Oración , Preghiera , Priére , Prayer , Gebet , Oratio, Oração de Jesus

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CATECISMO DA IGREJA CATÓLICA:
2666. Mas o nome que tudo encerra é o que o Filho de Deus recebe na sua encarnação: JESUS. O nome divino é indizível para lábios humanos mas, ao assumir a nossa humanidade, o Verbo de Deus comunica-no-lo e nós podemos invocá-lo: «Jesus», « YHWH salva» . O nome de Jesus contém tudo: Deus e o homem e toda a economia da criação e da salvação. Rezar «Jesus» é invocá-Lo, chamá-Lo a nós. O seu nome é o único que contém a presença que significa. Jesus é o Ressuscitado, e todo aquele que invocar o seu nome, acolhe o Filho de Deus que o amou e por ele Se entregou.
2667. Esta invocação de fé tão simples foi desenvolvida na tradição da oração sob as mais variadas formas, tanto no Oriente como no Ocidente. A formulação mais habitual, transmitida pelos espirituais do Sinai, da Síria e de Athos, é a invocação: «Jesus, Cristo, Filho de Deus, Senhor, tende piedade de nós, pecadores!». Ela conjuga o hino cristológico de Fl 2, 6-11 com a invocação do publicano e dos mendigos da luz (14). Por ela, o coração sintoniza com a miséria dos homens e com a misericórdia do seu Salvador.
2668. A invocação do santo Nome de Jesus é o caminho mais simples da oração contínua. Muitas vezes repetida por um coração humildemente atento, não se dispersa num «mar de palavras», mas «guarda a Palavra e produz fruto pela constância». E é possível «em todo o tempo», porque não constitui uma ocupação a par de outra, mas é a ocupação única, a de amar a Deus, que anima e transfigura toda a acção em Cristo Jesus.

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segunda-feira, 10 de janeiro de 2011

S.Silvano del Monte Athos: Alcuni disperano perché pensano che il Signore non perdonerà i loro peccati. Tali pensieri vengono dal Nemico. Il Signore è talmente misericordioso che noi non riusciamo neppure a concepire ciò pienamente. L'anima che è stata colmata, nello Spirito santo, dall'amore di Dio, conosce quanto il Signore ami l'uomo. Ma quando perde questo amore, allora è angosciata ed abbattuta; e la mente non si fissa su nient'altro, ma cerca solo Dio.Dallo Spirito santo procede l'amore, e senza questo amore nessuno può conoscere Dio « come si conviene ». Per l'azione dello Spirito santo noi conosciamo l’amore divino riversato sui servi del Signore, affinchè preghiamo per il mondo intero.Io sono un uomo miserabile e inutile, eppure il Signore mi ama tanto. Egli che è l'amore ama egualmente tutti, e nella Sua misericordia li chiama tutti a sè: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi darò riposo”.Questo riposo l'anima umile lo riceve nello Spirito santo, con il pentimento.


Silvano del Monte Athos
Racconti di esperienze vissute
e di alcuni incontri e conversazioni con asceti



Cosa incomprensi­bile: il Signore si è manifestato a me e mi ha ferito il cuore con il Suo amore, ma poi si è nascosto, ed ora l'anima mia sospira per Lui giorno e notte.
 
L'anima mia ha gustato que­sta bontà del Signore, e il mio spirito si slancia verso Dio insazia­bilmente giorno e notte. Comincio a scrivere sull'amore di Dio e non sono mai sazio, poiché l'anima mia è prigioniera del ricordo di Dio Onnipotente.
 
E compresi che bisogna cercare la volontà di Dio e vivere come vuole il Signore, e non inventarsi da sé delle imprese ascetiche.
 
E’ difficile vivere senza un padre spirituale.

Noi ora siamo gli ultimi monaci. Ma anche ai giorni nostri ci sono degli asceti, e non sono pochi, che il Signore ha
nascosto alla nostra vista, non compiono infatti miracoli visibili; ma nella loro anima ogni giorno avvengono dei grandi
prodigi, non visti dagli uomini.

E quando l'anima mia cominciò ad odiare i peccati, lo Spirito santo mi insegnò la pre­ghiera incessante e l'amore. Ogni notte versavo lacrime pregando per il popolo di Dio, soprattutto per i morti.
 
« Oh Signore, dammi le lacrime, perché l’anima mia giorno e notte pianga per amore del mio fratello».
 
Lo spirito di Dio insegna all'anima ad amare tutto ciò che vive a tal punto che essa non vorrebbe fare del male neppure a una foglia verde che si trova su di un albero, e non vorrebbe neppure calpestare un fiore nel campo.
 
Appena egli tocca la nostra anima e il nostro corpo, ecco che in noi tutto cambia, e una grande gioia nasce nella nostra anima poiché ha conosciuto il suo Creatore e la sua inconcepi­bile misericordia.

Fin dalla mia infanzia l'anima mia amava domandarsi come il Signore venne innalzato al cielo sulle nuvole, e come la Madre di Dio e i Santi Apostoli videro questa ascensione. Ma quando persi la grazia di Dio (durante la giovinezza), l'anima mia si ina­sprì e si lascio incantare dal peccato, e solo raramente pensavo all'ascensione del Signore. In seguito, però, riconobbi il mio peccato e soffrii molto, perché avevo offeso il Signore ed avevo perso la fiducia di Dio e della Madre di Dio. Sentii un profondo disgu­sto per il peccato e decisi di entrare in Monastero, per implorare Dio perché mi perdonasse e per supplicare Dio in modo da otte­nere il perdono della moltitudine dei miei peccati.
Subito dopo aver terminato il servizio militare, entrai in Mo­nastero, e poco tempo dopo mi assalirono pensieri carnali che mi spingevano a tornare nel mondo ed a sposarmi; ma con riso­lutezza io mi dicevo:. « Morirò qui per i miei peccati ». E comin­ciai a pregare intensamente, perché il Signore misericordioso perdonasse la moltitudine dei miei peccati.
Una volta fui assalito dallo spirito della disperazione; sem­brava che Dio mi avesse definitivamente respinto e che non ci fosse più, per me, salvezza; e nell'anima mia percepivo con chia­rezza che mi trovavo vicino all'eterna perdizione; e che Dio era nei miei confronti spietato ed inesorabile. Rimasi in preda a questo spirito per un'ora ed anche più.
Questo spirito è talmente spaventoso e torturante che il ricordo è terribile. E’ impossibile all'anima sopportarlo a lungo. In momenti simili è possibile perdersi per l'eternità. Il Signore clemente permise allo spirito della malvagità infernale di far guerra all'anima mia.
Passò un po' di tempo; andai alla chiesa per i vespri, e fissan­do l'icona del Salvatore esclamai: « Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me peccatore ». E a quelle parole vidi, al posto dell'im­magine, il Signore vivente, e la grazia dello Spirito santo mi riempì l'anima e tutto il corpo. E in tal modo conobbi, nello Spirito santo, che Gesù Cristo è Dio: questa grazia divina fece nascere in me il desiderio di soffrire per Cristo.
Da quel momento l'anima mia aspira al Signore, e null'altro più mi rallegra sulla terra, ma la mia sola gioia è Dio. Egli è la mia letizia, Egli è la mia forza, Egli è la mia speranza, Egli è la mia ricchezza.
Oh Dio, illuminaci con il Tuo Spirito santo, perché tutti noi giungiamo alla comprensione del Tuo amore.
Con la parabola del ladrone e del figlio prodigo il Signore ci ha dimostrato con quanto amore Egli vada incontro al peccatore pentito. E’ detto che da lontano il padre lo vide e ne ebbe com­passione, e correndo si gettò al collo del figlio, lo baciò, e non lo rimproverò per nulla, ma fece uccidere il vitello grasso e ordinò che tutti facessero festa. Questa è la grandezza della misericordia e dell'amore di Dio. Ma l'uomo peccatore crede che il Signore sia spietato, poiché nell'anima sua non c'è la grazia.
Un monaco novizio del monastero di san Panteleimon aveva l'abitudine di pregare incessantemente perché il Signore gli per­donasse i suoi peccati. E cominciò a meditare sul Regno dei cieli e si domandava: « Se io supplicherò con fervore Dio di perdo­narmi i miei peccati, verrò forse salvato; ma se in Paradiso non vedrò i miei genitori, allora mi affliggerò per loro, poiché li amo. Quale gioia dunque avrò in Paradiso, se io mi rattristerò per i miei cari, che magari si troveranno all'inferno? »
Questo novizio peccatore pensava così del Regno dei cieli: « Come sulla terra, se non sono presenti i genitori o i parenti, la festa non è gioiosa, così anche in Paradiso, se non vedrò i miei amati genitori, mi troverò nell'afflizione ». Così meditò per circa sei mesi. Ed ecco, un giorno, all'ora dei vespri, questo novizio guardò l'icona del Salvatore e pronunciò la preghiera: « Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me peccatore », e vide che l’icona diventava il Salvatore vivente, e l'anima e il corpo del novizio furono riempiti di dolcezza ineffabile, nello Spirito santo, conobbe il Signore nostro Gesù Cristo; e da quel momento comprese che il Signore è pietoso e di indicibile bontà e che quando l'anima è ricca d'amore divino non può pensare a  nulla; e da quel momento l'anima sua arde nel fuoco dell’amore per il Signore.
Gloria alla misericordia Tua, o Signore! Tu concedi all’anima di conoscere quanto Tu ami la Tua creatura, e l'anima ha     conosciuto il suo Maestro e Creatore.
Il Signore ha donato all'anima una sufficiente conoscenza Lui, e l'anima che brucia d'amore per il suo Creatore prova una grande gioia. « Misericordioso è il Signore nostro ».
Giunti a questo stato ogni pensiero sparisce, e l'anima, immersa in Dio, dimentica la terra ed ama solo il Signore e in nessun'altra cosa trova riposo se non nel suo Creatore, e a volte versando calde lacrime geme: « Perché ho offeso Dio, che è così misericor­dioso? »
Il Signore ha chiamato un'anima peccatrice a pentirsi ed essa è ritornata al Signore, il quale nella sua clemenza l'ha accolta e si è manifestato ad essa.
E l'anima di quell'uomo ha conosciuto Dio, il Dio clemente e pietoso e soavissimo, l'ha amato fino alla fine e lo desidera insa­ziabilmente con la pienezza di un ardente amore, e non può sepa­rarsi da Lui né di giorno né di notte, neppure per un solo istante.
E quando la grazia viene meno, allora non so a cosa paragonare il dolore dell'anima. Oh quale invocazione rivolgo a Dio perché faccia tornare in lei quella grazia di cui ha gustato la dolcezza!
E’ per me straordinario che il Signore non abbia dimenticato me, la Sua creatura caduta. Alcuni disperano perché pensano che il Signore non perdonerà i loro peccati. Tali pensieri vengono dal Nemico.
Il Signore è talmente misericordioso che noi non riusciamo neppure a concepire ciò pienamente. L'anima che è stata colmata, nello Spirito santo, dall'amore di Dio, conosce quanto il Signore ami l'uomo. Ma quando perde questo amore, allora è angosciata ed abbattuta; e la mente non si fissa su nient'altro, ma cerca solo Dio.
Un diacono mi raccontava: « Mi è apparso Satana in aspetto di angelo della luce e mi ha detto in modo lusinghevole: Amo gli ambiziosi, ed essi mi apparterranno. Tu sei ambizioso, ed io ti prenderò con me. Ma io risposi: 'Io sono peggiore di tutti...'.  E Satana sparì ».
Anch'io ho provato qualcosa di simile, quando mi apparvero i demoni. Ebbi un pò paura, ma dissi: « Signore, Tu vedi che i demoni non mi lasciano pregare. Dimmi che cosa devo fare, per­ché i demoni se ne vadano lontano da me ». E il Signore disse all'anima mia: « Le anime orgogliose sono sempre tormentate dai demoni ». E allora dissi: « Signore, illuminami: quali devono essere i miei pensieri, perché l'anima mia si umili? » E ricevetti nell'anima la risposta:

« Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare ».

Da allora cominciai a fare così, e l'anima mia ha trovato pace in Dio.
L'anima mia impara l'umiltà dal Signore. Cosa incomprensi­bile: il Signore si è manifestato a me e mi ha ferito il cuore con il Suo amore, ma poi si è nascosto, ed ora l'anima mia sospira per Lui giorno e notte. Egli, Pastore buono e misericordioso, è ve­nuto a cercare me, la sua pecora ferita dai lupi, e mi ha guarito.
L'anima mia conosce la misericordia del Signore verso l'uomo peccatore; e io scrivo la verità davanti al Volto di Dio: tutti noi, peccatori, saremo salvati e neppure un'anima si perderà, se essa si converte. Ma è impossibile descrivere, con qualsiasi nostra parola, la bontà del Signore.
Rivolgi l'anima tua verso il Signore e dì: « Signore, perdonami », e non pensare che il Signore non ti perdonerà. La Sua mise­ricordia non può non perdonare, ma subito perdona e santifica. Questo è ciò che lo Spirito santo insegna nella nostra Chiesa.
Il Signore è amore. « Gustate e vedete come è buono il Si­gnore », dice la Scrittura (Sal 33, 9). L'anima mia ha gustato que­sta bontà del Signore, e il mio spirito si slancia verso Dio insazia­bilmente giorno e notte. Comincio a scrivere sull'amore di Dio e non sono mai sazio, poiché l'anima mia è prigioniera del ricordo di Dio Onnipotente.
Dallo Spirito santo procede l'amore, e senza questo amore nessuno può conoscere Dio « come si conviene ». Per l'azione dello Spirito santo noi conosciamo l’amore divino riversato sui servi del Signore, affinchè preghiamo per il mondo intero.
   Anch'io non conoscerei questo, se non mi avesse istruito la stessa grazia. Ma non pensate che io mi trovi in stato di grande grazia o nell'illusione spirituale. No! io ho soltanto conosciuto la pienezza della grazia, ma vivo peggio dell'ultimo ignorante. Sono monaco professo, ma indegno di questo titolo. Ho soltanto il desiderio di essere salvato, ma non l'ascesi. Tuttavia, il Signore mi ha concesso di gustare la grazia dello Spirito santo, la quale dà all'anima la conoscenza della via di Dio che conduce al Regno dei cieli.
   Sono afflitto perché vivo con negligenza, ma purtroppo non posso far meglio. So di essere poco intelligente, privo di cultura, povero e peccatore, ma ecco, il Signore aiuta anche simili persone, e per questo l'anima mia si protende con tutte le forze a lavorare per Lui.
   Oh, qual’è mai la misericordia di Dio! Io sono un uomo miserabile e inutile, eppure il Signore mi ama tanto. Egli che è l'amore ama egualmente tutti, e nella Sua misericordia li chiama tutti a sè: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi darò riposo”. (Mt 11, 28).
   Questo riposo l'anima umile lo riceve nello Spirito santo, con il pentimento.
   Noi ora siamo gli ultimi monaci. Ma anche ai giorni nostri ci sono degli asceti, e non sono pochi, che il Signore ha nascosto alla nostra vista, non compiono infatti miracoli visibili; ma nella loro anima ogni giorno avvengono dei grandi prodigi, non visti dagli uomini. Ed ecco ad esempio un miracolo: quando l'anima è incline all'orgoglio cade nell'oscurità e nella tristezza; ma quan­do si umilia allora giungono la gioia, la compunzione e la pace.
    Colui che ha in sé la grazia viene lodato dai nemici, e quando quest'anima si lascia sedurre da queste lodi perde subito la grazia. L'anima sente che la grazia la sta abbandonando, ma in principio non comprende che ciò deriva dall'orgoglio; e solo dopo una lunga lotta essa impara ad essere umile.
Quando la grazia mi abbandona, l'anima mia si affligge molto ed io dico: « Per la mia disobbedienza ho perso il Signore. Oh, quando l'anima mia si sazierà di nuovo dell'amore di Dio? Quand­o esulterò nel Signore? Quando il mio cuore gioirà ancora e sarà colmato dalla sapienza di Dio, cosicché egli mi ami come amò il profeta Davide per la sua mitezza, o Mosè perché fu fedele e giusto nella casa del Signore? » (cfr. Eb 3, 3).
Il Signore ci ama infinitamente. Questo risulta chiaro dalla Sacra Scrittura e dall'esperienza personale. L'anima mia pecca giorno e notte col pensiero, ma appena dico: « Perdonami, Si­gnore, perché io sono assai debole, e donami la pace che Tu dai ai Tuoi servi », allora subito l'anima mia trova pace.
Il Signore dice: « Beati gli operatori di pace ». Ed io ho pensa­to: « Passerò una parte del mio tempo a pregare in silenzio, e una parte a pacificare gli uomini ». E presi una cella vicino a un fratel­lo, monaco di carattere iracondo, e cominciai a parlare con lui, e mi sforzavo di persuaderlo a vivere in pace con gli altri e a perdonare a tutti. Egli mi sopportò per poco, ma poi si scagliò così violentemente contro di me che io lasciai anche la mia cella e a stento potei sfuggirgli; e piangevo molto davanti a Dio per­ché non vi era stata pacificazione. E compresi che bisogna cercare la volontà di Dio e vivere come vuole il Signore, e non inventarsi da sé delle imprese ascetiche. E spesso ho sbagliato in questo senso. Leggo, e mi sembra che sia bene agire così, ma l'azione ha un effetto contrario.
E’ difficile vivere senza un padre spirituale. L'anima ancora inesperta non distingue la volontà di Dio, e subisce molte tribo­lazioni prima di imparare l'umiltà.
Quando ero un giovane novizio, dissi al mio padre spirituale che avevo accolto un pensiero impuro. E il confessore mi rispose: « Non accettarlo mai più ». E da allora sono passati quarantacinque anni: neanche una volta io ho accolto un pensiero carnale, e neppure una volta mi sono adirato con qualcuno, perché l'ani­ma mia ricorda l'amore del Signore e la dolcezza dello Spirito santo, ed io a causa di questo ricordo dimentico le offese.
Circa quindici anni fa, l'igumeno (l'archimandrita Misael) chiese a padre S. di andare a lavorare sulla barca a vela del Monastero, ma questi si rifiutò e disse: « Non ci vado ». Allora l'igumeno gli domandò: « E dove vuoi andare? » Il padre rispose: « Nel bosco a tagliare legna ». E quando vi andò, poco dopo, gli cadde addosso un albero, e per molto tempo rimase e faceva penitenza per la sua disobbedienza.
Così anch'io per un certo periodo di tempo ottenni che mi fosse dato un incarico conforme alla mia volontà. Ero economo e volevo vivere nel silenzio (da « esicasta ») al Vecchio Rossikon. Lì si faceva un digiuno perpetuo; per tutta la settimana i Padri mangiavano senza olio, tranne il sabato e la domenica, e, a causa del digiuno, pochissimi andavano da loro. Allora era « Arconitaris » (incaricato dell'ospitalità) il padre Serapione, il quale mangiava solo pane ed acqua; più tardi prese il suo posto il padre Onesiforo. Questi attirava a sé molti uomini per la sua mitezza, la sua povertà e il dono della parola. Era così mite ed umile che anche senza parlare, solo con la sua presenza, faceva del bene alla gente. Io restai con lui abbastanza a lungo, godendo della sua compagnia e del suo carattere sereno. Lo Staretz Sabino per sette anni non dormì nel letto. Lo Staretz Dositeo era sotto ogni aspet­to un monaco esemplare. Lo Staretz Anatolio aveva il dono del pentimento. Egli mi disse: « Per molto tempo, non riuscii a ca­pire come opera la grazia, ma ora lo so ». Ricevette la grazia all'ora del pasto, in refettorio.
Là viveva anche l'esicasta Israel. Egli ebbe una visione della Madre di Dio. Era molto vecchio, e quando ancora viveva in Russia andò a trovare san Serafino di Sarov e lo vide ancora vivo. Lo Staretz Israel stava in una capanna che poi divenne l'abita­zione del giardiniere. Li cresceva molta erba, che noi tagliavamo. Una volta andai da lui. Era seduto su uno sgabello sotto un grande leccio. Era alto, molto magro, e teneva fra le mani un rosario. Io ero un giovane monaco; mi avvicinai a lui, mi inchi­nai con profondo rispetto, e dissi: « Benedicimi, Padre ». Ed egli mi rispose col dolcezza: « Dio ti benedica, figlio di Cristo». E dissi ancora: « Padre, voi siete qui solo e potete facilmen­te dedicarvi alla preghiera spirituale ». Ed egli rispose: « Non esiste una preghiera non spirituale; siamo noi che non siamo spirituali ». Io mi vergognai e non osai chiedergli di più, ma non avevo compreso il senso di tali parole. Dopo, però, compresi che solo noi siamo senza spirito, perché non sappiamo vivere e servire il Signore come conviene.
Oltre allo Staretz Israel, nel Monastero ce n'erano altri due i quali avevano conosciuto san Serafino: lo Staretz Sabino e lo Staretz Serafino, e tutti e due erano della provincia di Tabov.
Da questi asceti dunque io volevo andare e vivere con loro. Lo chiedevo insistentemente all'igumeno e lo ottenni, lasciando il mio incarico di economo. Ma al Signore non piacque questo, e dopo un anno e mezzo mi richiamarono al mio vecchio compito, perché avevo esperienza di costruzioni. Tuttavia il Signore mi punì per essermi intestardito a fare la mia volontà; e al Vecchio Rossikon io presi in modo serio un colpo di freddo alla testa, e da allora soffro continuamente di mal di testa.
Così, bisogna sempre riconoscere la volontà di Dio mediante l'igumeno, e non chiedere, con insistenza, nulla per se stessi.
L'amore di Dio ci dà le forze per restare in preghiera tutta la notte; ma io ero incapace a causa del mal di testa ed ero costretto a riposarmi. Mi è successo questo perché insistevo nel mio desi­derio di ritirarmi nella pace dell'eremo, lasciando il lavoro di economo. Mentre il Signore voleva che io fossi per tutta la mia vita economo nel Monastero.
Due volte mi nominarono incaricato delle costruzioni, ma io rifiutai, e per questo fui punito. Poi compresi che ciascuno è necessario al suo posto, e che tutti sono salvati indipendente­mente dal loro grado e dal loro incarico.
Quando l'assemblea degli Anziani del Monastero mi nominò economo, al posto di padre Severino, io andai nella mia cella e cominciai a pregare dicendo: « Signore, Tu mi hai affidato la cura del nostro grande convento. Aiutami a svolgere bene que­sto incarico ». E ricevetti nell'anima la risposta: « Ricordati della grazia dello Spirito santo, e sforzati di acquistarla ».
L'anima mia è addolorata. Per la mia malattia non posso ser­vire il Signore. Il mal di testa mi tormenta, e quella grazia che vince la malattia non è in me. Quando la grazia riempie il nostro cuore, allora desideriamo soffrire. I martiri avevano una gran­de grazia, e il loro corpo si rallegrava insieme all'anima, quan­do li torturavano a causa del loro amato Signore. Chi ha provato questa grazia lo sa; ma noi dobbiamo sopportare le malattie.
La malattia e la povertà rendono umile l'uomo fino alla fine. Andai, un giorno, a trovare il padre S. che era malato, e gli dissi: « Come va? » E lui, tormentato dalla malattia, invece di rispondere, gettò a terra il suo berretto. Allora gli dissi: « Dio per la tua malattia » altrimenti farai una brutta morte. Ma ora farai la professione monastica e ti giungerà la grazia che ti  consolerà delle tue sofferenze ».
Quando egli fece la professione, il giorno seguente, io andai per congratularmi con lui e gli domandai: « Come stai? » Ed egli con gioia mi rispose: « Come nel santo battesimo, il Signore mi ha dato la sua grazia gratuitamente ».
E sopportava più facilmente la sua malattia e mori in profondi pace, perché la dolcezza dello Spirito santo supera ogni piacere del mondo.
Il Signore dà ai peccatori la grazia dello Spirito santo, e per questo la nostra fede è incrollabile. E in che modo potremmo ringraziare il Signore per il Suo amore così grande, che noi sen­tiamo ogni giorno in ogni istante?
Ho domandato ad un giovane monaco professo se non avesse perso la grazia che aveva ricevuto con la professione. Aveva fatto professione dodici giorni prima. Ed egli mi disse: « Anche se sono malato, io sento la grazia di Dio dentro l'anima mia ». Passarono altri dieci giorni circa ed io lo interrogai di nuovo, ed egli mi rispose con gioia: « Gloria a Dio, io sento la misericordia del Signore ».
Mi fu dato di fare nella mia vita questa esperienza: quando l'anima perse l'umiltà, io subii la prova di diventare irascibile, ma l'anima mia si ricordava dell'umiltà di Cristo ed era assetata di essa; io allora supplicai Dio di perdonarmi, di purificarmi dallo spirito di orgoglio e di concedermi la pace. E quando l'anima mia cominciò ad odiare i peccati, lo Spirito santo mi insegnò la pre­ghiera incessante e l'amore. Ogni notte versavo lacrime pregando per il popolo di Dio, soprattutto per i morti. Mi rattristava il fatto che gli stessi uomini si privassero d'un Signore così mise­ricordioso. Per questo un giorno dissi al mio padre spirituale: « Io provo compassione per gli uomini che soffrono agli inferi; ogni notte prego per loro, ed è tale il dolore della mia anima che compiango anche i demoni ».
Il mio padre spirituale mi rispose che questa grazia era ispirata dalla grazia di Dio.
Una volta un uomo spirituale mi chiese: « Piangi sui tuoi pec­cati?» Io risposi: « Poco, ma piango molto per i morti ». Allora mi disse: « L'igumeno Macario ha detto di piangere su te stesso poiché il Signore avrà senz'altro pietà per gli altri ». Io obbedii, facendo ciò che lui mi aveva detto; smisi di piangere sui morti, ma le mie lacrime seccarono anche nei miei confronti.
Parlai di questo fatto ad un altro uomo spirituale che posse­deva il dono delle lacrime. Egli meditava sulle sofferenze del Sal­vatore, le sofferenze patite a causa nostra dal Signore, Re di glo­ria; ed ogni giorno versava molte lacrime. Allora io domandai a questo asceta: « Devo piangere per i morti? » Ed egli sospirando mi rispose: « Se fosse possibile, io li porterei tutti fuori dall'in­ferno e solo allora la mia anima sarebbe in pace e potrebbe gioire ».
Fece contemporaneamente un movimento con le braccia come se stesse raccogliendo dei covoni su un campo ed in quell'istante dai suoi occhi colarono delle lacrime.
Dopo questo incontro non abbandonai più le preghiere per i morti; e le lacrime mi ritornarono e quando pregavo per loro sin­ghiozzavo.
Dopo sessant' anni trascorsi nella mia vita sia nel bene che nel male, ho conosciuto quale forza possiede l'abitudine. L'anima e l'intelligenza prendono delle abitudini. E l'uomo fa ciò a cui si è abituato: se è abituato al peccato, sarà costantemente attratto dal peccato, e i demoni ve lo indurranno; ma se è abituato al bene, Dio lo assisterà con la sua grazia.
Se tu ti abitui a pregare incessantemente, ad amare il tuo pros­simo e a piangere, durante la preghiera, per il mondo intero, la tua anima sarà attratta dalla preghiera, dalle lacrime e dall'amore. E se ti abitui a fare l'elemosina, ad essere obbediente e ad essere aperto verso il tuo padre spirituale al momento della confessione, tu agirai sempre in questo modo e così troverai la pace in Dio.
L'anima che giudica con facilità gli uomini o che è disobbe­diente, intemperante o che si rilassa nella penitenza, non potrà sfuggire ai complotti diabolici e liberarsi dai pensieri malvagi; ma se essa piange i suoi peccati ed ama suo fratello, il Signore le con­cederà le lacrime per il mondo intero.
« Oh Signore, dammi le lacrime, perché l’anima mia giorno e notte pianga per amore del mio fratello».
Dio ascolta questa preghiera e dà all'anima abbondanti lacrime per il mondo intero.
Un giorno stavo andando attraverso i campi, dall' accampamento di Ustiiorsk, dove durante l'estate era di stanza il battaglione del genio, al paese di Kolpino, alla posta, per versare una somma che volevo far pervenire alla Santa Montagna; sulla strada un grosso cane rabbioso si stava avventando su di me quando mi fu vicino io dissi semplicemente: «Signore, pietà di me ». Da quelle parole scaturì una forza tale che gettò il cane via da me come se avesse urtato contro qualcosa e diresse verso Kolpino dove morse numerose persone e fece male sia agli uomini che al bestiame.
Questo fatto mi fece comprendere come il Signore sia vicino all'uomo peccatore e con quale rapidità Egli esaudisca le sue preghiere.
Un giorno io uccisi senza necessità una mosca; colpita a morte, la poveretta si trascinava per terra. Piansi per tre giorni conse­cutivi a motivo della mia crudeltà verso una creatura, e ancora adesso mi ricordo spesso di questo fatto.
Sul balcone del magazzino dove abitavo c'era un pipistrello ed un giorno gli versai sopra dell'acqua bollente; io piansi anche allora abbondanti lacrime per questo mio gesto. Dopo ciò non feci più male a nessuna creatura.
Un giorno mentre andavo al Monastero, al Vecchio Rossikon, vidi sul sentiero un serpente tagliato a pezzetti; ogni pezzo si agitava ancora convulsamente. Venni allora colto da pietà per ogni creatura, per ogni essere che soffre e piansi a lungo davanti a Dio.
Lo spirito di Dio insegna all'anima ad amare tutto ciò che vive a tal punto che essa non vorrebbe fare del male neppure a una foglia verde che si trova su di un albero, e non vorrebbe neppure calpestare un fiore nel campo. E così che lo Spirito di Dio ci insegna l'amore che bisogna avere per ogni creatura esistente, e la compassione che l'anima deve avere verso ogni essere; allora amerà i suoi nemici e piangerà per gli stessi demoni che, con la loro caduta, si sono allontanati dal bene.
Il Signore ci ha comandato infatti di amare i nostri nemici e lo Spirito di Dio ci dà la forza per amarli. Se noi però non siamo capaci e siamo senza amore, rivolgiamo con fervore le nostre pre­ghiere al Signore, alla sua Purissima Madre e a tutti i Santi, ed il Signore ci aiuterà in ogni cosa, poiché il suo amore per noi è infinito. Appena egli tocca la nostra anima e il nostro corpo, ecco che in noi tutto cambia, e una grande gioia nasce nella nostra anima poiché ha conosciuto il suo Creatore e la sua inconcepi­bile misericordia.
Alcune persone si affezionano agli animali, li accudiscono, li accarezzano e parlano con loro. Essi hanno abbandonato l'amore di Dio e di conseguenza viene a mancare anche l'amore tra fratelli, quell'amore per cui Cristo è morto tra grandi sofferenze. Non è quindi ragionevole agire in questo modo. La bontà dell'uomo verso gli animali e il bestiame consiste nel dar loro il cibo e non far loro del male; ma affezionarsi ad essi, amarli, coccolarli e parlare con essi è una cosa da persone poco ragionevoli.
L'anima che ha conosciuto il Signore sta sempre dinanzi a Lui con amore e timore; com'è quindi possibile amare ed affezio­narsi a degli animali, dei gatti, dei cani e parlar loro? Questo è un segno che dimostra come l'uomo abbia dimenticato il coman­damento di Cristo d'amare Dio con tutto il proprio cuore, la propria anima e il proprio pensiero.
Le bestie selvagge, il bestiame e tutti gli animali sono della terra, e noi non dobbiamo attaccare il nostro spirito alla terra, ma il nostro spirito deve amare con tutta la sua forza il Signore, la sua Madre Purissima, nostra Protettrice, e venerare i Santi; essi pregano per noi e si rattristano quando ci vedono trasgredire i comandamenti di Dio.
Un giorno mi venne il PENSIERO di acquistare del pesce fresco. Io non avevo dei soldi personali ma quelli del Monastero, per cui ne avrei potuto comperare; ma non volevo infrangere la regola della mia vita. Tuttavia questo PENSIERO mi perseguitava al punto che, anche durante la liturgia, questo pesce non si allontanava dalla mente. Allora capii per misericordia di Dio che questo poteva provenire solo dal Nemico, e riconobbi che se la grazia ci aiuta a nutrirci di poco, il demonio al contrario ci spinge a mangiare molto e fare un buon pranzo con piatti ricercati.
Questo PENSIERO mi tormentò per tre giorni e riuscii a respingerlo con molta difficoltà con la preghiera e le lacrime, talmente è duro lottare anche contro queste piccole tentazioni.
Quando mi trovavo in una fattoria che dipendeva dal Monastero mi successe questo fatto: mangiavo a sazietà, ma dopo due ore sentivo di poterne mangiare ancora la medesima quantità. Cominciai allora a controllare il mio peso sulla bilancia: cose vidi? In tre giorni era aumentato di quattro chili. Compresi allora che questa era una tentazione, poiché noi, i monaci, dobbiamo inaridire il nostro corpo affinché in lui non ci sia alcuna attitudine che possa turbare la preghiera. Un corpo sazio è di ostacolo alla PREGHIERA PURA, e lo Spirito non viene a noi quando il ventre è pieno. D'altronde bisogna però saper digiunare con misura, per non indebolirsi prima del tempo, e aver la forza di compiere il proprio incarico. Io ho conosciuto infatti un novizio che si sotto­metteva al digiuno, ma a causa di ciò si indebolì e morì prematuramente.
Mi ricordo che un giorno mi trovavo, per i vespri, nella chiesa dell'intercessione della Santa Vergine, dove il padre N. stava leggendo l'Acatisto. Guardandolo pensai: « Lo ieromonaco è veramente grasso, fa persino fatica ad inchinarsi». Io iniziai quindi a fare una prostrazione, ma in quell'istante e improvvi­samente qualcuno mi diede in modo invisibile un colpo ai reni; avrei voluto gridare: « Sostenetemi! », ma il dolore non me lo permise.
In tal modo il Signore, nella sua bontà, mi aveva punito, e con ciò appresi che non bisogna giudicare il proprio prossimo.
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PARTE II


Tratto da: Archimandrita Sofronio, Silvano del Monte Athos - La vita, la dottrina, gli scritti - ed. GRIBAUDI a cui rimandiamo vivamente per l'approfondimento.