Oración , Preghiera , Priére , Prayer , Gebet , Oratio, Oração de Jesus

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CATECISMO DA IGREJA CATÓLICA:
2666. Mas o nome que tudo encerra é o que o Filho de Deus recebe na sua encarnação: JESUS. O nome divino é indizível para lábios humanos mas, ao assumir a nossa humanidade, o Verbo de Deus comunica-no-lo e nós podemos invocá-lo: «Jesus», « YHWH salva» . O nome de Jesus contém tudo: Deus e o homem e toda a economia da criação e da salvação. Rezar «Jesus» é invocá-Lo, chamá-Lo a nós. O seu nome é o único que contém a presença que significa. Jesus é o Ressuscitado, e todo aquele que invocar o seu nome, acolhe o Filho de Deus que o amou e por ele Se entregou.
2667. Esta invocação de fé tão simples foi desenvolvida na tradição da oração sob as mais variadas formas, tanto no Oriente como no Ocidente. A formulação mais habitual, transmitida pelos espirituais do Sinai, da Síria e de Athos, é a invocação: «Jesus, Cristo, Filho de Deus, Senhor, tende piedade de nós, pecadores!». Ela conjuga o hino cristológico de Fl 2, 6-11 com a invocação do publicano e dos mendigos da luz (14). Por ela, o coração sintoniza com a miséria dos homens e com a misericórdia do seu Salvador.
2668. A invocação do santo Nome de Jesus é o caminho mais simples da oração contínua. Muitas vezes repetida por um coração humildemente atento, não se dispersa num «mar de palavras», mas «guarda a Palavra e produz fruto pela constância». E é possível «em todo o tempo», porque não constitui uma ocupação a par de outra, mas é a ocupação única, a de amar a Deus, que anima e transfigura toda a acção em Cristo Jesus.

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sábado, 23 de julho de 2011

ARTICLES from Elder Arsenie Papacioc Has Reposed In The Lord


Elder Arsenie Papacioc Has Reposed In The Lord


Father Arsenie has reposed in the Lord today, Tuesday 19 July 2011, at 11:00 in the morning. He was one of the greatest Romanian spiritual fathers in the second half of the 20th century.

He was born on August 15, 1913 in Misleanu, a village in southern Romania. His baptism name was Anghel. His grandfather was a Vlach shepherd.

After WWII he was received at Cozia Monastery. He became a monk at Sihastria Monastery. He later became abbot of Slatina Monastery.

Hearing that the communists wanted to arrest him, he lived as a hermit for several years, along with Father Ilie Cleopa. He was arrested in 1958 and released in 1964.

In 1976 he became the spiritual father of a female monastery, called Techirghiol. It is here where he reposed in the Lord. He will be buried here on Thursday 21 July.

May his memory be eternal!

Read also:

Părintele Arsenie Papacioc: "Viaţa înseamnă moarte continuă”

Elder Arsenie Papacioc: Don't Judge Priests


These are a few recordings of him:

http://www.youtube.com/watch?v=2FpJY6S0A4c

http://www.youtube.com/watch?v=HsRHIW5FrHk

http://www.youtube.com/watch?v=7o7UGLTauHI

http://www.youtube.com/watch?v=JjjjjiYeuMw

http://www.youtube.com/watch?v=TyeOlx22ftk

http://www.youtube.com/watch?v=GGsWytL8ee4

http://www.youtube.com/watch?v=OFID-ZHdPiA

Part of a Whole

Fr. Arsenie PAPACIOC

You Don’t Have What You Have – You Have What You Give

Don’t Judge Priests

A Few Words of Advice from Fr. Arsenie

What’s It Like in Hell?

Fr. Arsenie Papacioc

About Humility, with Fr. Arsenie Papacioc


A Few More Words of Advice from Fr. Arsenie


Confessing upon One’s Deathbed

scara_raiului

Devoção ao ícone de Nossa Senhora do Perpétuo Socorro



Os ícones tem um objetivo mais catequético que devocional, buscam não copiar a natureza ou fotografar um fato, mas sempre representam a doutrina da Igreja. A palavra ‘ícone’ vem do grego ‘aikón’, que significa ‘imagem’, no entanto a Igreja só usa essa expressão nas representações sagradas chamadas ícones.

Segundo Cláudio Pastro, no livro Guia do Espaço Sagrado: o ícone é a Palavra de Deus reescrita por imagens e cores e o iconógrafo é o Espírito Santo.

É o ícone mais conhecido do ocidente, Maria é aqui apresentada com um manto azul e uma túnica vermelha. Jesus está vestido com um manto marrom, túnica verde e estola vermelha.


http://www.tradicaoemfoco.com/

La vía del Nombre

 

 Panagia 'Of the Passion'

terça-feira, 19 de julho de 2011

La preghiera continua e la preghiera di Gesù (di Matta El Meskin)

monacoinpreghieraLa vita nel suo senso più profondo, si riassume in due atti costanti di un’estrema semplicità: il primo è l’amore la cui sorgente è Dio, il secondo è l’adorazione, che è il proprium della creazione: “Dio è amore” (1Gv 4,16); “Io non sono che pre­ghiera” (Sal 109,4). Questi due atti sono ininterrottamente co­stanti; così, Dio non cessa di amare la creazione e la creazione non cessa d’adorare Dio: “Vi dico, che se questi taceranno, gri­deranno le pietre” (Lc 19,40).
Tutti gli atti e le molteplici occupazioni della vita passeranno e scompariranno dopo averci valso condanna o ricompensa e re­steranno soltanto questi due straordinari atti: l’amore di Dio per noi e la nostra adorazione di Dio. Non passeranno mai e rimar­ranno eternamente, perché Dio è felice d’amarci: “Ho posto le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pr 8,31) e noi troviamo tutta la nostra felicità nell’adorazione di Dio.
Quest’adorazione è un’intuizione divina depositata da Dio al cuore della natura dell’uomo, affinché egli abbia la gioia d’adorare la sorgente della vera felicità. L’abbiamo toccato con mano, sperimentato e verificato tante e tante volte; abbiamo acquisito la certezza che la preghiera e l’adorazione sono fonti di felicità permanente.
C’è dunque un mezzo per condurre una vita d’ado­razione e di preghiera ininterrotta, per mettere Dio al centro del nostro pensiero, per fare in modo che tutti i nostri atti e i nostri comportamenti gravitino intorno a lui, per vivere alla sua pre­senza dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina?
In realtà, quest’opera non è una cosa da poco; esige da parte nostra grande determinazione, perseveranza e molta attenzione. Non dimentichiamo però che, così facendo, realizziamo il verti­ce della volontà e del piano divini e che, di conseguenza, vi tro­veremo immancabilmente l’aiuto, l’amore e la guida di Dio.
Riassumiamo come segue la sostanza di quest’esercizio.
1. Gli obbiettivi della preghiera continua:
- Vivere sempre alla presenza di Dio.
- Associare Dio a tutte le nostre attività, a tutti i nostri pen­sieri e conoscere la sua volontà.
- Accedere a una vita di gioia, avvicinandoci alla fonte stessa della felicità: Dio, e gioire del suo amore.
- Acquisire un’alta conoscenza di Dio nel suo stesso essere.
- Praticare un felice distacco dalle cose di questo mondo, sen­za rimpiangere nulla.

2. Qualche indicazione sulla preghiera continua:
- Ravvivare il sentimento di essere alla presenza di Dio che vede tutto ciò che facciamo e sente tutto ciò che diciamo.
- Tentare di parlargli di tanto in tanto, con brevi frasi che tra­ducano il nostro stato del momento.
- Associare Dio ai nostri lavori domandandogli di essere pre­sente alle nostre attività, rendendone a lui conto dopo averle con­cluse, ringraziandolo in caso di riuscita, dicendogli il nostro rammarico in caso di fallimento, cercandone le ragioni: ci siamo forse allontanati da lui o abbiamo omesso di chiedere il suo aiuto?
- Cercare di percepire la voce di Dio attraverso i nostri lavori. Molto spesso egli ci parla interiormente ma non essendo attenti a lui, perdiamo l’essenziale dei suoi orientamenti.
- Nei momenti critici, quando riceviamo notizie allarmanti o quando siamo assillati, chiediamogli subito consiglio; nella pro­va egli è l’amico più sicuro.
- Non appena il cuore comincia a irritarsi e i sentimenti ad agitarsi, volgiamoci a lui per calmare la nefasta agitazione prima che invada il nostro cuore; invidia, collera, giudizio, vendetta, tutto ciò ci farà perdere la grazia di vivere alla sua presenza, per­ché Dio non può coabitare con il male.
- Tentare per quanto possibile di non dimenticarlo, tornando subito a lui, non appena i nostri pensieri sono colti in flagrante reato di vagabondaggio.
- Non intraprendere un lavoro o dare una risposta prima di aver ricevuto una sollecitazione da Dio. Questa diventa sempre meglio discernibile a misura della fedeltà del nostro cammino alla sua presenza e della nostra determinazione a vivere con lui.

3. Principi base per una vita di preghiera continua:
- Credi in Dio? Allora che Dio sia la base di tutti i tuoi comportamenti; con lui accogli tutto ciò che incontri nella vi­ta, felicità o tristezza. Che la tua fede non cambi ogni giorno a seconda delle circostanze. Non lasciare che sia il successo ad aumentare la tua fede, né il fallimento, la perdita e la malattia a indebolirla o ad annientarla.
- Hai accettato di vivere con Dio? Allora, una volta per tutte, metti in lui tutta la tua fiducia e non cercare di indietreggiare o di battere in ritirata. Sii fedele a lui fino alla morte.
- Affidagli tutti i tuoi affari materiali e spirituali; egli è vera­mente in grado di reggerli tutti. Sappi che la vita con Dio sopporta tutto: malattia, fame, umiliazione… e non essere sorpreso se ti accadono queste cose; sii paziente e le vedrai trasformarsi e schierarsi dalla tua parte per il tuo maggior bene.
- Concentra il tuo amore su Dio e non permettere agli ostaco­li di ridurlo; al contrario, accogli ogni sofferenza senza amarezza ma con dolcezza, a motivo di questo amore, perché il vero amore trasforma la sofferenza in felicità.
- Beati coloro che sono stati ritenuti degni di soffrire per il suo Nome. Ancora più beati coloro che desiderano sacrificarsi per amore del suo Nome.
Breve storia della preghiera continua
La preghiera continua è una disciplina spirituale particolare che impegna le facoltà interiori dell’anima e tocca centri precisi del cervello con lo scopo d’acquisire la calma interiore neces­saria a pervenire a uno stato di veglia spirituale costante e di percezione permanente della presenza divina, accompagnata da un completo dominio dei pensieri e delle passioni. Costituisce l’opera spirituale più importante e più elevata che, condotta con successo, può farci raggiungere le vette della vita spirituale.
Questa forma di preghiera è già menzionata negli insegna­menti dei primi padri del deserto d’Egitto: Macario il Grande parla della recitazione costante del “dolce Nome di Gesù” e abba Isacco, discepolo di Antonio, fa un lungo elogio della ripetizione continua del versetto di un salmo. Entrambi hanno vissuto verso la fine del IV secolo e gli insegnamenti del secondo sono stati raccolti da Cassiano durante i suoi viaggi in Egitto.
Attraverso le parole di abba Isacco apprendiamo che questo metodo di preghiera, costitutivo di una delle tradizioni asce­tiche più importanti tra quelle che i padri avevano ricevuto dai loro predecessori, “è un segreto che ci è stato rivelato da quei pochi padri appartenenti al buon tempo antico, ma che vivono tutt’ora; noi lo riveliamo a nostra volta a quel piccolo numero di anime che dimostrano una vera sete di conoscerlo”.
Quanto agli effetti di questa pratica sulle facoltà dell’anima e della mente, essi erano noti ai padri fin dall’inizio,come si deduce dalle parole di Isacco: “[Questa preghiera] esprime tutti i sentimenti di cui è capace la natura umana; conviene perfetta­mente a tutti gli stati e a ogni sorta di tentazione… Che l’anima (mens) ritenga incessantemente questa formula, cosicché, a for­za di ripeterla, acquisti la capacità di rifiutare e allontanare da sé tutte le ricchezze rappresentate dai nostri molteplici pensieri”.
Fin da allora, cioè dal IV secolo, la preghiera continua si è dif­fusa in Egitto e in tutto l’oriente cristiano fino a occupare un posto preponderante nella dottrina ascetica di tutte le chiese orientali. La ritroviamo, tra gli altri, negli insegnamenti di Nilo il Sinaita (+ 430), poi in quelli di Giovanni Climaco all’inizio del VII secolo (570-640), e di Esichio di Batos (Sinai, VII o VIII secolo). L’importanza accordata all’hesychìa (tranquillità) si am­plifica progressivamente fino a raggiungere uno dei suoi vertici negli insegnamenti di Isacco ll Siro, vescovo di Ninive, verso la fine del VII secolo.
Gli elementi frammentari di questi insegnamenti furono rac­colti in una dottrina sistematica solo con l’arrivo di Simeone il Nuovo Teologo (1022) e poi di Gregorio il Sinaita, che li orga­nizzarono in una dottrina mistica di tipo specificamente bizan­tino. Gregorio il Sinaita, seguito dal discepolo Callisto che di­verrà patriarca di Costantinopoli, la introdusse al Monte Athos alla fine del XIII secolo e fece della preghiera continua una prati­ca mistica fondamentale nella tradizione bizantina, dopo aver raccolto la quasi totalità delle parole dei padri riferite a questo argomento, ordinandole, spiegandole e commentandole.
Con il soggiorno di Nil Sorskij al Monte Athos, nella seconda metà del XV secolo, si aprì una porta molto ampia per l’impian­tazione in Russia della preghiera continua. Tutta l’eredità orien­tale antica, con le sue ricchezze, si trovò trasferita ai padri russi che rivaleggeranno in ardore per applicarla con amore, fedeltà e devozione. Ormai, questa pratica occuperà un posto molto im­portante nella vita delle generazioni successive, come ci si può rendere conto leggendo i Racconti di un pellegrino russo.
Ma, lasciando il deserto d’Egitto, suo luogo d’origine, la pre­ghiera continua perse buona parte della sua semplicità originaria; chi la praticava nei primi secoli, viveva spontaneamente in profondità i suoi effetti spirituali senza esaminarne il come; ne raccoglieva i frutti senza che ciò suscitasse in lui ambizioni spirituali.
Questa forma di preghiera è dunque passata da un’umile pra­tica ascetica a una sistematizzazione mistica elaborata, provvista di discipline proprie, proprie condizioni, gradi e risultati. L’o­rante può prendere coscienza di tutto ciò ancor prima di cominciare a praticarla. Il che, naturalmente, non ha mancato di attri­buire al metodo una buona parte di complessità, accresciuta da una dannosa mancanza di naturalezza. Nondimeno, la preghiera continua ha sempre i suoi adepti e i suoi praticanti esperti e, su coloro che l’amano, non cessa di versare in abbondanza i suoi effetti benefici, le sue grazie e le sue benedizioni. L’autore stes­so confessa i benefici di questa preghiera per quanto lo riguarda personalmente.
Matta El Meskin
tratto da Matta El Meskin, L’esperienza di Dio nella preghiera, Qiqajon, pp. 257-262

http://www.natidallospirito.com/2009/12/13/la-preghiera-continua-e-la-preghiera-di-gesu-di-matta-el-meskin/

segunda-feira, 18 de julho de 2011

LA PUISSANCE DU NOM par Mgr Kallistos Ware

La Puissance du Nom : La Prière de Jésus dans la Spirtualité Orthodoxe

par Mgr Kallistos Ware
Évêque de Diokleia



V - LA PUISSANCE DU NOM
" Le Nom du Fils de Dieu est grand et sans limites et soutient l'univers entier. " Ainsi est-il affirmé dans le Pasteur de Hermas20, et nous n'apprécierons pas le rôle de la Prière de Jésus dans la spiritualité orthodoxe à moins que nous n'ayons quelque intuition de la puissance intrinsèque et de la force du Nom divin. Si la Prière de Jésus est plus efficace que d'autres invocations, c'est parce qu'elle contient le Nom de Dieu.
Dans l'Ancien Testament21, comme dans d'autres cultures anciennes, il y a une identité effective entre l'âme de l'homme et son nom. Toute sa personnalité, avec toutes ses particularités et toute son énergie, est présente dans son nom. Connaître le nom d'une personne c'est avoir une intuition précise de sa nature, et, par là, se faire une relation solide avec elle - avoir même, peut-être, un certain contrôle sur elle. C'est pourquoi le mystérieux messager qui combat avec Jacob au gué de Jacob refuse de révéler son nom (Gn 32,29). La même attitude se reflète dans la réponse de l'ange à Manoah : " Pourquoi me demandes tu mon nom, sachant qu'il est secret ? " (Jg 13,18). Un changement de nom indique un changement décisif dans la vie d'un homme, comme lorsque Abram devient Abraham (Gn 17,5), ou que Jacob devient Israël (Gn 32,28). De la même manière, Saul après sa conversion devient Paul (Ac 13,9) ; et un moine à sa profession reçoit un nom nouveau, habituellement non choisi par lui, pour indiquer le renouveau radical où il est engagé.
Dans la tradition hébraïque, faire quelque chose au nom d’un autre, ou invoquer son nom et s'en recommander, sont des actes d'une puissance et d'un poids extrêmes. Invoquer le nom d'une personne, c'est la rendre effectivement présente. " On rend vivant un nom en le mentionnant. Le nom immédiatement appelle l’âme qu'il désigne ; c'est pourquoi il y a une signification si profonde dans la mention même du nom22. "
Tout ce qui est vrai des noms humains est vrai a un degré incomparablement plus élevé du Nom divin. La puissance et la gloire de Dieu sont présentes et actives dans son Nom. Le Nom de Dieu est numen praesens, Dieu avec nous, Emmanuel. Invoquer le Nom de Dieu avec attention et délibérément, c'est se mettre en sa présence, s'ouvrir à son énergie, s'offrir comme un instrument et un sacrifice vivant entre ses mains. Si ardent était le sens de la majesté du Nom de Dieu dans le judaïsme tardif, que le " tétragrammaton " n'était pas prononcé tout haut au service de la synagogue : le Nom du Très-Haut était considéré comme trop redoutable pour être prononcé23.
Cette compréhension hébraïque du Nom passe de 1'Ancien Testament au Nouveau. Les démons sont chassés et les hommes guéris par le Nom de Jésus, car le Nom est puissance. Une fois que cette puissance du Nom est exactement appréciée, beaucoup de textes familiers acquièrent une plus complète et plus forte signification : telle la demande dans la Prière du Seigneur, " Que ton Nom soit sanctifié " ; la promesse du Christ au dernier repas, " Tout ce que vous demanderez au Père en mon Nom, il vous le donnera " (Jn 16,23) ; son commandement final aux apôtres, " Allez donc, enseignez toutes les nations, les baptisant au Nom du Père et du Fils et du Saint-Esprit " (Mt 28,19) ; la proclamation de saint Pierre disant qu'il n'y a de salut que dans " le Nom de Jésus Christ de Nazareth " (Ac 4,10-12) ; les mots de saint Paul : " Au Nom de Jésus que tout genou fléchisse " (Ph 2,10) ; le nom nouveau et secret écrit sur la pierre blanche qui nous est donné pour les temps à venir (Ap 2,17).
C'est cette révérence biblique pour le Nom qui forme la base et le fondement de la Prière de Jésus. Le Nom de Dieu est essentiellement lié à sa personne et ainsi l’invocation du Nom divin possède un authentique caractère sacramentel, servant en tant que signe effectif de sa présence et de son action invisible. Pour le croyant chrétien aujourd'hui, comme aux temps apostoliques, le Nom de Jésus est puissance. Selon les expressions des deux Anciens de Gaza, saint Barsanuphe et saint Jean (VIe siècle), " le souvenir du Nom de Dieu détruit entièrement ce qui est mal24. " " Fustige tes ennemis avec le Nom de Jésus, nous presse saint Jean Climaque, car il n'y a pas d'armes plus puissantes au ciel et sur la terre... Que le souvenir de Jésus soit associé à chaque respiration et ainsi vous saurez la valeur de la tranquillité25. "
Le Nom est puissance, mais une répétition purement mécanique ne sera d'aucun effet par elle-même. La Prière de Jésus n'est pas un talisman magique. Comme dans toutes les opérations sacramentelles, la coopération de l'homme avec Dieu est requise à travers sa foi active et son effort d'ascèse. Nous sommes appelés à invoquer le Nom avec recueillement et vigilance intérieure, en enfermant la pensée dans les paroles de la Prière, sachant qui est celui à qui nous nous adressons et qui nous répond dans notre coeur. Une prière aussi ardue n'est jamais facile au stade initial, et elle est décrite à juste titre par les Pères comme un martyre caché. Saint Grégoire le Sinaïte parle souvent " de la contrainte et du labeur " entrepris par ceux qui suivent la voie du Nom ; " un effort continuel " est requis ; ils seront tentés de renoncer " à cause de la souffrance persistante qui vient de l’invocation intérieure de l'esprit ". " Vos épaules vous feront mal, et vous aurez souvent la tête douloureuse, avertit-il, mais persévérez avec constance et avec un ardent désir, cherchant le Seigneur dans votre coeur26. " C'est seulement à travers cette patiente fidélité que nous découvrirons la vraie puissance du Nom.
Cette persévérante fidélité prend la forme, avant tout, d'une attentive et fréquente répétition. Christ dit a ses disciples de ne pas utiliser les " vaines répétitions " (Mt 6,7), mais la répétition de la Prière de Jésus, quand elle est faite avec sincérité et concentration intérieures, n'est absolument pas " vaine ". L'acte de la répétition incessante du Nom a un double effet : il unifie davantage notre prière et en même temps la rend plus intérieure.
VI - UNIFICATION
Aussitôt que nous essayons sérieusement de prier en esprit et en vérité, tout d'un coup nous devenons conscients d'une manière aiguë de notre désagrégation intérieure, de notre manque d'unité et d’intégrité. En dépit de tous nos efforts pour nous tenir devant Dieu, des pensées continuent à remuer sans arrêt et sans but dans notre tête, comme le bourdonnement des mouches (évêque Théophane) ou les bonds capricieux des singes de branche en branche (Ramakrishna). Contempler signifie tout d'abord être présent où on est - être ici et maintenant. Mais habituellement nous nous trouvons nous-mêmes incapables d'empêcher notre esprit de vagabonder sans but dans le temps et dans l'espace. Nous rappelons le passé, nous anticipons l'avenir, nous tirons des plans pour ce qui est à faire après ; les gens et les lieux se présentent à nous dans une succession sans fin. Nous manquons de la puissance de nous recueillir en nous-mêmes dans le seul endroit où nous devrions être - ici, en présence de Dieu ; nous sommes incapables de vivre pleinement dans le seul moment du temps qui existe vraiment - maintenant, le présent immédiat. Cette désagrégation intérieure est l'une des plus tragiques conséquences de la Chute. Les gens qui achèvent quelque chose, a-t-il été observé avec justesse, sont ceux qui font une chose à la fois. Mais faire une chose à la fois n'est pas un mince accomplissement. Assez difficile dans le travail extérieur, c'est encore plus dur dans le travail de la prière intérieure.
Que devons-nous faire ? Comment devons-nous apprendre a vivre dans le présent ? Comment pouvons-nous saisir le kairos, le moment décisif, le moment opportun ? C'est précisément sur ce point que la Prière de Jésus peut aider. L’invocation répétée du Nom peut nous amener, avec la grâce de Dieu, de la division à l'unité, de la dispersion et de la multiplicité à l'un. Pour arrêter le continuel vagabondage de vos pensées, dit l'évêque Théophane, " vous devez lier votre intellect à une pensée unique, ou à la seule pensée de 1'Unique27. "
Les Pères ascétiques, en particulier Barsanuphe et Jean, distinguent deux manières de lutter contre les pensées. La première méthode est pour les " forts " ou pour les " parfaits ". Ceux-ci peuvent " contredire " leurs pensées, c'est-à-dire les affronter face à face et les repousser dans une bataille directe. Mais pour la plupart d'entre nous une telle méthode est trop difficile et peut, assurément, conduire à un mal réel. La confrontation directe, la tentative d'extirper et d'expulser par un effort de volonté des pensées, ne sert souvent qu'à donner plus de force à notre imagination. Violemment réprimées, nos divagations ont tendance à revenir avec une force accrue. Au lieu de lutter contre nos pensées directement et d'essayer de les éliminer par un effort de volonté, il est plus avisé de nous en détourner et de fixer notre attention sur autre chose. Plutôt que de fixer à l’intérieur notre regard sur une imagination turbulente et de nous concentrer pour nous opposer à nos pensées, nous devrions regarder en haut vers le Seigneur Jésus et nous remettre entre ses mains en invoquant son Nom ; et la grâce qui agit par son Nom triomphera de ces pensées que nous ne pouvons pas supprimer par nos propres forces. Notre stratégie spirituelle devrait être positive et non négative : au lieu d'essayer de nous vider l'esprit de ce qui est mauvais, nous devrions le remplir de la pensée de ce qui est bon. " Ne contredis pas les pensées suggérées par tes ennemis, conseillent Barsanuphe et Jean, car c’est exactement ce qu’ils veulent et ils n'arrêteront pas de te troubler. Mais tourne-toi vers le Seigneur pour qu'il t'aide contre eux, plaçant devant lui ta propre impuissance ; car il est capable de les chasser et de les réduire à rien28. "
La Prière de Jésus est donc une manière de se détourner et de regarder ailleurs. Pensées et images se présentent inévitablement à nous durant la Prière. Nous ne pouvons en arrêter le courant par une simple injonction de la volonté. Il est peu ou pas du tout valable de nous dire à nous-mêmes : " arrête de penser " ; nous pourrions aussi bien dire : " arrête de respirer ". " L'intellect rationnel ne peut rester inactif ", dit saint Marc le Moine29 ; des pensées ne cessent de le remplir de leur incessant bavardage, comme le chant des oiseaux à l'aube. Mais tandis que nous ne pouvons faire disparaître brusquement ce bavardage, nous pouvons au contraire nous en détacher, en " attachant " notre esprit toujours actif " à une seule pensée, ou la pensée de 1'Un uniquement ", - le Nom de Jésus. C'est ce que dit saint Diadoque (Ve siècle) : " Quand nous avons obstrué toutes les issues de notre esprit par le souvenir de Dieu, alors notre esprit demande a tout prix quelque tâche qui satisfera son besoin d'activité. Donnons-lui alors, comme sa seule activité, l'invocation "Seigneur Jésus..."30. " Par le souvenir de Jésus-Christ, affirme Philothéos le Sinaïte (IX-X siècles ?) rassemble ton esprit désagrégé qui est éparpillé au dehors 31. " Donc au lieu d'essayer d'arrêter la suite des pensées par notre puissance, nous comptons sur la puissance qui agit par le Nom.
Selon Évagre le Pontique († 399), " la prière consiste à mettre de côté ses pensées32. " Une mise à l'écart : non un conflit sauvage, une furieuse répression, mais un acte de détachement doux et persévérant. Par la répétition du Nom, nous sommes aidés à mettre à l'écart, à laisser passer nos imaginations sans consistance ou pernicieuses et à les remplacer par la pensée de Jésus. Mais bien que l'imagination et la raison discursive ne doivent pas être violemment réprimées en disant la Prière de Jésus, il ne faut certainement pas les encourager activement. La Prière de Jésus n'est pas une méditation d'événements spécifiques de la vie du Christ, ou de quelque parole ou parabole évangéliques ; encore moins est-ce une manière de raisonner et de discuter intérieurement de quelque vérité théologique telle que la signification du homoousios ou le dogme de Calcédoine. À ce point de vue, la Prière de Jésus doit être distinguée rigoureusement des méthodes de méditation discursive, populaires en Occident depuis la Contre-réforme (Ignace de Loyola, François de Sales, Alphonse de Ligori, etc.).
En invoquant le Nom, nous ne devrions former délibérément dans notre esprit aucune image visuelle du Sauveur. C'est une des raisons pour lesquelles nous disons la Prière dans l'obscurité, plutôt qu'avec les yeux ouverts devant une icône. " Garde ton esprit libre de toutes couleurs, images et formes, nous presse saint Grégoire le Sinaïte, garde-toi de l'imagination (phantasia) dans la prière - autrement tu pourrais trouver que tu es devenu un phantastes au lieu d'un hesychastes33. " " Pour ne pas tomber dans l'illusion (prelest) en pratiquant la prière intérieure, déclare saint Nil Sorski († 1508), ne te permets aucun concept, aucune image, aucune vision34. " Ne place aucune image intermédiaire entre l'esprit et le Seigneur quand tu pratiques la Prière de Jésus, écrit l'évêque Théophane, ...le point essentiel est de demeurer en Dieu, et cette manière de cheminer devant Dieu signifie que tu vis avec la conviction toujours présente à la conscience que Dieu est en toi, comme il est en toute chose : tu vis dans la ferme assurance qu'il voit tout ce qui est en toi, te connaissant mieux que tu ne te connais toi-même. Cette conscience de l'oeil de Dieu regardant ton être intérieur ne doit s'accompagner d'aucune image. Il faut s'en tenir à une simple conviction ou un sentiment35. " C’est seulement en invoquant le Nom de cette manière - non en formant des images du Sauveur, mais simplement en " sentant " sa présence - que nous ferons l'expérience de la pleine puissance de la Prière de Jésus pour nous constituer comme un tout et nous unifier.
VII - INTÉRIORITÉ
L’invocation du Nom répétée, en unifiant davantage notre prière, la rend en même temps plus intérieure, plus une part de nous-mêmes - non pas quelque chose que nous faisons à des moments particuliers, mais quelque chose que nous sommes tout le temps ; pas un acte occasionnel mais un état continu. Une telle manière de prier devient vraiment la prière de l'homme tout entier prière dans laquelle les mots et la signification de la Prière sont pleinement identifiés avec celui qui prie. Tout ceci est bien exprimé par Paul Evdokimov (1901-1970) : " Dans les catacombes, l'image qui revient le plus souvent est la silhouette d'une femme en prière, l'Orante. Elle représente la seule vraie attitude de l'âme humaine. Ce n’est pas assez de posséder la prière : nous devons devenir prière incarnée. Ce n'est pas assez d'avoir des temps de prières : chaque acte, chaque geste, même un sourire, doit devenir une hymne d'adoration, une offrande, une prière. Nous devons offrir non ce que nous avons, mais ce que nous sommes36. C’est ce dont le monde a besoin pardessus toute autre chose : non de gens qui disent des prières avec plus ou moins de régularité, mais des gens qui sont " prière ".
Le genre de prière que Paul Evdokimov décrit ici peut être défini plus exactement comme " la prière du coeur ". Dans l'Orthodoxie, comme dans beaucoup d'autres traditions, la prière est généralement distinguée en trois catégories qu'il faut considérer comme des niveaux se mêlant les uns aux autres plutôt que comme des étapes successives : la prière des lèvres (prière vocale), la prière de l'intellect (prière mentale), la prière du coeur (ou de l'intellect dans le coeur). L’invocation du Nom commence, comme toute autre prière, comme une prière vocale, dont les mots sont prononcés avec la langue par un effort délibéré de la volonté. En même temps, encore une fois par un effort délibéré, nous concentrons notre intellect sur le sens de ce que dit notre langue.
Avec le temps et le secours de Dieu, notre prière devient plus intérieure. La participation de l'intellect devient plus intense et plus spontanée, tandis que les sons énoncés par la langue deviennent moins importants ; pour un moment, peut-être, ils cessent complètement et le Nom est invoqué en silence, sans aucun mouvement des lèvres, par l'intellect seul. Quand ceci se produit, c'est que nous sommes passés, par la grâce de Dieu, du premier niveau au second. Non que l'invocation orale cesse complètement, car il y aura des moments où, même les plus avancés dans la prière intérieure souhaiteront appeler le Seigneur Jésus à haute voix. (Et qui vraiment peut prétendre être avancé en prière intérieure ? Nous sommes tous des débutants dans les choses de 1'Esprit.)
Mais le voyage intérieur n'est pas encore achevé. Un homme est beaucoup plus que son esprit conscient ; outre son cerveau et ses capacités de raisonnement, il y a ses émotions et ses affections, sa sensibilité esthétique, en même temps que les couches instinctives de sa personnalité. Tout ceci a un rôle à jouer dans la prière, car l'homme en entier est appelé à prendre part à l'acte total de l'adoration. Comme une goutte d'encre qui tombe sur un buvard, l'acte de la prière devrait s'étendre régulièrement vers l’extérieur à partir du centre cérébral de la conscience et du raisonnement jusqu'à ce qu'il imprègne chaque partie de notre être.
En termes plus techniques, ceci signifie que nous sommes appelés à avancer du second niveau au troisième : de la prière de l'intellect à la prière de l'intellect dans le coeur. Le " coeur " dans ce contexte doit être compris au sens sémitique et biblique plutôt qu'au sens moderne, comme désignant non pas seulement les émotions et les affections, mais la totalité de la personne humaine. Le coeur est l'organe premier de l'être de l'homme, " le moi le plus profond et le plus vrai, qu'on n'atteint qu'a travers le sacrifice, à travers la mort37." Selon B. Vycheslavtsev, il est " le centre non seulement de la conscience mais de l'inconscient, non seulement de l'âme mais de l'esprit, non seulement de l'esprit mais du corps, non seulement de l'intelligible mais de l'incompréhensible ; en un mot, c’est le centre absolu38." Interprété de cette façon, le coeur est beaucoup plus qu'un organe matériel dans le corps : le coeur physique est un symbole extérieur des possibilités spirituelles sans limites de la créature humaine, faite à l'image et à la ressemblance de Dieu.
Pour accomplir le voyage intérieur et atteindre à la vraie prière, il est nécessaire d'entrer dans ce centre absolu, c'est-à-dire de descendre de l'intellect dans le coeur. Plus exactement, nous sommes appelés à descendre non de mais avec l'intellect. Le but n'est pas seulement " la prière du coeur " mais " la prière de l'intellect dans le coeur ", car les formes conscientes de l'entendement, y compris la raison, sont un don de Dieu et doivent être utilisées à son service, non rejetées. Cette " union de l'intellect avec le coeur " signifie la restauration de la nature déchue et fragmentée de l'homme, sa restitution dans son unité originelle. La prière du coeur est un retour au Paradis, un mouvement inverse de la Chute, le recouvrement du status ante peccatum. Ceci signifie que c'est une réalité eschatologique, un gage et une anticipation de l'âge à venir - quelque chose qui, dans l'âge présent, n’est jamais pleinement ni entièrement réalisé.
Ceux qui, bien qu'imparfaitement, ont réalisé dans une certaine mesure " la prière du coeur ", ont commencé à faire la transition dont nous avons parlé plus haut - la transition de la prière " d'effort " à la prière " qui agit d'elle-même ", de la prière que je dis à la prière qui " se dit elle-même " ou, plutôt, que Christ dit en moi. Car le coeur a une double signification dans la vie spirituelle : c'est à la fois le centre de l’être de l'homme et le point de rencontre entre l'homme et Dieu. C'est à la fois le lieu de la connaissance de soi où l'homme se voit lui-même comme il est vraiment, et le lieu de la transcendance du moi où l'homme comprend sa nature comme un temple de la Sainte Trinité, où l'image se confronte avec 1'Architype. Dans " la chambre intérieure " de son propre coeur il trouve le fondement de son être et ainsi passe la frontière mystérieuse entre le Créé et 1'Incréé. " Il y a des profondeurs incommensurables dans le coeur, affirment les Homélies de Macaire... Dieu est là avec les anges, lumière et vie sont là, le royaume et les apôtres, les cités célestes et les trésors de grâce : tout est là39. " La prière du coeur, donc, désigne le point où " mon " action, " ma " prière, s'identifie explicitement avec l'action continuelle d'un Autre en moi. Ce n'est plus la Prière à Jésus, mais la Prière de Jésus lui-même. Ce passage de la prière " d'effort " à la prière " qui agit d'elle-même " est décrit d'une manière frappante dans les Récits d'un pèlerin russe : " Un matin de bonne heure, je fus comme réveillé par la Prière40. " Jusque-là le pèlerin " disait la Prière " ; maintenant il découvre que la Prière " se dit d'elle-même ", même quand il est endormi, car elle est unie à la prière de Dieu en lui.
Les lecteurs des Récits d'un pèlerin russe peuvent avoir l'impression que ce passage de la prière vocale à la prière du coeur se fait aisément, presque d'une manière mécanique et automatique. Le pèlerin, semble-t-il, parvient à la prière " qui agit d'elle-même " en quelques semaines. Il faut faire remarquer que son expérience, bien qu'elle ne soit pas unique41, est tout de même exceptionnelle. Plus généralement, la prière du coeur n’apparaît, si elle le fait, qu'après une vie entière d'effort ascétique. C'est le libre don de Dieu, accordé quand et comme il le veut, et non le résultat inévitable de quelque technique. Saint Isaac le Syrien (VIIe siècle) souligne l'extrême rareté du don quand il dit : " à peine un sur dix mille est mis au nombre de ceux qui sont dignes du don de la prière pure ", et il ajoute : " Quant au mystère qui se trouve au-delà de la prière pure, c'est à peine si l'on peut trouver un seul homme par génération qui ait approché de cette connaissance de la grâce de Dieu42. "
Un sur dix mille, un par génération : quoique dégrisés par cet avertissement, nous ne devrions pas indûment nous décourager. Le chemin vers le royaume intérieur s’ouvre devant tous et tous également y voyagent quelque peu. Dans l'âge présent, peu de gens expérimentent avec quelque plénitude les mystères les plus profonds du coeur, mais beaucoup reçoivent d'une manière plus humble et plus intermittente de vraies intuitions de ce que signifie la prière spirituelle. 

http://www.pagesorthodoxes.net/coeur/puissancedunom.htm#V

sábado, 16 de julho de 2011

The Four Laws by which Christ will Judge the World – with Elder Cleopa


Blessed Memory of Elder Cleopa of Sihastria Monastery
Fr. Cleopa has found his place in history as the most representative elder and spiritual father of contemporary Romanian Orthodox spirituality. The last twenty years of his life the Elder spent in increased and concentrated prayer: fourteen to fifteen hours a day. He had mystical moments when he did not want to speak to anyone, not even his cell attendant. From four until eight the Elder prayed his morning rule; afterward he confessed monks and lay people until about four in the afternoon, when he began his evening prayer rule, consisting of the canon of repentance, canons to the Theotokos, the Supplicatory Canon, Small Compline and other services.
Fr. Cleopa remembering his nostalgic beginnings: “In the years that I was shepherd of the skete’s sheep together with my brothers, I had great spiritual joy. The sheepfold, the sheep – I live in quiet and solitude on the mountain, in the midst of nature; it was my monastic and theological school”. In the last months of his life the Elder could be heard saying often: “Now I am going to my brothers!” and “Leave me to depart to my brothers!” and “I am going to Christ! Pray for me, the sinner.”
On the eve of the Elder’s departure for the next life he began to read his morning rule, when his disciple said to him: “Geronda, its evening now. These prayers should be read tomorrow morning.” The Elder answered him saying, “I am reading them now because tomorrow morning I am going to my brothers.” On the morning of December 2nd, 1998, at about 2:20 a.m. Elder Cleopa departed for eternity
  
The Four Laws by which Christ will Judge the World
By Elder Cleopa of Sihastria
I have said a few words about death. I will now say something about conscience. Whoever will guard his/her conscience clean, will undoubtedly be prepared and happy when death comes. One’s conscience is the just judge that God has placed within us.
One’s conscience cannot ever be a mere reflection of matter. It is God’s voice in man and it always reprimands him when he goes astray: “Man, why did you do this or that?”
This law of one’s nature is also common among the Chinese, among Christians, or among the Buddhists, Brahmans, and Mohammedans. It is the first law that God placed in man’s soul ever since He created him, based on which the world guided itself until the written Law. An non-believing lawyer asked me once:
-         Father, I just cannot come to terms with the idea of the Last Judgement!
-         Oh, why can’t you, brother? How come?
-         Father, how is Christ going to judge me if I were Chinese or other nationality and therefore I have never heard of Christ in my life? They have not heard about Christ out there. Does that mean that God punishes unjustly? He is just. How will He judge and punish me, if I haven’t even heard of Christ’s Gospel?
-         Hang on a minute! You, Sir, know how to shuffle those papers around, to write minutes or whatever it is that you’re doing in your job. You don’t know the Scripture, though. You are a rationalist, you split the hair in forty and waste yourself completely by following your own mind.
There are four laws based on which God will judge the whole earth. Not one, but four. And nobody can escape God’s terrible justice, whether they are Chinese, Brahman, Buddhist, Christian, Mohammedan, or Jewish, because God is just, as the Apostle says: God is just and all humans are liars. [*to find exact quote]
Precisely because He is just, God has established these laws, so that He will judge everyone justly. You hear? Four laws.
The first law is the law of nature or the law of one’s conscience. It was by that law that God rebuked Cain when he killed his brother Abel. Because listen to what the Scripture says: that he was so much tormented by remorse that he fell into despair and cried: “My iniquity is greater than that I may deserve pardon.
He fell into despair for having killed his brother Abel, the shepherd; as God had received Abel’s sacrifice and Cain had taken envy on him and as soon as Abel went out into the field, he killed him.
The law of the conscience was telling him: “What have you one? You have killed your brother!”
And he hears God:
-         Cain, where is your brother?
But instead of telling him “God, I have done wrong”, he answered:
-         I don’t know, am I my brother’s keeper?
And God told him:
-         Your brother’s blood calls to Me from the ground. Because you have done this, I shall punish you by all punishments and whoever will kill you, will be punished seventy times seven…
And Cain lived for over 1000 years, as Kedrin’s Chronograph reads – and nobody would kill him, because they were afraid of the punishment that God had placed on him.
What were Cain’s seven punishments for having killed his brother Abel? First, it was despair, then trembling, then crying – as he would cry and moan on earth –, then fear – as he would run from one place to another for fear that God would see him –; then the curse upon the land so that it would not give him its fruit, and all the other things, as it is written in the Holy Scripture, in Genesis, Chapter 4.
When he does wrong, any man on earth will be rebuked by his own conscience, which will tell him: “Why have you done wrong?” That is the first law that God gave to man – which is also called the law of one’s conscience or the law of one’s nature.
The second law which stands forever before us, as St. Gregory of Nyssa shows, and which resounds forever like a trumpet from the height of the sky and shows us God, is the law of the creation. Who made the sky, the earth, and everything else? The moon, the grass, the flowers, the fish, the seas, the rivers, the stones, the trees, the mountains, all the creatures on earth, in the water, and in the air. Who made them, brothers? Who made the clock of the universe that works with such amazing precision, that no one can imitate it? None other than our Good Lord! The centre of guidance for this world is its Creator – God, Who has put order in everything that exists.
The creation law is what prophet David refers to: Heavens tell of God’s glory and the making of His hand is heralded by the sky. How? By their spherical arrangement and by the immense distance among them; by the interstellar space, which takes billions of light-years to cross, by the movement of the celestial bodies, of the solar system, and of the planets, with such measure and precision that it boggles the minds of the greatest astronomers in the world.
What did Isaac Newton say – the great English astronomer, who for thirty years had been an atheist and when he discovered the “law of universal attraction” and saw that each planet will attract a smaller one and will not let it get away, or break or move irregularly in the celestial space. He put all his equipment on the table and exclaimed: Great are Thou, oh God, and wondrous are Thy things and no word is enough to praise Thy wonders!
See? While having found science outside faith, he came to the fear of God by discovering the wonders of the cosmos. What did Kepler, Isaac Newton and all the other ones, which I don’t have time to mention here, said when they converted, upon seeing God’s creation as not something that exists by itself, but that has a centre of guidance and a precision that amazes all minds?
Not one in a billion was uncovered from nature’s secrets. As God’s wisdom does not have any boundaries, neither will it have one onto the ages of ages, since limitless is the Creator’s wisdom, indeed.
So the second law that stands before us all is the Law of Creations or of creation. So that by the natural and spiritual contemplation, we can climb from the reasons of things, to their Creator. If you see a ship, you think that there must be a craftsman who made it; if you see a good coat on a man, you must know that the tailor was good, too. If you see a palace or a building with beautiful architecture, you should know that there was a smart architect behind it. If you see a good clock, it was undoubtedly made by a good clock-maker.
So all of this shows us that there is a Maker and if that is the case, then we should “fear” and obey Him, so that He does not punish us according to His justice.
The third law is the written law, which was given to Moses on Mount Sinai, that is, the ten commandments and the whole of the Old Testament, based on which the chosen people, that is, the Jews, will be judged. The fourth and most important law is the Law of the Gift, the Law of Perfection, the Law of Jesus Christ’s love, that is, the Holy Scripture. It is according to this divine law that all Christians who have been christened in the name of the Holy Trinity, will be judged.
The first one was the law of nature, which remains as a general rule for all peoples, until the end of the world. The second law is the law of creation, which is similar to the first one. All the nations of the world will be judged according to the first two laws, except for Christians and Jews. The Jews will be judged according to the written Law – that is, by the Old Testament. And we, the Christians, will be judged according to the Law of the Gift and the Gospel, since our law is more accomplished than all the other laws. And if we infringe it, we carry much sin and our punishment will be heavier than theirs, who have not known the Gospel.
So it is such a “lawyer” that God has established for us. Let us not fool ourselves, brothers, into thinking that God does not know what everyone does. You will not even hope to say that you have no sin because you did not know or because you were a Chinese, a Turk, or an atheist.
Even if you were downright pagan, you still had a conscience and based on it God will judge you. You have seen His Creation. Haven’t you ever asked yourself Who made the sky, the sun, the earth and everything else, so that you think of God and fear Him, who made it all? Amen.

http://orthodoxword.wordpress.com/2009/12/

Agli avversari e denigratori della «preghiera di Gesù»

 
    Commento e apologia a cura dello starets Paisij
Io, cenere e polvere, prostrato con tutta la mia anima e tutto il mio cuore dinanzi all'inaccessibile splendore della gloria divina, ti prego o dolcissimo Gesù, Figlio unico e Verbo di Dio, splendore del Padre sovrano e figura della sua ipostasi, tu che hai restituito la vista al cieco, dissipa le tenebre del mio spirito, illumina i miei confusi pensieri, accorda la grazia alla mia anima traviata. Possa questo scritto glorificare il tuo nome santissimo e rendere servizio a coloro che vogliono unirsi a te, nostro Dio, nel loro santo esercizio della preghiera spirituale e portarti sempre nel cuore, tu che sei la perla inestimabile. Possano essi anche ricondurre sul retto cammino quella gente senza fede che osa maledire questo santo esercizio.
Quali motivi avete dunque per calunniare questa preghiera? Oserete giudicare vano l'invocare il Nome di Gesù? Oppure il cuore merita questi oltraggi, questo cuore sul quale come su una tavola d'altare il nostro spirito celebra la gloria di Dio e offre il mistero del suo sacrificio di lode?
Lo spirito e il cuore non sono forse creature di Dio e cose buone in se stesse, come tutto quanto il corpo umano? Che cosa si può dunque rimproverare all'uomo che, dal profondo del suo cuore e con tutto il suo spirito, eleva la sua preghiera verso il dolcissimo Signore per implorare la sua grazia? Oppure disprezzate e rigettate la preghiera spirituale perché pensate che Dio non ascolti una preghiera mormorata nel segreto del cuore e gradisca solo quella che pronunciano le labbra? Se è così, offendete Dio.
Ma ho altre domande da farvi! Disprezzate questa preghiera perché ne avete potuto costatare la funesta influenza? Avete mai visto o sentito che chi la pratica abbia subito qualche danno nella mente o nell'anima, oppure abbia scambiato l'illusione con la verità? E ne avete dedotto che causa di tutti questi mali era la preghiera spirituale? Non è affatto così. La santa preghiera spirituale, quella che la grazia di Dio rende efficace, allontana l'uomo dalle passioni, lo mantiene nella fervente fedeltà ai comandamenti di Dio e lo preserva contro tutte le frecce e gli attacchi del tentatore.
Convengo volentieri che se qualcuno, per semplice capriccio rifiuta di pregare ad alta voce, cosa questa raccomandata dai santi Padri, e non vuole sentire il consiglio di maestri esperti, costui si getta nella rete e nelle trappole del demonio. Ciò equivale forse a dire che, in questo caso, la preghiera deve essere messa in causa? Lungi da ciò! La testardaggine, l'orgoglio e la mancanza di umiltà sono piuttosto le cose che spiegano le seduzioni diaboliche, le illusioni spirituali di cui alcuni sono preda.
La divina preghiera spirituale ha le sue radici nella parola stessa di nostro Signore Gesù Cristo: « Ma tu, quando preghi, entra nella tua camera, chiudi dietro a te la porta e prega il Padre tuo che è là, nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te lo renderà» (Mt 6,6).
San Giovanni Crisostomo, questa bocca di Cristo, quest'astro dell'universo, questo maestro ecumenico, non ha voluto applicare tale testo alla preghiera delle labbra e della lingua, ma a una preghiera che sale dal profondo del cuore.
San Basilio il Grande, questa colonna di fuoco, questo ardente portavoce dello Spirito santo, afferma che l'uomo possiede nelle sue profondità una bocca spirituale che gli permette di nutrirsi della Parola divina. San Gregorio il Teologo dice della preghiera spirituale: «Il tuo spirito resti incessantemente un tempio di Dio perché tu conservi nel profondo del tuo cuore l'immortale presenza del re divino »
Bisogna sapere che secondo gli scritti dei santi Padri ci sono due tipi di preghiere spirituali: uno per i principianti, che può essere paragonato all'azione (praxis), e l'altro per i perfetti, che corrisponde alla contemplazione (theoria). La prima è l'inizio, la seconda il punto d'arrivo, poiché « agire » significa innalzarsi per « contemplare ». Proprio in questo sta infatti ogni sforzo ascetico quando si lotta con l'aiuto di Dio: si combatte per l'amore di Dio e del prossimo, per la dolcezza, la pazienza e l'umiltà e per adempiere tutte le altre leggi di Dio e dei Padri; si combatte per la perfetta obbedienza dell'anima e del corpo, per i digiuni, le veglie la contrizione le genuflessioni e tutte le altre mortificazioni della carne, per l’esatta osservanza delle prescrizioni riguardanti l'ufficio divino e la preghiera in cella, per l'esercizio spirituale della preghiera privata, per le lacrime e la meditazione sulla morte. Tutto questo è lotta fintanto che la nostra ragione umana è preda dei nostri capricci e della nostra testardaggine. Tutto questo, lo si sa bene, può essere chiamato « agire », « azione », praxis. Ma « vedere» e « contemplare », tutto ciò ancora non lo è.
Quando però, con l'aiuto di Dio, attraverso questo combattimento e soprattutto in grande umiltà, l'uomo è arrivato a lavare la sua anima e il suo cuore da ogni impurità spirituale e dai godimenti della carne, allora interviene la grazia divina, nostra comune madre: essa illumina la nostra ragione, la prende per mano come la madre fa con il suo bambino, la fa salire gradino per gradino e le rivela, a seconda del grado della sua purezza, i misteri indicibili e insondabili di Dio. Questa è la vera visione, la contemplazione (theoria).
Preghiera contemplativa - la «preghiera pura » di Isacco il Siro - sguardo rispettoso su Dio stesso: ecco cos'è. Che nessuno abbia ad avventurarsi in questa contemplazione con le sue proprie forze o di testa propria, senza che Dio lo visiti e lo guidi con la sua grazia. « Se, ciò nonostante, qualcuno avesse la pretesa di innalzarvisi senza la luce della grazia divina, sappia che, dice san Gregorio il Sinaita, le sue visioni sono solo chimere proiettate in lui dall'inganno del maligno ».
Bisogna anche sapere che Gregorio il Sinaita  ha distinto otto tipi di contemplazione. « Possiamo contare, dice, otto principali oggetti di contemplazione. Primo: Dio, la Causa invisibile, eterna e increata di ogni cosa, l'unità della Trinità in tre persone e la Divinità soprannaturale. Secondo: l'ordine e la gerarchia delle potenze spirituali. Terzo: il piano divino della creazione. Quarto: L'incarnazione del Verbo di Dio. Quinto: la resurrezione dell'universo. Sesto: la seconda e terribile venuta di Cristo. Settimo: le pene eterne. Ottavo: il regno dei cieli e la sua infinità eterna ».
Si sappia bene anche che la santa azione della preghiera spirituale ha rappresentato la costante occupazione dei nostri Padri ripieni di Dio e che essa ha rischiarato come il sole la vita dei monaci: sul Sinai, nel deserto di Scete, sul monte Nitria, a Gerusalemme e nei nostri monasteri: in una parola, in tutto l'Oriente; a Costantinopoli, sulla santa Montagna dell'Athos, sulle isole, e, in tempi più recenti, per grazia di Cristo, anche in tutta la Russia. I nostri Padri ebbri di Dio, tutti ardenti del fuoco serafico dell'amore di Dio e del prossimo, hanno avuto il privilegio di diventare, grazie a questo spirituale raccoglimento, fedelissimi custodi dei comandamenti di Dio e vasi dello Spirito santo. Essi infatti avevano purificato il loro cuore e la loro anima e cancellato in se stessi le tare dell'uomo vecchio. In una santa esaltazione e poiché lo Spirito comunicava loro la sapienza, a proposito della preghiera spirituale hanno scritto pagine tutte ispirate dall'Antico e Nuovo Testamento. Era disegno della Provvidenza che la loro santa occupazione non cadesse dopo di loro nella dimenticanza. Tra le file dei veri credenti nessuno ha mai denigrato questa pratica spirituale, questa sorveglianza del paradiso del cuore; la si è sempre stimata, rispettata come portante in sé il più alto profitto spirituale.
Ma Satana, artefice di ogni malizia, nemico di ogni buona azione, si è accorto che questa occupazione spirituale permetteva ai monaci di restare ai piedi di Cristo nell'amore e di progredire nella perfezione con una sempre più totale fedeltà ai comandamenti divini. Ha usato allora tutti i suoi artifici per discreditare agli occhi degli uomini questa attività così salutare per l'anima ed estirparla per sempre dalla terra. Così il Maligno ha reclutato in terra d'Italia l'eresiarca Barlaam, la vipera calabrese, e, rintanandosi in lui con tutta la sua potenza malefica, gli ha ispirato di venire a diffamare la nostra fede ortodossa.
Il Signore Gesù Cristo stesso, dalle origini della fede ortodossa e fino ai nostri giorni, è stato pietra d'inciampo per gli increduli e salvezza dell'anima per i credenti; lo stesso succede per la preghiera di Gesù: sebbene sia stata una pietra d'inciampo e un'occasione di scandalo per qualche fedele e qualche scettico nessuno tuttavia, prima di questo eresiarca, aveva osato denigrare tale ascesi e sparlare di quelli che la praticano.
Barlaam, questo rettile sfuggito dall'inferno, si è dunque recato dalla Calabria in Grecia e ha posto la sua prima residenza a Tessalonica, non lontano dal monte Athos Proprio qui, tra i monaci aghioriti, sentì parlare della santa preghiera spirituale. Allora, forte del suo sapere filosofico e delle sue conoscenze astrologiche, cominciò a distillare il suo veleno contro i monaci contro la preghiera, contro la stessa Chiesa di Dio e la sua dottrina. La luce divina di Cristo, lo splendore increato ed eterno che sul monte Tabor è rifulso sui suoi santi discepoli ed apostoli, costui ha preteso fosse stata creata.
Insieme al suo discepolo Akindin ha fatto lo stesso discorso a proposito degli altri attributi divini propri, per essenza e natura, alla sola e stessa essenza della santa Trinità così come i raggi, lo splendore e la luce sono propri al sole; tali attributi sono: l'efficienza, la potenza, la grazia, la luce e lo splendore, i doni, le perfezioni e tutto ciò che in Dio non si può misurare né numerare. Tutti i cristiani ortodossi i quali confessano che in Dio non ci può essere nulla di creato e che in lui tutto è increato ed eternamente esistente, li hanno riguardati come gli adoratori di due o più dèi, ma in realtà essi erano dei senza Dio.
Per questo i Padri aghioriti della santa Montagna dell'Athos si sono riuniti in concilio locale. Hanno dichiarato anatema le calunnie di Barlaam, dopo che questi aveva respinto tutte le esortazioni orali e scritte che gli vennero fatte. Più tardi, i quattro grandi concili tenuti a Costantinopoli nella chiesa della divina Sapienza (Haghia Sofia), estesero l'anatema a tutti gli eretici e ai loro seguaci. Ai primi due di questi concili aveva assistito Gregorio Palamas, all'epoca ancora semplice monaco; fu anche presente al terzo concilio nella sua qualità di vescovo di Tessalonica. Quanto al quarto concilio, ebbe luogo solo dopo la sua morte. In tutte queste assemblee, la Chiesa pronunciò l'anatema contro tutti gli eretici che rifiutavano di fare penitenza e di abiurare i loro errori, mentre i monaci dell'Athos furono lodati da tutta la Chiesa per la purezza della loro fede, riconosciuta esente da ogni errore, diffamazione o menzogna. Così la preghiera di Gesù, pronunciata non soltanto dalle labbra, ma dal fondo del cuore illuminato dalla ragione, venne sottratta ai colpi degli eretici e glorificata da tutta la nostra santa Chiesa come un'opera divina.
E ora, ve ne prego e prego anche Dio: frequentate con un santo ardore, con una fede a tutta prova gli scritti dei Padri e l'insegnamento che vi consegnano. Questo insegnamento è in accordo con la Sacra Scrittura, con le dichiarazioni dei Dottori ecumenici della Chiesa e con la santa Chiesa stessa, poiché in tutte queste fonti di verità, chi agisce è sempre lo Spirito. E lo Spirito che istruisce i Padri quali nostri maestri nella vita monastica. E poiché la loro fedeltà è stata gradita a Dio, i misteri del regno di Dio sono stati loro rivelati; Dio ha svelato loro il senso profondo della Sacra Scrittura e per questo gli scritti dei Padri contengono il vero insegnamento per i monaci che vogliono assicurare la loro salvezza. Rimanete saldamente attaccati a questo insegnamento, ma tenetevi lontani da ogni controversia e fuggite ogni discussione quando i detrattori della preghiera spirituale vogliono guadagnarvi alla loro causa. Né loro, né altri infatti possono presentare una sola testimonianza in favore della loro falsa sapienza; non possono fondarla che sulla sabbia di una ragione empia e traviata.
Quanto a voi che sostenete la verità, quali fedeli e sinceri figli della Chiesa ortodossa di Dio, costruite sulla salda roccia della fede! Non mancate infatti di testimoni per l'autentica osservanza dei co­mandamenti di Dio e per la pratica della santa preghiera di Gesù: ci sono tutti i nostri santi ebbri di Dio che posso citarvi qui... Seguite bene i loro santi insegnamenti; sforzatevi con il corpo e con l'anima di praticare tutte le opere buone e gradite a Dio. Fate ciò che potete con l'aiuto della grazia di Dio.
                                             Amen
(tratto da IGOR SMOLITSCH, Santità e preghiera, ed. Gribaudi).

http://www.esicasmo.it/esicasmo.it.htm

Elder Cleopa

 http://acvila30.files.wordpress.com/2010/12/img_0591-sihastria-cleopa.jpg

Elder Cleopa (April 10, 1912 – December 2, 1998)

Once, a Christian lady wanted to meet Elder Cleopa, as she had never seen him. Upon passing by his cell, she bowed and said in her mind: “I kiss your hand, Father”. Right then she heard in her mind the Elder’s voice, saying: “May God’s peace be with you, my daughter”. Then, with a heart [...]
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The Soul’s Journey after Death

By Elder Cleopa Brothers, never forget that our soul is immortal. Let me tell you one thing: we are mere strangers and passers-by here on earth. Listen to what the Psalm book says: Unworthy is man on earth and a stranger, just like all his ancestors. Nobody stays in this world. We are not here to [...]
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The Four Laws by which Christ will Judge the World

By Elder Cleopa I have said a few words about death. I will now say something about conscience. Whoever will guard his/her conscience clean, will undoubtedly be prepared and happy when death comes. One’s conscience is the just judge that God has placed within us. One’s conscience cannot ever be a mere reflection of matter. [...]
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Father Cleopa Continues to Make Miracles Even After His Death

04-14-2004 The tomb of Father Ilie Cleopa, who rests at the Sihăstria Monastery, has become a pilgrimage site. Those who met Father Cleopa during the 64 years he spent only at Sihăstria come and worship at his resting place and say that they feel the blessing and the help of the holy man in achieving [...]
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The Old and the New Calendar

About the Old Calendar, Stylists, and Slătioara By Fr. Cleopa The thing that happened once to a priest here, Calistrat Bobu, my God! He was a very good priest. Very good. But one day he dropped by to see a nun who was living in the forest (as at that time there were about fifty [...]
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Elder Cleopa – 1998

My dear Orthodox Christians, Serbians, Greeks, and Bulgarians are brothers to us. They are Orthodox Christians. Who is your Bishop?
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About Prayer (7)

  By Fr. Cleopa But let us pray as we can, as we have seen that the Savior didn’t overlook the Canaanite woman’s prayer. She wasn’t Jewish, she was a Phoenician from around the Tyre and the Sidon. Now, Phoenicians were pagans. Yet she had heard of the Savior and how He worked miracles and came along [to see [...]
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About Prayer (6)

By Fr. Cleopa Therefore, our duty is to pray as we can, however we can, starting with the opening prayers: “Heavenly King…”, “Holy God…”, “All-holy Trinity…”, “Our Father…”, “The Creed” and all the other ones. We should pray as we can, but we should do it often. Because – listen to what the Holy Fathers [...]
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About Prayer (5)

But you will ask me: “What about us, Father, what should we do, most of us who live in the world, who don’t know this technique and philosophy of high prayer? Will our souls be lost for that matter?” No, they won’t! But since the issue of prayer was brought up, I have just shown [...]
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About Prayer (4)

By Fr. Cleopa That is why he will bring text excerpts to your mind – either by the Apostle or from the Gospel, or from the sermons you have heard in Church. You’re sitting and praying and the devil will present to you great and highly spiritual matters. Then you feel a sort of spiritual [...]
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DETTI E GESTI DI INSEGNAMENTO DI PADRE CLEOPA DI SIHASTRIA



STORIE E APOFTEGMI DEI GRANDI PADRI SPIRITUALI
DEL MONACHESIMO RUMENO


 

DETTI E GESTI DI INSEGNAMENTO DI 
PADRE CLEOPA DI SIHASTRIA

 


«Quando tu dici "Signore Gesù..." tutto l'inferno trema, se solo lo dici dal cuore»
«Devi avere nella mano destra il timore di Dio e nella mano sinistra la meditazione della morte. E poi nella mente e nel cuore la preghiera di Gesù
. Così diventerai santo, fratello mio»
«Abbiate il cuore di un figlio verso Dio, verso il vostro prossimo il cuore di una madre e la mente di un giudice verso voi stessi»
«Che cos'è la preghiera pura?»
«Dirla con la bocca, comprenderla con la mente e sentirla nel cuore»



Padre Cleopa aveva una grande devozione per la Madre di Dio, la regina dei cherubini e dei serafini, la nostra patrona. Perciò non passava neanche un giorno senza aver letto l'acatisto dell'Annunciazione e alcuni canoni del Bogorodicen

Diceva padre Cleopa: «Sapete chi è la Madre di Dio? È la regina della creazione, la stanza dove la Parola di Dio incarnato ha dimorato e attraverso cui la Luce è venuta nel mondo. È la porta della Luce, perché Cristo, la Luce, è entrato nel mondo attraverso di lei. È la porta della Vita, perché Cristo, la Vita, è entrato nel mondo attraverso di lei. È la porta chiusa attraverso la quale non è passato nessuno se non il Signore, come ha detto il profeta Ezechiele».

Diceva anche: «La Madre di Dio è la scala al cielo, la colomba che ha messo fine al diluvio del peccato, proprio come la colomba fermò il diluvio di Noè. È il turibolo di Dio, perché ha ricevuto il Fuoco divino. La Madre di Dio è la sposa del Padre, la madre della Parola e la chiesa del Santissimo Spirito».

Ancora, diceva: «Quando vedi l'icona della Madre di Dio con Cristo bambino nelle sue braccia, sai che cosa vedi? Il cielo e la terra! Il cielo è Cristo, lui che è più alto dei cieli, il creatore dei cieli e della terra. E la Madre di Dio rappresenta la terra, perché è della nostra stirpe. È di una famiglia regale e sacerdotale».

Diceva ancora l'anziano: «Le braccia della Madre di Dio sono più forti delle spade dei cherubini e dei troni santi. Dunque, chi tiene la Vergine Maria tra le braccia? Lo sapete? Colui che fece il cielo e la terra e tutte le cose visibili e invisibili».

«Sapete chi è la Madre di Dio e quanto onore, quanto potere e quanta misericordia ha? È la nostra Madre, perché ha pietà per i poveri, le vedove e tutti i cristiani. Prega continuamente Cristo Salvatore per tutti noi».

«Se volete prenderla come vostra Protettrice, al mattino leggete l'acatisto con una lampada accesa e alla sera la paraclisi. Avrete aiuto durante la vostra vita, al momento della morte e nel giorno del Giudizio. Sapete che cosa può fare la Madre di Dio davanti al trono della santissima Trinità? Se non fosse per lei, credo che questo mondo sarebbe già perduto da tempo».

A chi chiedeva preghiere in chiesa, diceva: «Abbiamo celebrato grandi uffici qua, ma se la persona non fa niente, si compie ciò che dice la Scrittura: "Quando uno prega e l'altro no, uno costruisce e l'altro distrugge!" Questo è ciò che ti dico: dopo le preghiere del mattino, leggi l'acatisto con la lampada accesa. Vedrai che la Madre di Dio è un aiuto veloce!»

Spesso padre Cleopa diceva: «Che cosa siamo noi? Una manciata di terra in una tomba. Di una buona terra siamo fatti, ma l'abbiamo sporcata, ce ne andiamo nella terra e sporchiamo anche questa! Che cosa siamo noi? Siamo sporcizia e cibo per i vermi».

Padre Cleopa ripeteva costantemente: «Entro domani o il giorno dopo domani vado da Cristo! Domani il vecchio marciume parte! Domani non mi vedrete più, vedrete solo una croce nel cimitero! Eterna memoria al vecchio marciume! Ah, una pentola rotta tenuta insieme da un filo di ferro! Domani vado dai miei fratelli. Mi stanno chiamando: "Vieni, fratello! Smetti di parlare con la gente!"»

Molte volte, quando i padri gli cantavano per la sua festa «Possa il Signore concederti tanti anni!», l'anziano li fermava e diceva: «Non così, ma "Eterna memoria, eterna memoria, possa la sua memoria essere eterna!", oppure "Molti anni, vecchio marciume!"»

A coloro che gli dicevano di essere tormentati dalla passione della fornicazione, l'anziano diceva: «La morte, la morte, la morte! La bara, il badile, la vanga, il piccone... San Basilio il Grande dice: "Quando vedi la più bella donna del mondo, và con la tua mente alla sua tomba qualche giorno dopo che è morta. Dal suo corpo viene un odore così terribile e un liquame così putrido che tutte le latrine del mondo non puzzano tanto. Ecco che cosa desideravi!"»

Quando qualcuno voleva fare una fotografia all'anziano, padre Cleopa gli diceva: «Cerca un asino e fagli una foto e scrivi "Cleopa"».

Padre Cleopa diceva: «San Basilio il Grande era solito dire che la più grande saggezza che protegge l'uomo da tutto il peccato e lo conduce in paradiso, alla felicità eterna, è la morte e la meditazione della morte. E avere sempre nella mente e nel cuore la preghiera di Gesù».

Un'altra volta diceva: «Questo corpo ci trascina in basso sulla terra, così come dice san Giovanni Damasceno: "La terra attira la terra". Ma noi non dobbiamo seguire questo cadavere».

Quando i malati venivano da lui, si scriveva i loro nomi per pregare per loro, e diceva: «Il più grande ufficio per i malati è la santa Unzione. Ma non serve se la persona non si è prima confessata. Prima di tutto uno deve confessare tutti i suoi peccati, e solo dopo può ricevere il sacramento della santa Unzione, con almeno tre sacerdoti».

Ai giovani che volevano sposarsi, dava consigli, li benediceva, li scriveva nel foglio per commemorarli nei santi uffici, e diceva: «Pregate la Madre di Dio con digiuno e metanie e leggete l'acatisto dell'Annunciazione».

Quando qualcuno si lamentava del tempo presente e gli chiedeva: «Che cosa accadrà, padre?», l'anziano rispondeva: «Il Padre ha posto gli anni e i tempi in suo potere. Come il Padre vuole, così è!» E se qualcuno gli diceva: «Il tempo fuori è cattivo», il padre rispondeva: «Tutto ciò che il Signore dà è buono!»

Ai monaci e ai fratelli che volevano andare nell'eremitaggio, diceva: «Hai passato 20 anni nel monastero, lavorando nelle obbedienze più umili? Solo allora puoi fare l'eremita! "Chiunque vuole fare anacoresi", dice san Basilio il Grande, "deve avere la benedizione del superiore, prendere uno o due fratelli con sé e avere l'esperienza dell'obbedienza e della rinuncia alla volontà propria nel monastero". Credete che l'eremitaggio sia un gioco da bambini? Se tu fossi legato ad un albero lì nell'eremitaggio, durante la prima notte torneresti indietro al monastero con l'albero sulle tue spalle! Così grandi sono le tentazioni che ti manda il diavolo!»

Diceva anche: «Il padre spirituale delle monache deve avere almeno 50 anni e deve avere 20 anni di obbedienza in un monastero».

Padre Cleopa, anche quando beveva l'acqua, chiedeva la benedizione del suo discepolo di cella o di un fratello.

A volte, quando gli accadeva di entrare nella cella e di non poter fare la preghiera perché aveva i pellegrini che entravano con lui, diceva: «Sono entrato nella cella e non ho fatto ancora la preghiera. Sono entrato come un ladro e un brigante». Si alzava e faceva tre metanie a terra dicendo: «Santissima Trinità, nostro Dio, gloria a Te». Poi faceva una metania alla Madre di Dio e a san Giovanni Battista e talvolta ricordava anche i santi del giorno.

Un discepolo diceva: «Quando chiedevo la benedizione per mangiare, padre Cleopa mi diceva questa parola: "Mangia, bevi, dormi". Io chiedevo: "Ma che cosa significa?" E lui mi rispondeva: "Mangia quando hai fame, bevi quando hai sete e dormi quando hai sonno"».

Sua santità parlava spesso delle malattie, dicendo per sé: «Questa vecchia carne marcia, che ha 86 anni, sei interventi chirurgici, una mano rotta, le costole rotte...» Per ciascuno che veniva da lui, ordinava al suo discepolo di dirgli questo. E qualcuno rispondeva al discepolo: «Ma perché ci dici tutte queste cose? Noi veniamo da padre Cleopa come da un santo! Perché ci racconti di tante malattie e impotenze?»

Una volta il discepolo chiese se poteva andare fuori dal monastero senza il riasson. Lui rispose: «Il giorno in cui andrai in un posto e uscirai dal monastero senza il riasson, devi prima fare 1000 metanie. E anche se non porti il riasson su dite, almeno portalo con te!»

Sulla Chiesa diceva: «La Chiesa è la nostra madre. Non lasciate la Chiesa, perché qui siamo uniti con Cristo. Qui Marta e Maria sono riconciliate».

Ogni notte l'anziano andava fuori, specialmente dopo la mezzanotte. Persino in inverno stava fuori per almeno un'ora. Pregava la preghiera di Gesù, ascoltava gli uccelli notturni, guardava le stelle e gioiva del silenzio. Andava nel tempo quando tutti dormono, per non essere disturbato. Tuttavia, spesso i fratelli venivano e interrompevano la sua quiete. Poi, vedendo che non poteva scappare, parlava loro e, dopo averli congedati, tornava alla tranquillità della sua cella.

Quando i fedeli gli chiedevano se è bene leggere il salterio, padre Cleopa rispondeva: «San Basilio il Grande dice: "È meglio che il sole fermi il suo corso piuttosto che il salterio non sia letto nelle case dei cristiani". Immaginiamoci il salterio come un buon dolce. Quando hai fame, tagli un altro pezzo e mangi ancora un poco; allo stesso modo, fai un po' di lavoro e poi leggi un altro kathisma, o due o tre, quanti puoi».

Talvolta, quando faceva la regola, il padre era disturbato dai pellegrini. Allora usciva dalla cella per parlare un poco, poi diceva: «Dio mi dirà: "Tu che sei un monaco, hai lavorato la terra, ma su questa terra sono cresciute delle spine e la zizzania. Ma davvero hai lavorato il mio campo?" Perciò io devo lavorare su questo campo». Poi andava nella cella e continuava il suo canone. Altre volte non usciva e diceva: «Ho ancora un po' da lavorare su questo campo, perché Dio mi dirà: Davvero hai lavorato il mio campo? Forse era il tuo. Venite di nuovo tra un'ora».
E alle volte l'ora di attesa diventava più piccola di dieci minuti, si restringeva a un quarto d'ora, secondo il sentimento del padre.

L'anziano diceva spesso anche queste parole: «Che cosa devo fare, perché i santi Padri dicono: "Fuggi questo mondo, fuggi questo mondo!"» Citava le parole del Salvatore: Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi (Lc 6,26) e aggiungeva: «O quando la vostra lode sorpassa le vostre opere».

A tutti i monaci che venivano per una parola utile, l'anziano chiedeva da quale monastero venissero, se il monastero si trovava in un luogo isolato, in uno tranquillo, se si faceva una vita comunitaria, cioè "una borsa, una mensa e una chiesa". Poi chiedeva se si mangiava la carne in quel monastero. In caso affermativo, padre Cleopa si rattristava e diceva: «Eh, se io fossi lì. Ecco, vedete voi il santo Calinic? Lui ci sta proprio guardando!» E con il pollice mostrava l'icona del santo. «Santo Calinic nel suo testamento diceva: quando il monaco o la monaca mangeranno la carne nel monastero o nel mondo, presso i suoi parenti, allora si raduni tutto  i gruppo del monastero a bestemmiare colui che ha mangiato la carne e diano 39 colpi sulle spalle. Picchia, picchia, picchia. E, se insiste, sia allontanato dal monastero».

Un monaco domandò una volta a padre Cleopa che cosa vuol dire il Salvatore con l'esempio dell'uomo che ha organizzato una grande festa di Mt 22,1-14, quando dice che entra alla festa anche l'uomo senza abiti nuziali. Come è possibile che anche quello sia entrato? A questo il padre rispondeva che si riferiva proprio a quella persona che fa la comunione senza essere meritevole.

«Padre Cleopa», disse un discepolo, «dicci come era durante i dieci anni nella foresta. Che tipo di tentazioni avevi? Ho sentito che hai combattuto con il nemico! Quanto e con che cosa eri tentato?» L'anziano replicò: «Se vuoi sapere come è nella foresta, vacci e stacci per un anno, e di sicuro lo vedrai».

Un fratello domandò a padre Cleopa: «Che cosa devo fare, per salvarmi?» «Devi avere nella mano destra il timore di Dio e nella mano sinistra la meditazione della morte. E poi nella mente e nel cuore la preghiera di Gesù. Così diventerai santo, fratello mio».

Una volta padre Cleopa disse ad un discepolo: «Sapessi quanto prego durante la notte con le lacrime perché voi abbiate amore tra di voi!»

Un altro fratello disse all'anziano: «Padre, prega per me che sono un peccatore e, se vai a Dio, non ti scordare di me».
«Sì, intanto tu mangi e dormi a sazietà e vuoi che io preghi per te?»

Un giorno un fratello saliva con la tristezza sulla faccia verso la cella di padre Cleopa. Un discepolo dell'anziano, vedendolo, gli domandò: «Cosa ti succede, fratello, perché sei così triste?» «Vado da padre Cleopa perchè ho delle gravi tentazioni che non posso sopportare». Dopo qualche tempo il fratello, questa volta con il viso pieno di luce, scendeva dalla cella del padre. Il discepolo lo vide e gli disse: «Hai potuto trovarlo?» «Sì, con l'aiuto di Dio, e ora mi sembra di volare dalla gioia!» Questo è il dono di padre Cleopa, cioè di darci la salvezza contro le tentazioni.

Un padre chiese all'anziano come pregare e l'anziano gli disse: «Prima prega con la bocca, perché dalla bocca la preghiera passa alla mente e poi al cuore. Per questo abbiamo bisogno di molta fatica, di molte lacrime e della grazia dello Spirito Santo».

«Padre Cleopa, dimmi una parola utile», disse un padre. «Non ti scordare della morte. La morte, la morte, la morte. Il timore della morte ci salva da ogni peccato».

A un fratello disse: «Preparati a soffrire, ad essere picchiato, ad avere fame e sete. E, se ti cacciano fuori, non partire! Stai all'ingresso del monastero e, se la polizia ti porta via, torna e muori in monastero!»

Un credente gli domandò: «Qual è il modo per prepararmi a venire in monastero?» «Quando vieni in monastero, devi farlo in questo modo: devi essere determinato a ricevere la morte da parte di tutti».

Diceva ancora il padre: «Non diciamo mai che abbiamo avuto un buon inizio. Non sappiamo neanche com'è quell'uomo che ha avuto un buon inizio. Dobbiamo solo pregare: "Dio, aiutaci ad avere un buon inizio!"».

Un fratello disse all'anziano: «Padre, io non posso pregare tanto, che cosa devo fare?»
«Non ascolti che cosa dice l'apostolo: Pregate incessantemente? Perciò prega anche tu il più possibile, giorno e notte, e sentirai la grazia dello Spirito Santo dentro il tuo cuore».

Un altro fratello chiese all'anziano: «Padre, se siamo imprigionati per la nostra fede e alterano la nostra mente con l'ipnosi, siamo colpevoli?»
L'anziano gli disse: «Non è possibile cambiare nessuno se questi ha nel suo cuore la preghiera di Gesù... Quando tu dici "Signore Gesù..." tutto l'inferno trema, se solo lo dici dal cuore».

Un discepolo chiese a padre Cleopa come poteva essere salvato. Padre Cleopa rispose: «Pazienza, pazienza, pazienza...»
Il fratello chiese: «Che cosa devo sopportare pazientemente?» e il padre disse: «Sopporta pazientemente gli insulti e il disonore per amore di Cristo!»
 
«Quanti vestiti deve avere un monaco?», gli chiese qualcuno. «Due cambi. Perché? Vuoi diventare un anacoreta con una carrettata di vestiti. E quando si rompono, mettici una toppa gialla, una rossa, una verde!...

A coloro che erano più pigri, il padre diceva: «Metti la carcassa, cioè il corpo, al lavoro e la mente ai piedi del Signore, cioè a pregare...»

Una volta un fratello venne da padre Cleopa dopo averlo ascoltato molte volte e gli chiese: «Padre, che cosa devo fare per salvarmi?» E padre, che conosceva il suo cuore, dette una risposta secondo la misura: «Fa' ciò che sai e troverai la tua salvezza!» Il fratello capì che già lo sapeva e che la sola cosa che gli mancava era mettere in pratica le parole de santi Padri sulla vita spirituale.

Sulla pazienza l'anziano una volta disse a uno dei suoi discepoli «Quando sarai stato in monastero per nove anni e avrai preso sette bastonate al giorno e cibo una volta ogni tre giorni, allora sarai un buon monaco.
 
Un padre domandò di nuovo: «Quando si può diventare pazzi per Cristo?» Rispose: «Dopo 40 anni di monachesimo!»
 
Di nuovo dicevano i fratelli: «Padre Cleopa, i tuoi fratelli facevano una dura ascesi, ma noi non possiamo farcela!» «Come sarebbe questo? Noi vuoi, non vuoi, non vuoi! Prendi la Madre di Dio come aiuto! Recita l'Acatisto dell'Annunciazione durante il mattino con una piccola candela accesa e alla sera la paraclisi e poi potrai farcela!»

Una volta un fratello manifestò il suo desiderio di soffrire per Dio. L'anziano gli disse: «Vedrò cosa potrai fare quando sarai portato via in macchina dalla Securitate!»

Un cristiano disse all'anziano: «Padre, non credo che esista il diavolo. L'anziano, dopo che lo ebbe istruito a sufficienza dalle sacre Scritture, disse: «Se non credi ancora che il diavolo esista, và nella foresta, comincia digiunare e a pregare e vedrai come ti graffia!»

Un monaco di Sihàstria chiese all'anziano: «Che cosa devo fare, padre Cleopa, per trovare la mia salvezza?» «Devi avere sempre davanti ai occhi la morte e la preghiera di Gesù nella mente e nel cuore. E poi avrai paura di niente! Abbi la penitenza del ladrone sulla croce!»

Di nuovo diceva ai fratelli: «Ogni cosa passa! Abbiate cura dell'anima, confessatevi, fate la santa comunione, conducete una vita pura, fate elemosine di misericordia, fate tutto quello che potete e vivete nell'amore reciproco, perché l'amore non muore mai».

Ad alcuni dei padri diceva: «Dall'inferno non ti può tirare fuori nessuno ad eccezione della misericordia di Dio e delle buone opere».

Diceva anche: «Abbiate il cuore di un figlio verso Dio, verso il vostro prossimo il cuore di una madre e la mente di un giudice verso voi stessi».

Padre Cleopa manifestava una grande pietà verso i santi. A volte, alla fine dell'ufficio della santa Unzione, faceva memoria di centinaia di nomi di santi. Inoltre, il padre sapeva a memoria tantissimi nomi di santi del calendario e del sinassario.

Un discepolo domandò una volta a padre Cleopa se fosse bene lavorare nei giorni di alcuni santi che nel typicon sono indicati come festivi. Il padre allora gli raccontò questo: «Una volta noi siamo stati mandati dal superiore a falciare il fieno proprio nella festa di san Pantaleimon. A mezzogiorno circa cominciammo ad avere dei forti dolori ai piedi. Non solo io, ma tutti quelli che eravamo a falciare. I dolori non smisero fino a sera. Da allora abbiamo smesso di lavorare nei giorni di festa».

Un discepolo chiese all'anziano: «Che cos'è la preghiera pura?»
«Dirla con la bocca, comprenderla con la mente e sentirla nel cuore», replicò l'anziano.

Un'altra volta diceva: «Nella preghiera non devi accogliere né pensieri né immaginazioni, perché alla porta del cuore ci sono due dogane: la dogana dell'immaginazione e la dogana della ragione.
La dogana dell'immaginazione significa la prima tappa. La legge più corta, più breve della preghiera è di non immaginare niente mentre stai pregando. Perché, nel caso che ti fermi all'immaginazione, non puoi entrare con la mente nel cuore durante la preghiera. Perciò durante il tempo della preghiera è proibito immaginarti qualcosa. Nemmeno immaginazioni sante, neanche Cristo steso sulla croce o il trono del giudizio. Proprio niente. Perché tutte le visioni si trovano fuori dal cuore e, nel caso che tu rimanga a venerare queste cose, allora non veneri Cristo.

GLI ALTRI DETTI E INSEGNAMENTI DI PADRE CLEOPA LI TROVATE NEL LIBRO DI  IOANICHIE BALAN:
IL MIO PADRE SPIRITUALE - VITA E INSEGNAMENTI DI CLEOPA DI SIHASTRIA (1912-1998) - ED. LIPA

http://www.esicasmo.it/esicasmo.it.htm