III
         Io vi ho spiegato brevemente due aspetti o      due gradi della preghiera: quella letta, che consiste nel pregare con parole      altrui, e quella individuale o mentale, allorché ci eleviamo al Signore con      la mente attraverso il pensiero di Dio, consacrando tutto a lui ed      invocandolo spesso con tutto il cuore. Esiste però un terzo aspetto o grado      della preghiera ed è proprio in esso che consiste la preghiera autentica ed      a cui i due precedenti servono solo come preparazione. Essa è il rivolgersi      incessantemente a Dio della mente e del cuore con calore interiore o ardore      di spirito. È questo un traguardo a cui deve giungere la preghiera ed un      fine che deve proporsi chiunque ad essa si dedichi, affinché i suoi sforzi      non siano inutili.
         Tenete presente ciò che della preghiera si      legge nella scrittura: “Vegliate e pregate”, dice il Signore[3];      “Siate sobri e vegliate”, insegna l’apostolo Pietro[4];      “siate assidui nella preghiera e che essa vi mantenga vigilanti”[5];      “Pregate incessantemente”[6],      “Vivete nella preghiera e nelle orazioni, pregate in ogni momento nello  	Spirito”[7].      È questa la raccomandazione dell’apostolo Paolo, il quale in altri passi ci      spiega anche la ragione per cui così è e deve essere: infatti “la nostra  	vita è nascosta con Cristo in Dio”[8]      e “lo Spirito di Dio vive in noi”[9]      … “per cui noi invochiamo: Abba Padre”. Da tutte queste indicazioni e      raccomandazioni è evidente che la preghiera non si compie una volta sola e      s’interrompe, ma è uno stato dello spirito, continuo ed ininterrotto,      analogo al respiro ed al battito del cuore, che sono continui ed incessanti.
         Voglio spiegarvi tutto ciò con un esempio.      Il sole sta al centro ed attorno ad esso si muovono i pianeti attratti verso      di lui e rivolti a lui con una qualsiasi loro parte. Ciò che nel mondo      materiale è il sole, in quello spirituale è Dio, il sole dello spirito.      Trasferite il vostro pensiero al Cielo, che cosa vedrete? Gli Angeli, i      quali, secondo le parole del Signore, vedono sempre il volto del loro Padre      celeste. Tutti gli spiriti incorporei e tutti i Santi in Cielo sono rivolti      verso Dio, a lui volgono gli sguardi del loro spirito e non vogliono      allontanarli da lui a causa dell’indicibile beatitudine che deriva loro      dalla contemplazione di Dio. Ma ciò che gli Angeli ed i Santi fanno in      Cielo, a noi spetta imparare a compiere sulla terra, abituarci cioè a stare,      come gli angeli, incessantemente in preghiera dinanzi a Dio nel nostro      cuore. Soltanto chi riuscirà in ciò, sarà veramente dedito alla preghiera.      Come ci si rende degni di una così grande grazia? Risponderò in breve a      questa domanda: dobbiamo instancabilmente impegnarci nella preghiera,      sforzandoci con zelo e con l’animo pieno di speranza, di raggiungere, come      la terra promessa, l’ardore dello spirito nell’attenzione continua rivolta a      Dio. Impegnati nella preghiera e, pur chiedendo nella preghiera tutto,      chiedi particolarmente di raggiungere questo grado supremo della preghiera –      l’ardore dello spirito – e certamente otterrai ciò che chiedi. Ci assicura      di ciò San Macario l’Egiziano, che sopportò concretamente la fatica della      preghiera, ma ne raccolse anche i frutti. “Se non hai il dono della  	preghiera – egli dice – sforzati nella preghiera ed il Signore, vedendo il  	tuo impegno e giudicando, in base alla tua sofferenza, quanto ardentemente  	desideri questo bene, ti concederà la preghiera”[10].      Lo sforzo, s’intende, solo sino a questo limite. Quando la fiamma si      accenderà – e di essa parla il Signore: “Sono venuto sulla terra a portare  	il fuoco e vorrei che esso ardesse quanto prima”[11],      – verrà meno la fatica e comincerà una preghiera facile, libera e fonte di      conforto.
         Non dovete pensare che si tratti di una      condizione di spirito molto elevata, irraggiungibile per gli uomini di      questo mondo. È in realtà una condizione elevata, che tutti però possono      raggiungere. Infatti ognuno di noi alle volte sente durante la preghiera      affluire nel cuore calore e zelo, quando l’anima, staccatasi da tutto, entra      profondamente in se stessa e prega con ardore. Questa discesa temporanea, se      così possiamo dire, dello spirito della preghiera, deve trasformarsi in una      condizione costante e cosi si raggiungerà il traguardo della preghiera.
         Il mezzo per conseguire questo fine è, come      ho già detto, l’impegno nella preghiera. Quando si sfregano fra loro due      pezzi di legno, si riscaldano e provocano il fuoco. Così, se si sfrega      l’anima nell’orazione, essa sprigionerà infine lo spirito della preghiera.      La fatica della preghiera costituisce il giusto completamento delle due      precedenti forme di preghiera, di cui ho già parlato, cioè dell’adempimento      devoto, accompagnato da attenzione e sentimento, delle nostre orazioni e      dell’insegnare all’anima di elevarsi spesso a Dio rivolgendo a lui il nostro      pensiero, attribuendo tutto a gloria di Dio ed invocandolo dal profondo del      cuore. Anche se noi preghiamo la mattina e la sera, la distanza di tempo      rimane sempre grande. Se soltanto in questi momenti della giornata ci      rivolgiamo a Dio, per quanto intense siano le nostre preghiere, nel corso      della giornata e della notte il vantaggio ricavatone si disperde e quando      nuovamente ci accingiamo a pregare, l’anima è fredda e vuota, come prima.      Anche se di nuovo preghiamo con fervore, tuttavia, raffreddandoci e      distraendoci, che vantaggio ne ricaviamo?  	È la stessa cosa che costruire e      distruggere; fatica e solo fatica. Se ci proponiamo di recitare con      attenzione e sentimento le nostre orazioni non solo mattina e sera, ma,      inoltre, ci esercitiamo ogni giorno nel pensiero di Dio ed attribuiamo a sua      gloria ogni nostra azione e lo invochiamo spesso dall’intimo del cuore con      brevi giaculatorie, noi riempiremo il lungo intervallo, che divide la      preghiera mattutina da quella serale e viceversa, rivolgendoci spesso a Dio.      Non sarà ancora la preghiera incessante, ma una preghiera spesso ripetuta e      quanto più spesso si ripeterà, tanto più vicina sarà all’orazione      ininterrotta. Questa fatica segna il passaggio a quest’ultima, come un      gradino necessario.
         Supponiamo infatti che voi adempiate a      questo impegno ogni giorno, senza mai ometterlo, infaticabilmente, che cosa      accadrà nell’anima vostra? Il pensiero di Dio genera il timore di Dio.      Infatti quest’ultimo consiste nel raggiungere con pensiero riverente e      nell’accogliere nel profondo del cuore le infinite perfezioni ed operazioni      divine.       Con l’attribuire ogni nostra azione a gloria di Dio, sorge in noi il      ricordo del Signore, il che significa camminare davanti a Lui. Ciò non è      altro che ricordare, qualsiasi cosa noi si faccia, che ci troviamo davanti a      Dio. Infine, le soventi invocazioni del nome di Dio, o comunque i sentimenti      di devozione verso Dio che sgorgano dal nostro cuore, si trasformano in continua, muta, affettuosa, calda implorazione del nome di Dio. Quando      l’anima è santificata    dal ricordo del Signore o ha      l’abitudine di camminare davanti a Dio ed accarezzare affettuosamente nel      cuore il dolcissimo nome di Dio, allora necessariamente nel cuore s’accende      anche quel fuoco spirituale, di cui ho parlato all’inizio, che sarà      all’origine di una profonda pace, di un incessante equilibrio, e di viva ed      attiva vigilanza. L’uomo partecipa allora di quello stato, oltre al quale      sulla terra non possono andare i suoi desideri: esso è l’autentico      preannuncio di quella condizione beata che ci attende nel futuro. Si      realizza in questo caso ciò di cui parla l’apostolo: “La nostra vita è  	nascosta con il Cristo in Dio”[12].
         Cercate di raggiungere questi tre obiettivi      con la fatica della preghiera. Essi da soli sono il compenso della fatica e      nello stesso tempo la chiave del tempio nascosto del Regno dei Cieli.      Aprendo con essi la porta, vi si entra e si giunge ai gradini del Trono di      Dio e ci rendiamo degni di ascoltare una parola di approvazione dal Padre      Celeste, del suo contatto e del suo abbraccio, grazie al quale tutte le ossa      diranno: “Signore, Signore, chi è simile a te?”. Chiedete questo nella      fatica della preghiera e ciascuno sospiri: “Quando giungerò e mi presenterò      dinanzi al tuo volto, Signore? Il mio volto t’ha cercato, cercherò, o      Signore, il tuo volto”.
         Risponderò in breve a quanti desiderano      sapere come perfezionarsi nel timor di Dio, nel ricordo di Dio e      nell’affettuosa e continua invocazione del nome del Signore. Cominciate a      cercare e questo sforzo v’insegnerà come trovare. Soltanto è necessario      attenersi ad un principio: allontanare tutto ciò che in questa ricerca sia      d’impedimento, attenersi invece con impegno a quanto possa esserle di      giovamento. La pratica insegnerà questa distinzione. A questa indicazione      aggiungerò solo il seguente consiglio. Quando incomincerete a provare nel      cuore un tepore simile a quello che sente il corpo quando è avvolto dal      calore, o quando comincerete a comportarvi di fronte a Dio così come davanti      ad un personaggio importante, con timore ed attenzione, per non offenderlo      in alcun modo, senza tenere in alcun conto il permesso di camminare e di      agire liberamente, o allorché vi accorgerete che la vostra anima prova      davanti al Signore ciò che la fanciulla davanti al fidanzato ch’essa ama,      sappiate allora che è vicino, alle porte il Visitatore nascosto delle anime      nostre, che entrerà e cenerà con voi in casa vostra.
         Credo che queste poche indicazioni siano      sufficienti come guida per coloro che cercano con zelo. Tutto ciò è stato      detto con il solo scopo che quanti tra voi hanno a cuore la preghiera, ne      conoscano il punto culminante, di modo che, affaticandosi poco e conseguendo      un risultato modesto, non credano d’aver raggiunto il fine ultimo ed in      questa illusione non vengano meno nelle fatiche e, di conseguenza, non      pongano limiti all’ulteriore ascesa attraverso i vari gradi della preghiera.      Come sulle vie maestre si pongono colonne, perché quanti le percorrono,      sappiano quanta strada hanno percorso e quanta rimane loro ancora, così      nella nostra vita spirituale ci sono indicazioni particolari che determinano      i gradi di perfezione della vita. Esse sono fissate perché quanti aspirano      alla perfezione, rendendosi conto del punto a cui sono giunti e del cammino      che resta loro da percorrere, non si fermino a mezza strada, privandosi così      del frutto delle loro fatiche, che forse è ormai vicino, purché facciano      ancora due o tre passi.
         Concludo queste mie parole con la      preghiera, che sgorga dal mio cuore, che il Signore vi conceda di      comprendere tutto ciò che ho detto, affinché tutti costituiate quell’uomo      perfetto nella forza e nell’età, che realizza la pienezza del Cristo[13].
         29 novembre 1864.

 
 




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