Ecco, la attirerò a me, e la condurrò nel deserto, e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore."
Ma ho detto anche che il Vangelo di stamani ha un rapporto stretto con la Prima Lettura. Infatti il tema fondamentale delle due letture è l'alleanza dell'uomo con Dio, veduta come un'alleanza di nozze, come un mistero nuziale, e inoltre perché in queste nozze quello che l'anima vive è, prima, una grande speranza che dilata l'anima stessa, la certezza dell'amore divino, e poi, come si diceva durante la Messa, questa intimità col Signore che noi dobbiamo conservare gelosamente: un raccoglimento, un'attenzione, una disponibilità a Lui che ci ama, che dona alla nostra vita un'atmosfera di serenità, di pace e di gioia. In fondo, è proprio questa gioia l'argomento fondamentale del Vangelo.
Che cosa dice il Vangelo? Descrive i farisei che rimproverano Gesù perché i suoi discepoli non fanno i digiuni che la tradizione aveva stabilito: proprio i discepoli, che vivevano più vicini al Signore, non facevano i digiuni! E Gesù, rimprovera forse i discepoli? Oh. no! Che cosa Egli dice? "Non si digiuna fintanto che lo sposo è presente".
...come lo erano i discepoli...
E allora, se noi viviamo in questo raccoglimento, se noi viviamo in questa disponibilità onde ci apriamo ad accogliere continuamente Dio che ci ama: siamo davvero con i discepoli. Non solo san Marco ci conferma questo, ma anche san Giovanni nel Quarto Vangelo: alle Nozze di Cana quelli che non sono discepoli di Gesù si scandalizzano. Come è possibile pensare ad un Messia, ad un salvatore il quale, invece di far sì che queste anime religiose abbiano il viso lungo tre palmi, nella penitenza e nel digiuno, abbiano ad avviarsi alle nozze con tanta gioia? Abbiano a bere il vino buono alla fine del banchetto, il vino preparato proprio da Gesù? Lo scandalo è davvero grande!
Gesù vuole le gioia. L'Evangelista san Giovanni ci vuole persuadere di questo, perché questa è l'intenzione del Signore: portare la gioia.
Il Nuovo Testamento si differenzia dal Vecchio Testamento e lo mostra sempre di più nel corso dello svolgimento dei fatti. Lo vediamo già nell'intimità che i discepoli hanno col Maestro. col Figlio di Dio. Dio, finalmente, si è unito a noi per sempre. E non sarà mai infedele. Se Egli si è donato, se Egli ci ha scelti, se è venuto a noi e noi ci siamo consacrati a Lui, non possiamo avere più alcun timore. Egli rimane con noi ed è la nostra gioia, la nostra vita.
...nella gioia...
Uno dei doveri fondamentali del cristiano è quello di essere, sempre, nella gioia. Ricordate quello che diceva san Francesco d'Assisi e che ripeteva san Francesco di Sales: "Un santo triste è un triste santo". La santità è sempre unita a questa esperienza di una presenza divina la quale colma la vita, la illumina, la fa sicura. Che cosa volete di più di quello che Dio vi dona, se Dio è con voi? C'è qualche cosa che voi possiate desiderare e che non vi abbia già dato? Che cosa, dunque, s'impone per l'anima?
Certo, la nostra gioia, e lo dice il Vangelo di oggi, nasce dal fatto che lo Sposo è con noi. Questo dovete tenerlo presente. E non si digiuna fintanto che lo Sposo è con noi. Una volta che noi ci siamo consacrati a Lui, la nostra vita non può conoscere che la gioia, una gioia sempre più pura, sempre più grande, perché, non solo la vita non ci allontana da Lui, ma la vita è tutto un cammino che deve portare sempre più ad essere uniti al Signore. Al contrario di separarci da Dio, via via che viviamo, andiamo incontro alla festa ultima dell'amore, della comunione perfetta, della vita del cielo. Allora, non soltanto non diminuisce la gioia col passare degli anni, ma cresce perché sempre più imminente diviene il trionfo di questa comunione d'amore che è la vita del cielo. Di qui ne deriva che il cristiano non solo conosce la gioia, ma la vede crescere giorno per giorno perché non vi è mai nessun motivo per perderla, o anche solo vederla diminuire. Il cammino è un cammino di speranza che cresce; la speranza è in ordine al dono che Dio ci fa e in questo dono, l'anima sperimenta la presenza di Dio: e vibra, e sussulta, si apre, si dilata nell'amore.
...per donarla al mondo
Noi dobbiamo vivere questo. Sapete perché il cristianesimo, fin dalle origini, ha travolto tutte le difficoltà, e le difficoltà c'erano in un clima di persecuzioni, in un mondo pagano ancor più corrotto di quello di oggi; ed ha convertito il mondo in breve tempo? È stato come una marea che è avanzata ed ha inondato tutta la terra, sommergendo ogni cosa: la potenza di Roma, gli eserciti, il potere politico; nulla poteva arrestare l'avanzata cristiana, neppure la sapienza dei Greci. Quale era la forza che travolgeva e conquistava? I miracoli sono un nulla in confronto di quello che è stata la vittoria dei primi cristiani. Usavano forse le armi? Pietro aveva una spada, ma il Signore gli disse subito: "Mettila nel fodero". Che cosa avevano allora? Forse la cultura? No, era povera gente. Che cosa? Nulla! Nulla sul piano umano; non parlo delle virtù soprannaturali. Ma avevano la gioia.
Il mondo è assetato di gioia; il mondo vuole la gioia. E i cristiani l'avevano anche in mezzo alle persecuzioni. Uno dei testi fondamentali e più sicuri degli "Atti dei martiri", che risale al 150 circa, narra la morte di san Carpo. Di che cosa si parla in questi "Atti"? Si dice che i cristiani venivano bruciati vivi, a fuoco lento; eppure erano pieni di gioia anche morendo. È un miracolo tale questa gioia, pur nel tormento, nella privazione di tutto, nell'essere privati di ogni diritto, che ci fa pensare tristemente al cristianesimo di oggi che non riesce neppure a conquistare i nostri figliuoli. Siamo un po' troppo nervosi, abbiamo sempre un volto triste; c'è sempre nebbia in noi, anche se fuori c'è il sole, una nebbia interiore che rende opaca l'anima. Ma come è possibile tutto questo, se Dio è con noi? Come è possibile se Dio ci ama? Come è possibile se a Dio crediamo realmente e ci abbandoniamo a questo amore? Anche se fossimo in fin di vita, non dovremmo che cantare, come san Francesco. Gli disse Frate Elia: "Padre, mi permetto farle un appunto: lei canta sempre, ma la gente che ascolta ne riceve scandalo, perché sa che lei è per morire: quando si va verso la morte, ci aspetta il giudizio di Dio!". "Ma lasciami cantare in pace e vattene" gli rispose il Santo, "come posso non cantare se vado incontro al mio Signore?".
Siamo già in paradiso:
Quanto più abbiamo motivo di lamentarci, tanto più deve crescere in noi la gioia, perché possediamo una vera ricchezza, perché viviamo una vita che il mondo e le cose non possono compromettere. Dio è fedele, Dio è tutto per noi, Dio ci ama. Sì, il paradiso è tutto nostro; l'infinito è tutto nostro. Che volete che sia per noi la vita che il mondo ci può offrire, l'amore degli uomini? Anche se tutto ci mancasse, noi tutto possediamo se Dio è nostro. E Dio è nostro; è tutto per noi. Ricordate la preghiera di san Giovanni della Croce? "Miei sono i cieli, mia è la terra, mia la Madre di Dio, miei gli angeli ed i santi, perché Gesù è tutto mio, è tutto per me". Nel ricevere il Signore non riceviamo già il paradiso? Nel possesso di Dio, non possediamo già un bene immenso, infinito, eterno? Ecco la gioia cristiana. La sicurezza, la certezza, l'esperienza di questa presenza di Dio ci riempie e trabocca su tutto l'universo.
Possediamo il Signore! Dio è con noi! Lo Sposo è con noi, quindi non possiamo digiunare. Nella presenza dello Sposo, tutta la vita è una festa. Non ci sono giorni di lavoro; tutto è feria. Tutto è una festa che continua sempre. Dobbiamo vivere questa gioia tranquilla che ci riempie, ci lievita dentro, ci solleva a Dio e trabocca su quelli che ci sono vicini. Questo è il nostro messaggio.
Si dice che dobbiamo rendere una testimonianza, ma quale testimonianza potremmo rendere a Dio, se non avessimo la gioia? Dio non è forse la vita? Non è forse la beatitudine dei santi stessi? Fintanto che diamo testimonianza con la nostra tristezza, non diamo una testimonianza di Dio. Anche se diamo una testimonianza con le nostre virtù, col nostro impegno, non è ancora una testimonianza di Dio. Dio si fa presente nel cuore dell'uomo principalmente nella sua gioia.
viviamo come i santi...
I santi sono coloro che vivono nella beatitudine stessa.
Io vi chiedo questo: siate dei testimoni della gioia divina, prima nella nostra famiglia in modo che, anche coloro che voi amate e vi sono più vicini imparino da voi quanto dolce e soave sia il conoscere Dio, il vivere con Lui, e quale sia la via per giungere alla vera felicità, quale il cammino che porta alla pace ed alla gioia. Tutti gli uomini cercano la pace e la gioia. Se noi fossimo veramente testimoni della presenza divina, noi saremmo come un faro che illumina tutto, come un centro cui converge ogni anima. Voi lo vedete; basta che sorga un santo ed è un richiamo per tutti. Pensate a quello che è stato padre Pio, a quello che è stato il Santo Curato d'Ars nel secolo passato, a quello che ora è Madre Speranza: gli uomini si accorgono di una presenza divina! Gli uomini convergono a questa gioia ed hanno bisogno di questa pace che vive nel cuore dei santi.
Che meraviglia, se voi vivete con gioia nella presenza di Dio che rende colma la vostra vita interiore, pacifica tutte le vostre potenze, dona una dolcezza indicibile al vostro cuore! Tutta la vostra vita può divenire una testimonianza della presenza divina. Ecco quello che la Comunità vi chiede e vuole da voi; quello che soprattutto gli uomini pretendono da voi.
La carità, come la santità, ha un duplice volto: guarda a Dio e guarda ai fratelli. La vostra vita diviene un dono di amore, da vivere in umiltà, in fedeltà verso il Signore e in dedizione verso i fratelli, i vostri familiari, tanto che, per essi, il vostro volto sia testimonianza del paradiso di Dio che è nel vostro cuore. Ricordate quello che dice santa Elisabetta della Trinità: "Il paradiso è qui, nel vostro cuore". Noi siamo quindi, per gli uomini, il segno del sacramento del Padre. Gli uomini debbono vedere nel nostro sguardo il Signore, la presenza di un mistero, la bellezza spirituale che incanta, che attira, che crea un'atmosfera di stupore e di attenzione che rende l'anima disponibile a Dio.
...per essere rivelatori del Padre!
I santi, non soltanto posseggono il Signore, ma lo donano nella misura che inducono l'anima a questo religioso stupore, a questa attenzione al mistero presente che fa sentire la realtà di un altro mondo ben più vasto e luminoso e vivo, senza più preoccupazioni, dolori, affanni. Liberati improvvisamente da tutto, si trovano nella presenza di Dio. Ecco la testimonianza che il Signore chiede anche a voi, ecco la bellezza che vi offre: è come un fiore che si apre alla luce. Voi dovete averla questa bellezza spirituale che cresce aprendo il cuore a Dio ed accogliendolo: così Egli vive nella vostra vita. Oh, allora, nella presenza di Dio, il vostro sguardo si illumina, il vostro sorriso ha qualcosa di celeste. Tutto il vostro cammino, il vostro vivere diviene segno di un'altra presenza, di un mondo divino. Questo voi dovete essere.
Con tale pensiero, ritorniamo alla meditazione di stamani: una vita di continua speranza che ci ringiovanisce ogni giorno di più e finisce col trasformarci in Colui che amiamo. L'amore è così: o ci trova simili o ci rende simili. Noi dobbiamo diventare sorgente di pace anche per gli altri, di dolcezza e di amore. Lasciate che il Signore abbia ogni dominio su di voi. Non mettete riserve al suo amore.
"Possiedimi, o Dio, nel tuo amore, nella tua gloria, nella tua volontà, così perfettamente come possiedi te stesso". Se così pregherete e così diverrete, sarete davvero sacramento di Dio.
Che vuol dire raccoglimento? Qui il profeta Osea, ci parla del deserto. Che cosa vuol dire questa parola per noi? Vuol dire che il cristiano, che vuol vivere una vita cristiana, è impegnato a procurarsi un certo raccoglimento interno. Se non puoi tutto il giorno, troverai almeno dieci minuti per raccoglierti in camera tua, troverai dieci minuti anche se svolgi il tuo lavoro in cucina, per restare sola con Dio; o troverai cinque minuti per raccoglierti, almeno in chiesa, davanti al Signore. Devi cercare questi minuti di silenzio; non devi mai lasciarteli portar via. Devi difenderli, non soltanto cercarli. Non fare come i giovani di oggi che vogliono soltanto distrarsi perché non sopportano le zone di silenzio.
Le zone di silenzio sono le più belle. Ora lo sentono anche quelli che vivono in città i quali, non per nulla, cercano di farsi la villetta in campagna perché non sopportano più tutti questi rumori. Ebbene, se anche sul piano fisico, gli uomini non sopportano il rumore per non diventare nevrotici, questo s'impone anche per la vita spirituale. Cercate di coltivare, di difendere le zone di silenzio della vostra vita. E il vostro silenzio non deve essere un silenzio vuoto. Il vostro silenzio lo sapete che cos'è? E disponibilità pura ad una presenza d'amore.
Dio, che è eterno, è sempre amore. Amore per me, amore per voi. Se noi facciamo silenzio, ecco, ascoltiamo la sua parola, che è parola d'amore; viviamo l'esperienza di una intimità dolcissima. Dio si comunica a noi proprio quando siamo soli: allora conosciamo la comunione vera dell'amore. Quando, invece, noi fuggiamo la solitudine, è proprio allora che non conosciamo l'amore. L'amore esige una certa solitudine. Non puoi vivere una tua intimità, così dolce e segreta, se non cerchi di sottrarti a tutti gli altri rumori.
...per accogliere l'amore...
E così anche nella tua unione con Dio. Se ci si sottrae ai rumori, se si cerca il silenzio, non è per vivere nel silenzio, ma perché il silenzio rende più facile e più dolce l'esperienza di questa comunione con Dio. Basta che tu faccia il vuoto e il vuoto è ripieno di amore. È perché non facciamo il vuoto, che Dio è un estraneo e non può entrare nella nostra vita. È perché non andiamo in solitudine, che questa solitudine non è piena di una misteriosa presenza. È perché non facciamo silenzio che non riusciamo ad udire la parola di Dio. Dio ci conduce nella solitudine, ci conduce nel deserto; vuole da noi questa raccoglimento e allora ci parla. Quale parola ci dice? Una parola che giunge direttamente al cuore ed è parola di amore. Per ciascuno, Dio non è tanto il giudice, Dio non è tanto il Santo: è l'amore che si dona, è l'amore che ci vuole per sé e tutto si vuole offrire a noi. È la presenza di amore.Nell'unione coi nostri cari, la cosa più grande è il vivere questa comunione con Dio che, sola, dà poi il contenuto ultimo di gioia ad ogni nostro affetto: la nostra comunione d'amore è tutta penetrata, è tutta trasfigurata da una presenza divina.
L'amore umano può stancare, affaticare, divenire oppressivo qualche volta e chiedere, qualche volta, più pazienza che dare gioia. Credo sia questa la vostra esperienza. Nella misura che l'amore di Dio non trasfigura e trasforma anche i nostri rapporti familiari e di amicizia, l'amore umano può divenire soltanto esercizio di virtù, di pazienza, privo di gioia e di dolcezza.
...e dare l'amore...
.Miei cari, vivete questa comunione con Dio e cercate che sia l'alimento primo della vostra vita. È una vita d'amore quella che il cristianesimo vi offre e vi invita a godere Ed è l'amore più alto, l'amore più puro, l'amore che santifica ogni altro amore, l'amore che rende fedeli ad ogni altro amore: l'amore stabile, vero, santo, dolcissimo. Fate sì che la comunione con Dio sia l'atto supremo della vostra vita; il contenuto più vero, più profondo, continuo della vostra esistenza cristiana: così anche tutta la vostra vita umana sarà trasfigurata, diverrà nuova, più piena, più pura, più grande, più luminosa, più viva.Oh, Dio non è geloso dei nostri amori perché, in fondo, in ogni nostro amore noi possiamo amare Lui, se è vero amore. Fate in modo, allora, che ogni vostro amore sia l'espressione stessa della vostra comunione con Dio, comunione che rimane vera: è questa la garanzia anche della vostra felicità familiare. Dio non rinuncia a nulla di voi: Egli vi ha donato amore e pretende amore, amore totale. Ne viene che l'amore per i vostri cari è incluso in questo medesimo amore per Iddio. Non vi è lotta, non vi è alterità fra questo amore di Dio ed ogni altro amore, anzi: ogni amore è fecondato, è alimentato, giorno per giorno e voi ben lo sapete, dall'amore di Dio.
...in una vita ricolma di pace e di gioia
Perché siete così pazienti, così dolci, così pronte al sacrificio e ad accettare il dolore? Perché l'amore di Dio alimenta in voi ogni virtù e vi rende possibile una pazienza, una fedeltà che, qualche volta, non sarebbe tanto facile possedere. Così una madre impara, dall'amore di Dio, come si deve amare nel sacrificio, nella dedizione continua, tante volte senza ricevere nulla, almeno apparentemente; impara ad amare di un amore di speranza, che continua fino alla fine perché è riposta soltanto in Dio che non inganna, anche se i figli sembra abbiano sempre a deludere. La madre impara a riposare in Dio, tranquilla, perché l'amore per i figli non è altro che l'espressione di amore verso Dio. Se la speranza riposa in Dio, darà un giorno il suo frutto.
Miei cari, bisogna amare così. Tutta la vita è amore, amore di Dio che penetra e trasforma, dando una serenità, una pace, una gioia profonda che nessuno può rapirci: nemmeno la morte ha la capacità di strapparci questo amore, dal momento che l'amore è Dio, Dio che vive nel cuore dell'uomo, Dio che è l'Eterno.
"Io ti sposerò nella fedeltà dice il Signore nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore". Nella fedeltà, e tu la conoscerai; non temere!
L'amore di Dio trasforma
Voi siete consacrate al Signore o siete nell'attesa di questa consacrazione che non fa che ripetere la vostra consacrazione battesimale. Ebbene, rendetevi conto che quella consacrazione che voi avete fatto, o state per fare, è il vostro matrimonio con Dio, la vostra unione, cioè, che rimane indissolubile, che vince anche la morte. E in questo amore, e in ogni altro amore, voi siete sicure, non solo di salvare voi stesse, ma di salvare tutti coloro che amate. Perché Dio non può separarvi: Lui, che santifica l'amore, non può separarvi da coloro ai quali l'amore vi unisce. Egli vi sposa nella fedeltà: la fedeltà di Dio! Vi sposa nella benevolenza e nella misericordia di un amore che dimentica tutto, che vi rinnova completamente fin nell'intimo, un amore che vi dà, ogni giorno, una nuova giovinezza.
Miei cari, questa è la differenza fra l'amore umano e l'amore divino: l'amore degli uomini vi trova quello che siete e vi lascia quello che siete; invece l'amore di Dio vi fa oggetto del suo amore. L'amore dell'uomo riconosce quello che l'altro è e non ha la capacità di rinnovare l'oggetto del suo amore, non ha la capacità di rendere sempre giovane e fresco colui che ama: ma l'amore di Dio può tutto questo e lo fa.
Ecco, quello che vorrei dirvi: amate il Signore; cercate Dio, e l'amore di Dio vi farà come Egli vi vuole. Gli uomini possono soltanto amare quello che hanno scelto e che è soggetto all'usura del tempo e della malattia, coi limiti di un carattere, di un temperamento, di tanti difetti. Dio non è così. Egli, che vi ama, vi trasforma secondo il suo amore, e se voi corrispondete all'amore divino, diverrete sempre più degne di questo stesso amore: e vi rinnoverà nella vostra giovinezza, vi farà sempre più partecipi della sua medesima gioia, vi farà simili a sé. Quello che l'amore umano non può fare, l'amore divino può farlo. E Lui che vince la morte, la fa vincere a voi perché Egli non la conosce, vi trasforma sempre più secondo l'immagine sua. Amate il Signore!
Mi sembra ci dica questo la prima Lettura ed è sufficiente. È sufficiente anche per celebrare, oggi, la consacrazione di due nuove sorelle nostre, chiamate ad ascoltare, in modo anche più profondo, la parola di Dio: "Ti condurrò nella solitudine, nel silenzio; là parlerò al tuo cuore". Voglio essere tutto per te e voglio che tu sia tutta per me: in questo scambio di amore tu vivi, già ora, una vita di gioia, di purezza, di pace.
Da oggi, non conoscerai più che l'amore, l'amore che si dona a tutti i fratelli. Che tu viva, in questo amore, un servizio umile e sereno e che gli altri riconoscano in te la presenza divina.
Prima meditazione
Il dono di Dio
Ricordate le parole che chiudevano la prima Lettura che abbiamo ascoltato stamani?
"Io ti sposerò nella giustizia e nel diritto, ti sposerò nella benevolenza e nell'amore, ti sposerò nella fedeltà e tu conoscerai il Signore". È una promessa. La prima cosa che dobbiamo, dunque, meditare è questa: Dio parla; ogni sua parola apre all'anima sempre nuovi orizzonti di bellezza e di luce. Quanto più Dio si dona, tanto più Egli promette.
Nella vita presente, il dono di Dio non è mai definitivo, ma è sempre un anticipo di quello che Egli darà, è sempre una promessa che apre ad una speranza sempre più grande, ad un desiderio più vivo. "Io parlerò al suo cuore". "Ti sposerò". Lo dice il Signore. L'anima e Dio non sono più che l'una per l'Altro in questo raccoglimento, in questa solitudine in cui l'amore li ha condotti. E sembrerebbe che nulla potesse esserci di più grande di quella intimità che si è stabilita fra Dio e l'anima, in questa comunione d'amore che già l'anima vive col suo Dio che l'ha scelta. Tuttavia l'incontro non fa che aprire l'anima a nuove prospettive d'amore, ad un nuovo cammino di luce e di bellezza.
Il cammino dell'uomo...
"Ti sposerò". È uno dei caratteri della vita spirituale. Non si vive la vita spirituale se non in un continuo crescere e dilatarsi dell'anima nella speranza e nella gioia. Le virtù teologali hanno un inizio, ma non hanno una fine. Perché? Perché hanno per oggetto Dio che è l'Infinito, che è l'Eterno. Ma non hanno fine anche nel loro crescere, non solo perché non terminano mai, ma perché crescono indefinitivamente senza mai trovare un termine ultimo, una meta. Tanto più vivi nella fede, tanto più la fede esige da te fermezza e ti dona luce; tanto più il Signore ti dona speranza, tanto più cresce nel tuo cuore questa certezza dei beni futuri, questo aprirsi dell'anima ad accogliere Dio.La speranza, che cos'è? È una virtù per la quale il tuo desiderio, il desiderio della natura è divinamente efficace perché si appoggia sulla parola di Dio e tu desideri Dio, e tu speri che Dio sia la tua felicità. Ora, il paradiso non è carità in quanto implica il possesso di Dio. E perché? Perché vi è un duplice amore: un amore di concupiscenza e un amore di benevolenza: l'amore di concupiscenza è l'amore cui risponde la speranza. Il possesso è la perfezione, è la tua beatitudine. L'amore, di per sé, non è negato alla beatitudine; l'amore è dono di sé.
...vivere di Dio Qual è l'amore puro? Vi ricordate quello che scrive Charles de Foucauld in uno dei suoi ritiri, quando era in Africa? "Signore, io mi trovo in una tale desolazione, in un tale vuoto e mi sembra che Tu neppure esista; però so che Tu sei beato; ed io sono beato perché Tu sei beato". Ecco l'amore. L'anima, in sé, non vive altro che desolazione ed aridità, però è beata perché il Signore è beato; non vive di sé, ma vive di Dio. Questo è l'amore di benevolenza, l'amore puro, senza riferimenti a sé, l'amore che non implica tanto il possesso, quanto il dono di sé. Però vi è anche l'amore di possesso ed io non posso farne a meno. Il paradiso è la mia beatitudine; il paradiso è il possesso di Dio e costituisce la speranza attuale. Non è l'amore, è la speranza attuale, è l'amore di concupiscenza. L'amore che è possesso, è beatitudine per te.
Così la fede: è un appoggiarsi a quello che Dio ci dice di sé: noi non vediamo coi nostri occhi, ma ci limitiamo a quello che Dio ci rivela di se stesso, o ci rivelerà domani. Domani vedremo Dio coi suoi medesimi occhi, cioè la fede ci porterà alla visione. E noi non potremmo nemmeno vivere la carità eterna, l'eternità dell'amore, se non vivessimo la visione beatifica: è dalla visione beatifica che deriva l'amore. Per questo, anche la fede ha un suo permanere eterno nel suo compimento, che è la visione.
Il termine ultimo delle virtù teologali
In un certo senso, le virtù teologali ancora sussistono, la fede e la speranza, cambiando, raggiungono la loro perfezione ultima che non è più fede ma visione, che non è più speranza, ma possesso. Nella speranza, tu ancora aspetti Dio: ma se vivi in paradiso, devi possedere non puoi aspettare. La vita eterna è l'esercizio perfetto delle virtù teologali nel loro conseguimento ultimo; però durante la vita presente esse non solo hanno modo di crescere senza limite, ma debbono crescere ogni giorno di più, se Dio vive in te. Perché quaggiù tu non puoi mai dire di possedere Dio: lo possiedi soltanto nella misura che tu lo cerchi.
E quello che diceva Pascal: "Non mi cercheresti, se tu non mi avessi trovato". E le parole di Pascal sul mistero di Gesù sono simili a quanto aveva detto già nel IV secolo san Gregorio di Nissa: "Si possiede Dio soltanto nella misura che lo si cerca quaggiù". Si possiede Dio nella misura di questo dinamismo interno che ci spinge ad una ricerca continua, perché tanto più lo possediamo quanto più ci rende desiderosi di possederlo e l'anima nostra è ardente di desiderio e di speranza nel protendersi verso Dio. Così, vivere per noi vuoi dire crescere sempre.
Ecco perché vi dicevo che non si invecchia mai nella vita spirituale: nella vita naturale si raggiunge un certo limite, poi si decade. Qui invece non c'è una decadenza, ma c'è sempre un salire, un ascendere. E, si noti bene, tanto più ascendiamo, tanto più facile è il salire.
Tu credevi che fosse il contrario? No. E così.
Verso la semplicità ...
Soltanto quando abbiamo poca virtù, il camminare nel rispondere a Dio costa fatica. Invece quanto più ci assimiliamo a Dio, tanto più diviene un volo tutta la vita, senza fatica. E quali distanze immense tu puoi percorrere in un solo atto d'amore, in un solo atto di speranza, quando tu sia santa! Questo lo si rileva particolarmente nei santi: all'inizio la loro conversione è faticosa, impegnata in tutti gli esercizi delle virtù morali, nella mortificazione, nell'obbedienza. Poi, la vita diviene sempre più semplice, sempre più pura, perché all'anima non costa più nulla il vivere soltanto di Dio anzi: Dio assume sempre più l'anima in un modo così pieno, così puro da far divenire tutto limpido, chiaro, sereno, pacifico, semplice anche nella preghiera. Tutta la nostra vita interiore ci dà come un senso di beatitudine, non solo di dolcezza, ma di pienezza, di forza spirituale. Tu vivi questo e resti senza parole. Tu hai il sentimento soltanto di questa presenza che ti riempie di sé, e in questo rimani. E poi vieni come strappata a te stessa: non vedi più che Lui. Tutta la nostra vita è Lui solo e ci dimentichiamo di noi stessi. E una vita sempre più piena di Lui, di Lui solo: non esiste più che il Signore. Qualunque cosa tu faccia, ovunque tu sia, c'è sempre Lui, il tuo Dio. La tua vita è tutta invasa, investita da questa presenza che, quanto più è reale, tanto più elimina quello che a questa presenza si oppone.
...per fare la volontà di Dio...
Si noti bene: "quello che a questa presenza di oppone", perché Dio si fa presente nel vostro dovere, si fa presente in quello che è la sua volontà. Per questo il Signore, entrando nella vostra vita, non può farvi dimenticare i vostri doveri: non sarebbe Dio. Non dovete illudervi in questo: la vita divina non ci separa mai da quello che è il nostro dovere, da quello che ci chiede il nostro stato, da quello che è la nostra situazione, perché lì è la sua volontà. E la volontà di Dio è Dio. Perciò la presenza divina implica, per voi, un adempimento più perfetto dei vostri doveri, il compimento ancora più pieno di quelle che sono le vostre incombenze, i vostri lavori di ogni giorno. Non vi è un urto, una tensione fra le due cose: Dio è la sua volontà.
Comunque, però, è Dio solo che riempie. Anche la presenza dei vostri cari, l'attuazione dei vostri doveri, altro non sono che il segno della presenza di Dio per voi. E in questa presenza voi vi dimenticate di voi stessi, sempre di più, e non vi rimane che Lui: "Ti sposerò".
Ritornerò, dunque, alle parole del profeta Osea. Si diceva che Dio vive in noi nella misura che cresce in noi la speranza, questo desiderio di Lui sempre più vivo. Proprio come dice san Pietro nella Prima Lettera: una "speranza viva" perché è nella speranza che noi viviamo quaggiù sulla terra. Di qui deriva che, invece di invecchiare, si ringiovanisce sempre. E vivendo che cresce in noi la speranza.
...nella continua novità dello Spirito Altra cosa è un desiderio che risponde ad una natura sensibile, che può essere soltanto nel giovane; altra cosa è questo desiderio, questa speranza di Dio che cresce sempre più nell'anima, anche quando il corpo decade. La speranza cresce perché non vai verso la morte; vai verso la vita; non vai verso la fine, vai verso l'amore; non vai verso il buio della tomba, vai verso la luce incommutabile di Dio. L'anima nostra si apre in un senso di sorpresa sempre nuovo. Non lo provate anche voi quando pregate? Un certo senso di stupore si rinnova sempre in noi nel contatto con Dio. Se lo abbiamo conosciuto una volta, la nostra vita spirituale diviene una continua sorpresa. Ed è proprio questa sorpresa che denota la giovinezza. Chi è capace di meraviglia e di stupore? Il bambino e il poeta. Chi vive la vita religiosa, vive in questo continuo stupore di essere amato, amato per nulla.
Ecco il crescere della speranza, ecco il crescere di questa sorpresa dell'anima nel sentirsi sempre nuova nel contatto di Dio. Nella misura che cresce in te la speranza, cresce il dono di Dio; ed Egli, l'Infinito, si dona totalmente e non si può dividere: scava in te abissi sempre più profondi perché tu possa sempre più riceverlo. E come può scavare in te questi abissi? Come può donarti questa capacità sempre nuova e sempre più grande, del possesso divino? Attraverso la speranza che cresce e che diviene la vera bellezza della vita presente.
Ecco perché, più che chiedere il possesso, chiedete la speranza che rende più grande la fame. Tanto mangi, tanto più ti viene fame; tanto più bevi, tanto più cresce la tua sete di ricevere il tuo Dio. Questo fa la speranza cristiana, questo fa il dono di Dio nella vita presente. Cresce in noi il desiderio di Dio nella misura che Egli si dona: tutta la vita non è che un dilatarsi dell'anima ad accogliere sempre più il dono dell'amore infinito.
E così la vita spirituale: un crescere continuo nel desiderio, nella speranza, nell'amore. Possiamo giudicare da questo se viviamo o non viviamo. Nella vita umana si può rimanere fermi, nella vita spirituale no: si vive soltanto nella misura che si cresce. È un indice preciso, perciò, per capire se viviamo veramente in Dio. Non è il crescere nelle pratiche di pietà, nell'aumentare le opere buone, nel prolungare le preghiere, nel moltiplicare i sacrifici: si tratta di crescere nell'amore, nel desiderio, nella volontà di donarsi a Dio, di accogliere Dio, senza più riposo. Questo dobbiamo vivere.
Solamente Dio è...
Come è meravigliosa la vita se cresce in noi continuamente questo desiderio e questa speranza di Dio! E che giovinezza fiorisce in questo crescere continuo delle nostre capacità di accogliere in noi il Signore! In questo cammino sono giovani soltanto quelli che da tanti anni camminano. Tanto più vanno avanti, tanto più l'anima, liberata da ogni vita parassitaria, liberata da tutto quello che nel giovane è motivo di dissipazione, si ferma in un solo amore e in questo soltanto si dilata e respira, nella luce di Dio, nel tendere a Lui solo. Quante sono le persone anziane che vivono soltanto di Dio, di semplicità, di amore, di pace! Non hanno più dispersioni, neanche, forse, nel lavoro; le compiono altri, e sono messe da parte per far posto ai giovani, anche se sono amate. Quale sarebbe la vita di queste anime se non avessero Dio? Sarebbe la desolazione, il vuoto, l'amarezza, la tristezza della vita che si spegne, la paura della morte. Invece, se un'anima è religiosa, aperta alla grazia divina, in una vita pura, semplice, serena, piena di Dio, è veramente il sacramento di una presenza divina.
Io credo siano queste le anime più grandi davanti al Signore, quelle che salvano la Chiesa. Non sono i cardinali che possono dare il voto al Papa ma se mai i cardinali che hanno 90 anni e che vivono nascosti in un pensionato, nel silenzio, messi fuori ormai da tutto. E questo può essere vero anche per noi. Ma allora Dio riempie tutta la vita. Queste anime non si preoccupano di quello che è umano, non posseggono nulla tranne il Signore.
...e sarà il contenuto della nostra vita
E proprio questo che chiede il Signore quando, chiamandoci alla sua intimità, ci dice questa parola che è, semplicemente, un futuro: "Ti sposerò". Tutta la vita è tesa verso il futuro, verso un futuro che trova poi il suo adempimento nella presenza pura dell'eternità. Questo futuro rimane per te aperto; è un futuro che è un invito, è una forza che ti porta sempre più verso Dio; nella fedeltà, nella benevolenza, nell'amore.
Che cosa possiamo dare a Dio? E Lui che è fedele, benevolo verso di noi; è Lui clic dimentica tutto il nostro passato e non ha per noi altro che amore; è Lui che si dona tutto a noi e riempie il nostro vuoto. E noi non abbiamo altro da offrirgli che una pura capacità, affinché Egli la riempia. Egli non può davvero ottenere nulla da noi; Egli non ci chiede nulla. Soltanto il nostro nulla è proporzionato al tutto di Dio. Ed è proprio nell'affondare nel proprio nulla che l'anima deve aprirsi ad una speranza vitale. Apriamoci tutti a questa promessa di gioia, e questa promessa di amore che il Signore ci fa.
Dobbiamo vivere questo.
Il profeta Osea ci dice: "Ti sposerò". Sul piano umano il rimandare le cose dà fastidio, ma sul piano divino il rimandare conviene ed è bello perché ti rende sempre più creditore di Dio. Egli ti deve dare ancora di più; tanto ti darà quanto più lunga sarà stata l'attesa, quanto più ansioso sarà stato il desiderio, quanto più vasta sarà stata la tua speranza nell'accogliere il suo dono. Quello che Egli ci dà, ce lo dà soltanto perché cresca in noi il desiderio e la speranza di riceverlo ancora. Viviamo in questo continuo processo di una speranza che cresce, di un desiderio che sempre più ci dilata per ricevere Dio.
"Ti sposerò". Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea.
Seconda meditazione
Essere con lo sposo...
Ricordate il Vangelo di stamani? Praticamente abbiamo fatto due meditazioni sulla Prima Lettura presa dal profeta Osea: il Signore guarda al suo popolo come lo sposo alla sposa: "Ecco, la attirerò a me, e la condurrò nel deserto, e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore."
Ma ho detto anche che il Vangelo di stamani ha un rapporto stretto con la Prima Lettura. Infatti il tema fondamentale delle due letture è l'alleanza dell'uomo con Dio, veduta come un'alleanza di nozze, come un mistero nuziale, e inoltre perché in queste nozze quello che l'anima vive è, prima, una grande speranza che dilata l'anima stessa, la certezza dell'amore divino, e poi, come si diceva durante la Messa, questa intimità col Signore che noi dobbiamo conservare gelosamente: un raccoglimento, un'attenzione, una disponibilità a Lui che ci ama, che dona alla nostra vita un'atmosfera di serenità, di pace e di gioia. In fondo, è proprio questa gioia l'argomento fondamentale del Vangelo.
Che cosa dice il Vangelo? Descrive i farisei che rimproverano Gesù perché i suoi discepoli non fanno i digiuni che la tradizione aveva stabilito: proprio i discepoli, che vivevano più vicini al Signore, non facevano i digiuni! E Gesù, rimprovera forse i discepoli? Oh. no! Che cosa Egli dice? "Non si digiuna fintanto che lo sposo è presente".
...come lo erano i discepoli...
E allora, se noi viviamo in questo raccoglimento, se noi viviamo in questa disponibilità onde ci apriamo ad accogliere continuamente Dio che ci ama: siamo davvero con i discepoli. Non solo san Marco ci conferma questo, ma anche san Giovanni nel Quarto Vangelo: alle Nozze di Cana quelli che non sono discepoli di Gesù si scandalizzano. Come è possibile pensare ad un Messia, ad un salvatore il quale, invece di far sì che queste anime religiose abbiano il viso lungo tre palmi, nella penitenza e nel digiuno, abbiano ad avviarsi alle nozze con tanta gioia? Abbiano a bere il vino buono alla fine del banchetto, il vino preparato proprio da Gesù? Lo scandalo è davvero grande!
Gesù vuole le gioia. L'Evangelista san Giovanni ci vuole persuadere di questo, perché questa è l'intenzione del Signore: portare la gioia.
Il Nuovo Testamento si differenzia dal Vecchio Testamento e lo mostra sempre di più nel corso dello svolgimento dei fatti. Lo vediamo già nell'intimità che i discepoli hanno col Maestro. col Figlio di Dio. Dio, finalmente, si è unito a noi per sempre. E non sarà mai infedele. Se Egli si è donato, se Egli ci ha scelti, se è venuto a noi e noi ci siamo consacrati a Lui, non possiamo avere più alcun timore. Egli rimane con noi ed è la nostra gioia, la nostra vita.
...nella gioia...
Uno dei doveri fondamentali del cristiano è quello di essere, sempre, nella gioia. Ricordate quello che diceva san Francesco d'Assisi e che ripeteva san Francesco di Sales: "Un santo triste è un triste santo". La santità è sempre unita a questa esperienza di una presenza divina la quale colma la vita, la illumina, la fa sicura. Che cosa volete di più di quello che Dio vi dona, se Dio è con voi? C'è qualche cosa che voi possiate desiderare e che non vi abbia già dato? Che cosa, dunque, s'impone per l'anima?
Certo, la nostra gioia, e lo dice il Vangelo di oggi, nasce dal fatto che lo Sposo è con noi. Questo dovete tenerlo presente. E non si digiuna fintanto che lo Sposo è con noi. Una volta che noi ci siamo consacrati a Lui, la nostra vita non può conoscere che la gioia, una gioia sempre più pura, sempre più grande, perché, non solo la vita non ci allontana da Lui, ma la vita è tutto un cammino che deve portare sempre più ad essere uniti al Signore. Al contrario di separarci da Dio, via via che viviamo, andiamo incontro alla festa ultima dell'amore, della comunione perfetta, della vita del cielo. Allora, non soltanto non diminuisce la gioia col passare degli anni, ma cresce perché sempre più imminente diviene il trionfo di questa comunione d'amore che è la vita del cielo. Di qui ne deriva che il cristiano non solo conosce la gioia, ma la vede crescere giorno per giorno perché non vi è mai nessun motivo per perderla, o anche solo vederla diminuire. Il cammino è un cammino di speranza che cresce; la speranza è in ordine al dono che Dio ci fa e in questo dono, l'anima sperimenta la presenza di Dio: e vibra, e sussulta, si apre, si dilata nell'amore.
...per donarla al mondo
Noi dobbiamo vivere questo. Sapete perché il cristianesimo, fin dalle origini, ha travolto tutte le difficoltà, e le difficoltà c'erano in un clima di persecuzioni, in un mondo pagano ancor più corrotto di quello di oggi; ed ha convertito il mondo in breve tempo? È stato come una marea che è avanzata ed ha inondato tutta la terra, sommergendo ogni cosa: la potenza di Roma, gli eserciti, il potere politico; nulla poteva arrestare l'avanzata cristiana, neppure la sapienza dei Greci. Quale era la forza che travolgeva e conquistava? I miracoli sono un nulla in confronto di quello che è stata la vittoria dei primi cristiani. Usavano forse le armi? Pietro aveva una spada, ma il Signore gli disse subito: "Mettila nel fodero". Che cosa avevano allora? Forse la cultura? No, era povera gente. Che cosa? Nulla! Nulla sul piano umano; non parlo delle virtù soprannaturali. Ma avevano la gioia.
Il mondo è assetato di gioia; il mondo vuole la gioia. E i cristiani l'avevano anche in mezzo alle persecuzioni. Uno dei testi fondamentali e più sicuri degli "Atti dei martiri", che risale al 150 circa, narra la morte di san Carpo. Di che cosa si parla in questi "Atti"? Si dice che i cristiani venivano bruciati vivi, a fuoco lento; eppure erano pieni di gioia anche morendo. È un miracolo tale questa gioia, pur nel tormento, nella privazione di tutto, nell'essere privati di ogni diritto, che ci fa pensare tristemente al cristianesimo di oggi che non riesce neppure a conquistare i nostri figliuoli. Siamo un po' troppo nervosi, abbiamo sempre un volto triste; c'è sempre nebbia in noi, anche se fuori c'è il sole, una nebbia interiore che rende opaca l'anima. Ma come è possibile tutto questo, se Dio è con noi? Come è possibile se Dio ci ama? Come è possibile se a Dio crediamo realmente e ci abbandoniamo a questo amore? Anche se fossimo in fin di vita, non dovremmo che cantare, come san Francesco. Gli disse Frate Elia: "Padre, mi permetto farle un appunto: lei canta sempre, ma la gente che ascolta ne riceve scandalo, perché sa che lei è per morire: quando si va verso la morte, ci aspetta il giudizio di Dio!". "Ma lasciami cantare in pace e vattene" gli rispose il Santo, "come posso non cantare se vado incontro al mio Signore?".
Siamo già in paradiso:
Quanto più abbiamo motivo di lamentarci, tanto più deve crescere in noi la gioia, perché possediamo una vera ricchezza, perché viviamo una vita che il mondo e le cose non possono compromettere. Dio è fedele, Dio è tutto per noi, Dio ci ama. Sì, il paradiso è tutto nostro; l'infinito è tutto nostro. Che volete che sia per noi la vita che il mondo ci può offrire, l'amore degli uomini? Anche se tutto ci mancasse, noi tutto possediamo se Dio è nostro. E Dio è nostro; è tutto per noi. Ricordate la preghiera di san Giovanni della Croce? "Miei sono i cieli, mia è la terra, mia la Madre di Dio, miei gli angeli ed i santi, perché Gesù è tutto mio, è tutto per me". Nel ricevere il Signore non riceviamo già il paradiso? Nel possesso di Dio, non possediamo già un bene immenso, infinito, eterno? Ecco la gioia cristiana. La sicurezza, la certezza, l'esperienza di questa presenza di Dio ci riempie e trabocca su tutto l'universo.
Possediamo il Signore! Dio è con noi! Lo Sposo è con noi, quindi non possiamo digiunare. Nella presenza dello Sposo, tutta la vita è una festa. Non ci sono giorni di lavoro; tutto è feria. Tutto è una festa che continua sempre. Dobbiamo vivere questa gioia tranquilla che ci riempie, ci lievita dentro, ci solleva a Dio e trabocca su quelli che ci sono vicini. Questo è il nostro messaggio.
Si dice che dobbiamo rendere una testimonianza, ma quale testimonianza potremmo rendere a Dio, se non avessimo la gioia? Dio non è forse la vita? Non è forse la beatitudine dei santi stessi? Fintanto che diamo testimonianza con la nostra tristezza, non diamo una testimonianza di Dio. Anche se diamo una testimonianza con le nostre virtù, col nostro impegno, non è ancora una testimonianza di Dio. Dio si fa presente nel cuore dell'uomo principalmente nella sua gioia.
viviamo come i santi...
I santi sono coloro che vivono nella beatitudine stessa.
Io vi chiedo questo: siate dei testimoni della gioia divina, prima nella nostra famiglia in modo che, anche coloro che voi amate e vi sono più vicini imparino da voi quanto dolce e soave sia il conoscere Dio, il vivere con Lui, e quale sia la via per giungere alla vera felicità, quale il cammino che porta alla pace ed alla gioia. Tutti gli uomini cercano la pace e la gioia. Se noi fossimo veramente testimoni della presenza divina, noi saremmo come un faro che illumina tutto, come un centro cui converge ogni anima. Voi lo vedete; basta che sorga un santo ed è un richiamo per tutti. Pensate a quello che è stato padre Pio, a quello che è stato il Santo Curato d'Ars nel secolo passato, a quello che ora è Madre Speranza: gli uomini si accorgono di una presenza divina! Gli uomini convergono a questa gioia ed hanno bisogno di questa pace che vive nel cuore dei santi.
Che meraviglia, se voi vivete con gioia nella presenza di Dio che rende colma la vostra vita interiore, pacifica tutte le vostre potenze, dona una dolcezza indicibile al vostro cuore! Tutta la vostra vita può divenire una testimonianza della presenza divina. Ecco quello che la Comunità vi chiede e vuole da voi; quello che soprattutto gli uomini pretendono da voi.
La carità, come la santità, ha un duplice volto: guarda a Dio e guarda ai fratelli. La vostra vita diviene un dono di amore, da vivere in umiltà, in fedeltà verso il Signore e in dedizione verso i fratelli, i vostri familiari, tanto che, per essi, il vostro volto sia testimonianza del paradiso di Dio che è nel vostro cuore. Ricordate quello che dice santa Elisabetta della Trinità: "Il paradiso è qui, nel vostro cuore". Noi siamo quindi, per gli uomini, il segno del sacramento del Padre. Gli uomini debbono vedere nel nostro sguardo il Signore, la presenza di un mistero, la bellezza spirituale che incanta, che attira, che crea un'atmosfera di stupore e di attenzione che rende l'anima disponibile a Dio.
...per essere rivelatori del Padre!
I santi, non soltanto posseggono il Signore, ma lo donano nella misura che inducono l'anima a questo religioso stupore, a questa attenzione al mistero presente che fa sentire la realtà di un altro mondo ben più vasto e luminoso e vivo, senza più preoccupazioni, dolori, affanni. Liberati improvvisamente da tutto, si trovano nella presenza di Dio. Ecco la testimonianza che il Signore chiede anche a voi, ecco la bellezza che vi offre: è come un fiore che si apre alla luce. Voi dovete averla questa bellezza spirituale che cresce aprendo il cuore a Dio ed accogliendolo: così Egli vive nella vostra vita. Oh, allora, nella presenza di Dio, il vostro sguardo si illumina, il vostro sorriso ha qualcosa di celeste. Tutto il vostro cammino, il vostro vivere diviene segno di un'altra presenza, di un mondo divino. Questo voi dovete essere.
Con tale pensiero, ritorniamo alla meditazione di stamani: una vita di continua speranza che ci ringiovanisce ogni giorno di più e finisce col trasformarci in Colui che amiamo. L'amore è così: o ci trova simili o ci rende simili. Noi dobbiamo diventare sorgente di pace anche per gli altri, di dolcezza e di amore. Lasciate che il Signore abbia ogni dominio su di voi. Non mettete riserve al suo amore.
"Possiedimi, o Dio, nel tuo amore, nella tua gloria, nella tua volontà, così perfettamente come possiedi te stesso". Se così pregherete e così diverrete, sarete davvero sacramento di Dio.
U.S.F.P.V.