Lo stupore di essere amati
Modena, 25 febbraio 1973
Letture: Os 2,16-17b.21-22 Così dice il Signore:
Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là
canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese
d'Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel
diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu
conoscerai il Signore. 2 Cor 3,1-6; Fratelli, forse abbiamo
bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? 2
La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e
letta da tutti gli uomini. 3 E' noto infatti che voi siete una lettera di Cristo
composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente,
non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. 4 Questa è
la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. 5 Non però che da noi
stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra
capacità viene da Dio, 6 che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza,
non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dá
vita. Mc 2,18-22 Ora i discepoli di Giovanni e i farisei
stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i
discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi
discepoli non digiunano?». 19 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli
invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non
possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e
allora digiuneranno. 21 Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito
vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo
peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino
spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».
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Omelia
Alleanza d'amore...
In generale, la Prima Lettura ha un accordo più profondo con il
Vangelo, mentre la Seconda può essere anche indipendente dalla Prima e dalla
Terza. Oggi il tema fondamentale che la Liturgia della Parola ci propone, è
il tema dell'alleanza, considerata e veduta nella luce delle nozze. Tale
argomento, si fa presente prima di tutto nella Sacra Scrittura, proprio nel
profeta che ha dato alla Liturgia di oggi la Prima Lettura. È il testo più
bello del profeta Osea. Testo di meravigliosa bellezza ed anche intuitivamente
facile per l'anima che ascolti, facile per introdurci nella comprensione del
mistero dell'alleanza divina. Un Dio che, gelosamente, ti vuole tutto per sé
e ti strappa a tutte le tue consuetudini, alla tua vita comune, per portarti nel
deserto. Un Dio che non permette, in te nessun pensiero, nessuna preoccupazione,
nessun affetto che ti sottragga a Lui. Tu devi essere tutto per Lui come Egli è
tutto per te. È in questa solitudine, Dio solo per l'anima e l'anima solo per
Iddio, che Dio parla al cuore dell'uomo; e l'uomo, ora, è capace di accogliere
questa dichiarazione d'amore che Dio gli fa. Dichiarazione d'amore che è prima
di tutto, l'espressione di una elezione libera che Dio fa della sua creatura:
Egli le dice ti amo! Ma è anche l'esigenza di una risposta; altrimenti non
sarebbe vero amore, perché nessuno ama se non vuole essere
amato. ...alleanza nuziale... Questo amore è amore nuziale.
Una madre può anche amare e non chiedere amore, ma uno sposo non può amare se
l'altra non ama. L'amore di uno sposo, l'amore di una fanciulla che si dona a un
altro, esige una risposta. L'amore nuziale è sempre un amore vicendevole che
implica il dono dell'uno all'altro. Questo è anche l'amore che Dio ti offre e
che Egli ti chiede. Non vi sembra che il testo del profeta Osea ci riguardi
in un modo particolarissimo? Non vi sembra che il profeta Osea, più di ogni
altro profeta, ci dica in realtà quello che deve essere per noi la nostra vita
di consacrazione? Una alleanza nuziale. Lo sappiamo bene: tutti sono chiamati a
vivere questa alleanza, se vogliono entrare nel cielo. Ma per noi s'impone di
anticipare già quell'unione di amore così esclusiva che è propria di due sposi,
i quali sono l'uno per altro e non vivono più che l'uno per l'altro. Ed è Dio
che vive per te e sei tu che vivi per Lui.Il problema, però, rimane sempre
quello; cioè, la realtà dello sposo. Non ci si può certo dare a chi non è
realmente presente e non ci manifesta il suo amore. Perchè l'alleanza nuziale si
realizzi, l'unione esige la realtà concreta, viva, presente, dell'uno e
dell'altro. Ecco quello che ci dice oggi il profeta Osea. È importante per tutti
noi, se vogliamo vivere la nostra vita religiosa, se vogliamo vivere la nostra
vita di consacrazione. ...nel deserto del raccoglimento
interiore Che cosa ci dice il profeta Osea? Che noi possiamo incontrare
Dio solo nel deserto. È Dio che ci attira a sé, ci strappa da tutte le cose,
perché noi sperimentiamo più profonda e viva la sua presenza reale fra noi.
Distratti da tante cose umane, portati via da preoccupazioni e pensieri, l'anima
nostra non è capace di accogliere la parola di Dio e di ascoltarla, non è capace
di sperimentare la sua presenza. Perché Dio divenga reale per noi bisogna che le
cose non abbiano più un dominio troppo grande su di noi. Ci vuole, cioè, un
certo raccoglimento interiore. Ve lo posso chiedere? Certo, ve lo debbo
chiedere, anche se vivete nella famiglia, accanto al marito e ai figli.
Se
volete vivere una vita religiosa intensa, se volete conoscere Dio, se volete che
Dio entri nella vostra vita e la riempia di sé, se volete conoscere la dolcezza
del Signore, se volete conoscere quanto Egli sia dolce e soave, dovete cercare
di coltivare un certo raccoglimento interiore, dovete anche voi crearvi un certo
deserto. Sarà un deserto diverso da quello delle carmelitane; più difficile
certo, ma non per questo meno necessario. Voi dovete evitare tutto quello che
non è conforme ai vostri doveri di stato, alla vostra funzione, alla situazione
concreta nella quale Dio vi ha poste. Non dovete riempire la vostra vita di
cianfrusaglie che non hanno alcuna importanza per la vostra stessa vita di donne
di casa, o di madri di famiglia.
L'uomo di oggi è, di per sé, negato alla
vita religiosa perché non ha più il tempo di rientrare in sé, non ha il minimo
di disponibilità interiore per ascoltare un'altra parola. Quanti sono gli uomini
i quali non hanno più nemmeno il tempo, e non lo cercano neppure, di riflettere
su se stessi! E come potrebbero ricordarsi di Dio? Viviamo una vita troppo
dissipata; cerchiamo continuamente di disperderci perchè non sopportiamo il peso
della vita. E questa vita, senza senso, sembra non avere più ragione alcuna: ci
mangia, ci divora, giorno per giorno. E il lavoro, il divertimento, gli
spettacoli, si moltiplicano per rendere sempre più difficile all'uomo di
ritornare sopra di sé. Guardate questi giovani i quali, perfino studiando,
hanno bisogno di tenere accesa la radio; non possono accettare più il silenzio,
non hanno più la capacità di vivere dieci minuti da soli, con se stessi. E
obbligarli alla prigione, tenerli un poco a vivere da soli, perché il silenzio e
la solitudine sono per loro i peggiori castighi. L'assenza di
Dio E come volete che, in queste condizioni, l'anima possa vivere una
vita religiosa? E non la vivono. Ordinariamente Dio è assente da queste anime.
Non hanno la minima possibilità che Dio possa parlare al loro cuore, possa
entrare nella loro vita, possa comunicare al loro spirito. Vedete, miei cari,
non è cattiveria l'incredulità moderna; non è cattiveria il rifiuto nei
confronti di Dio, ma è dovuta al fatto che gli uomini non hanno più una
dimensione religiosa. Manca loro la condizione prima per poter vivere una vita
religiosa. Manca persino a questi giovani il modo di essere uomini: sono
strumentalizzati e non se ne accorgono; fanno delle contestazioni ma, in fondo,
sono strumentalizzati o da quel partito o da quell'altro potere e non se ne
rendono conto. Non vivono la loro propria vita, non hanno la possibilità di
viverla, non conoscono nemmeno più l'amore. Senza conoscere l'amore, cadono nei
peggiori vizi, precipitano nel peccato e basta. Tutta la vita è solo una droga;
non si cerca altro che di dimenticare e di perdere se stessi. Il peso di sé è
diventato impossibile da sopportare per gli uomini di oggi e si cerca soltanto
di affondare nella ubriachezza che può essere data dal denaro, dal divertimento,
dal peccato, a danno della propria vita, di un disegno proprio da realizzare, di
un programma da vivere, di un amore da accettare.
Come volete che in queste
condizioni si possa vivere una vita religiosa? Non si vive nemmeno una vita
umana! Mai, forse, l'uomo si è trovato in una condizione così grave come oggi.
Si parla tanto di civiltà, ma oggi l'uomo è davvero in pericolo. E lo Stato, il
Partito, o qualsiasi altro potere, che cosa fanno? Ti danno tutto perché tu non
abbia modo di sottrarti al loro potere, perché tu venga strumentalizzato. Il
Partito ti dà quello che tu desideri. Magari ti si dà lo stipendio anche di
diecimila lire al giorno: però tu non devi vivere la tua vita, non devi avere
più il tempo di stare con i tuoi figli, di avere un tuo amore, di avere una tua
libertà interiore, di pensare con la tua testa. Devi pensare col giornale,
trovare tutte le possibilità, senza mai vivere per te. Tanto meno potrai vivere
per Iddio. Essere liberi per essere disponibili Ecco quello
che ci dice il profeta Osea. Che cosa? "Vuoi tu ascoltare la parola di Dio? Vuoi
che la parola di Dio giunga al tuo spirito? Egli deve condurti nel deserto: e tu
devi fare un certo silenzio nel tuo intimo, devi dare alla tua anima una certa
libertà". Per andare nel deserto bisogna che tu sia libero; altrimenti sei
incatenato e non puoi camminare. Dunque, la prima cosa che s'impone per noi,
se vogliamo vivere una vita religiosa, è questo raccoglimento. Un certo
raccoglimento è necessario per tutti; non soltanto per le monache di
clausura. E poi, voi avete la vocazione di monache di clausura vivendo nel
mondo. Monache no, ma vivere una vita contemplativa, sì. E si è sempre detto,
che una vita contemplativa, implica di per sé un certo raccoglimento
interiore.Indipendentemente anche da una vocazione religiosa, quale quella
propria della Comunità, un'anima religiosa non può continuare a vivere la sua
vita se non si rende disponibile alla grazia. Come volete che Dio sia il vostro
sposo, come volete che Dio sia la vostra vita, se voi non siete disponibili per
Lui? Se non avete mai nessuna disponibilità per poter accogliere il suo amore,
per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere con Lui? Ebbene, se
l'alleanza con Dio è un'alleanza di amore, anche voi dovete rimanere disponibili
a Lui per poter ascoltare la sua parola, per poter vivere nella sua intimità,
per poter gustare questo rapporto d'amore che deve sempre più legarvi al Signore
così come il Signore si è legato a voi per sempre. Disponibilità nei confronti
di Dio e un certo raccoglimento interno.
Silenzio e
solitudine... Che vuol dire raccoglimento? Qui il profeta Osea, ci parla
del deserto. Che cosa vuol dire questa parola per noi? Vuol dire che il
cristiano, che vuol vivere una vita cristiana, è impegnato a procurarsi un certo
raccoglimento interno. Se non puoi tutto il giorno, troverai almeno dieci minuti
per raccoglierti in camera tua, troverai dieci minuti anche se svolgi il tuo
lavoro in cucina, per restare sola con Dio; o troverai cinque minuti per
raccoglierti, almeno in chiesa, davanti al Signore. Devi cercare questi minuti
di silenzio; non devi mai lasciarteli portar via. Devi difenderli, non soltanto
cercarli. Non fare come i giovani di oggi che vogliono soltanto distrarsi perché
non sopportano le zone di silenzio. Le zone di silenzio sono le più belle.
Ora lo sentono anche quelli che vivono in città i quali, non per nulla, cercano
di farsi la villetta in campagna perché non sopportano più tutti questi rumori.
Ebbene, se anche sul piano fisico, gli uomini non sopportano il rumore per non
diventare nevrotici, questo s'impone anche per la vita spirituale. Cercate di
coltivare, di difendere le zone di silenzio della vostra vita. E il vostro
silenzio non deve essere un silenzio vuoto. Il vostro silenzio lo sapete che
cos'è? E disponibilità pura ad una presenza d'amore. Dio, che è eterno, è
sempre amore. Amore per me, amore per voi. Se noi facciamo silenzio, ecco,
ascoltiamo la sua parola, che è parola d'amore; viviamo l'esperienza di una
intimità dolcissima. Dio si comunica a noi proprio quando siamo soli: allora
conosciamo la comunione vera dell'amore. Quando, invece, noi fuggiamo la
solitudine, è proprio allora che non conosciamo l'amore. L'amore esige una certa
solitudine. Non puoi vivere una tua intimità, così dolce e segreta, se non
cerchi di sottrarti a tutti gli altri rumori. ...per accogliere
l'amore... E così anche nella tua unione con Dio. Se ci si sottrae ai
rumori, se si cerca il silenzio, non è per vivere nel silenzio, ma perché il
silenzio rende più facile e più dolce l'esperienza di questa comunione con Dio.
Basta che tu faccia il vuoto e il vuoto è ripieno di amore. È perché non
facciamo il vuoto, che Dio è un estraneo e non può entrare nella nostra vita. È
perché non andiamo in solitudine, che questa solitudine non è piena di una
misteriosa presenza. È perché non facciamo silenzio che non riusciamo ad udire
la parola di Dio. Dio ci conduce nella solitudine, ci conduce nel deserto; vuole
da noi questa raccoglimento e allora ci parla. Quale parola ci dice? Una parola
che giunge direttamente al cuore ed è parola di amore. Per ciascuno, Dio non è
tanto il giudice, Dio non è tanto il Santo: è l'amore che si dona, è l'amore che
ci vuole per sé e tutto si vuole offrire a noi. È la presenza di
amore.Nell'unione coi nostri cari, la cosa più grande è il vivere questa
comunione con Dio che, sola, dà poi il contenuto ultimo di gioia ad ogni nostro
affetto: la nostra comunione d'amore è tutta penetrata, è tutta trasfigurata da
una presenza divina. L'amore umano può stancare, affaticare, divenire
oppressivo qualche volta e chiedere, qualche volta, più pazienza che dare gioia.
Credo sia questa la vostra esperienza. Nella misura che l'amore di Dio non
trasfigura e trasforma anche i nostri rapporti familiari e di amicizia, l'amore
umano può divenire soltanto esercizio di virtù, di pazienza, privo di gioia e di
dolcezza. ...e dare l'amore... .Miei cari, vivete questa comunione con Dio e cercate che sia l'alimento primo della vostra vita. È una vita d'amore quella che il cristianesimo vi offre e vi invita a godere Ed è
l'amore più alto, l'amore più puro, l'amore che santifica ogni altro amore,
l'amore che rende fedeli ad ogni altro amore: l'amore stabile, vero, santo,
dolcissimo. Fate sì che la comunione con Dio sia l'atto supremo della vostra
vita; il contenuto più vero, più profondo, continuo della vostra esistenza
cristiana: così anche tutta la vostra vita umana sarà trasfigurata, diverrà
nuova, più piena, più pura, più grande, più luminosa, più viva.Oh, Dio non è
geloso dei nostri amori perché, in fondo, in ogni nostro amore noi possiamo
amare Lui, se è vero amore. Fate in modo, allora, che ogni vostro amore sia
l'espressione stessa della vostra comunione con Dio, comunione che rimane vera:
è questa la garanzia anche della vostra felicità familiare. Dio non rinuncia a
nulla di voi: Egli vi ha donato amore e pretende amore, amore totale. Ne viene
che l'amore per i vostri cari è incluso in questo medesimo amore per Iddio. Non
vi è lotta, non vi è alterità fra questo amore di Dio ed ogni altro amore, anzi:
ogni amore è fecondato, è alimentato, giorno per giorno e voi ben lo sapete,
dall'amore di Dio. ...in una vita ricolma di pace e di
gioia Perché siete così pazienti, così dolci, così pronte al sacrificio e
ad accettare il dolore? Perché l'amore di Dio alimenta in voi ogni virtù e vi
rende possibile una pazienza, una fedeltà che, qualche volta, non sarebbe tanto
facile possedere. Così una madre impara, dall'amore di Dio, come si deve amare
nel sacrificio, nella dedizione continua, tante volte senza ricevere nulla,
almeno apparentemente; impara ad amare di un amore di speranza, che continua
fino alla fine perché è riposta soltanto in Dio che non inganna, anche se i
figli sembra abbiano sempre a deludere. La madre impara a riposare in Dio,
tranquilla, perché l'amore per i figli non è altro che l'espressione di amore
verso Dio. Se la speranza riposa in Dio, darà un giorno il suo frutto. Miei
cari, bisogna amare così. Tutta la vita è amore, amore di Dio che penetra e
trasforma, dando una serenità, una pace, una gioia profonda che nessuno può
rapirci: nemmeno la morte ha la capacità di strapparci questo amore, dal momento
che l'amore è Dio, Dio che vive nel cuore dell'uomo, Dio che è l'Eterno. "Io
ti sposerò nella fedeltà dice il Signore nella giustizia e nel diritto, nella
benevolenza e nell'amore". Nella fedeltà, e tu la conoscerai; non
temere! L'amore di Dio trasforma Voi siete consacrate al
Signore o siete nell'attesa di questa consacrazione che non fa che ripetere la
vostra consacrazione battesimale. Ebbene, rendetevi conto che quella
consacrazione che voi avete fatto, o state per fare, è il vostro matrimonio con
Dio, la vostra unione, cioè, che rimane indissolubile, che vince anche la morte.
E in questo amore, e in ogni altro amore, voi siete sicure, non solo di salvare
voi stesse, ma di salvare tutti coloro che amate. Perché Dio non può separarvi:
Lui, che santifica l'amore, non può separarvi da coloro ai quali l'amore vi
unisce. Egli vi sposa nella fedeltà: la fedeltà di Dio! Vi sposa nella
benevolenza e nella misericordia di un amore che dimentica tutto, che vi rinnova
completamente fin nell'intimo, un amore che vi dà, ogni giorno, una nuova
giovinezza. Miei cari, questa è la differenza fra l'amore umano e l'amore
divino: l'amore degli uomini vi trova quello che siete e vi lascia quello che
siete; invece l'amore di Dio vi fa oggetto del suo amore. L'amore dell'uomo
riconosce quello che l'altro è e non ha la capacità di rinnovare l'oggetto del
suo amore, non ha la capacità di rendere sempre giovane e fresco colui che ama:
ma l'amore di Dio può tutto questo e lo fa. Ecco, quello che vorrei dirvi:
amate il Signore; cercate Dio, e l'amore di Dio vi farà come Egli vi vuole. Gli
uomini possono soltanto amare quello che hanno scelto e che è soggetto all'usura
del tempo e della malattia, coi limiti di un carattere, di un temperamento, di
tanti difetti. Dio non è così. Egli, che vi ama, vi trasforma secondo il suo
amore, e se voi corrispondete all'amore divino, diverrete sempre più degne di
questo stesso amore: e vi rinnoverà nella vostra giovinezza, vi farà sempre più
partecipi della sua medesima gioia, vi farà simili a sé. Quello che l'amore
umano non può fare, l'amore divino può farlo. E Lui che vince la morte, la fa
vincere a voi perché Egli non la conosce, vi trasforma sempre più secondo
l'immagine sua. Amate il Signore! Mi sembra ci dica questo la prima Lettura
ed è sufficiente. È sufficiente anche per celebrare, oggi, la consacrazione di
due nuove sorelle nostre, chiamate ad ascoltare, in modo anche più profondo, la
parola di Dio: "Ti condurrò nella solitudine, nel silenzio; là parlerò al tuo
cuore". Voglio essere tutto per te e voglio che tu sia tutta per me: in questo
scambio di amore tu vivi, già ora, una vita di gioia, di purezza, di pace. Da
oggi, non conoscerai più che l'amore, l'amore che si dona a tutti i fratelli.
Che tu viva, in questo amore, un servizio umile e sereno e che gli altri
riconoscano in te la presenza divina. Prima meditazione Il
dono di Dio Ricordate le parole che chiudevano la prima Lettura che
abbiamo ascoltato stamani? "Io ti sposerò nella giustizia e nel diritto, ti
sposerò nella benevolenza e nell'amore, ti sposerò nella fedeltà e tu conoscerai
il Signore". È una promessa. La prima cosa che dobbiamo, dunque, meditare è
questa: Dio parla; ogni sua parola apre all'anima sempre nuovi orizzonti di
bellezza e di luce. Quanto più Dio si dona, tanto più Egli promette. Nella
vita presente, il dono di Dio non è mai definitivo, ma è sempre un anticipo di
quello che Egli darà, è sempre una promessa che apre ad una speranza sempre più
grande, ad un desiderio più vivo. "Io parlerò al suo cuore". "Ti sposerò". Lo
dice il Signore. L'anima e Dio non sono più che l'una per l'Altro in questo
raccoglimento, in questa solitudine in cui l'amore li ha condotti. E sembrerebbe
che nulla potesse esserci di più grande di quella intimità che si è stabilita
fra Dio e l'anima, in questa comunione d'amore che già l'anima vive col suo Dio
che l'ha scelta. Tuttavia l'incontro non fa che aprire l'anima a nuove
prospettive d'amore, ad un nuovo cammino di luce e di bellezza. Il
cammino dell'uomo... "Ti sposerò". È uno dei caratteri della vita
spirituale. Non si vive la vita spirituale se non in un continuo crescere e
dilatarsi dell'anima nella speranza e nella gioia. Le virtù teologali hanno un
inizio, ma non hanno una fine. Perché? Perché hanno per oggetto Dio che è
l'Infinito, che è l'Eterno. Ma non hanno fine anche nel loro crescere, non solo
perché non terminano mai, ma perché crescono indefinitivamente senza mai trovare
un termine ultimo, una meta. Tanto più vivi nella fede, tanto più la fede esige
da te fermezza e ti dona luce; tanto più il Signore ti dona speranza, tanto più
cresce nel tuo cuore questa certezza dei beni futuri, questo aprirsi dell'anima
ad accogliere Dio.La speranza, che cos'è? È una virtù per la quale il tuo
desiderio, il desiderio della natura è divinamente efficace perché si appoggia
sulla parola di Dio e tu desideri Dio, e tu speri che Dio sia la tua felicità.
Ora, il paradiso non è carità in quanto implica il possesso di Dio. E perché?
Perché vi è un duplice amore: un amore di concupiscenza e un amore di
benevolenza: l'amore di concupiscenza è l'amore cui risponde la speranza. Il
possesso è la perfezione, è la tua beatitudine. L'amore, di per sé, non è negato
alla beatitudine; l'amore è dono di sé. ...vivere di Dio Qual è
l'amore puro? Vi ricordate quello che scrive Charles de Foucauld in uno dei suoi
ritiri, quando era in Africa? "Signore, io mi trovo in una tale desolazione, in
un tale vuoto e mi sembra che Tu neppure esista; però so che Tu sei beato; ed io
sono beato perché Tu sei beato". Ecco l'amore. L'anima, in sé, non vive altro
che desolazione ed aridità, però è beata perché il Signore è beato; non vive di
sé, ma vive di Dio. Questo è l'amore di benevolenza, l'amore puro, senza
riferimenti a sé, l'amore che non implica tanto il possesso, quanto il dono di
sé. Però vi è anche l'amore di possesso ed io non posso farne a meno. Il
paradiso è la mia beatitudine; il paradiso è il possesso di Dio e costituisce la
speranza attuale. Non è l'amore, è la speranza attuale, è l'amore di
concupiscenza. L'amore che è possesso, è beatitudine per te. Così la fede: è
un appoggiarsi a quello che Dio ci dice di sé: noi non vediamo coi nostri occhi,
ma ci limitiamo a quello che Dio ci rivela di se stesso, o ci rivelerà domani.
Domani vedremo Dio coi suoi medesimi occhi, cioè la fede ci porterà alla
visione. E noi non potremmo nemmeno vivere la carità eterna, l'eternità
dell'amore, se non vivessimo la visione beatifica: è dalla visione beatifica che
deriva l'amore. Per questo, anche la fede ha un suo permanere eterno nel suo
compimento, che è la visione. Il termine ultimo delle virtù
teologali In un certo senso, le virtù teologali ancora sussistono, la
fede e la speranza, cambiando, raggiungono la loro perfezione ultima che non è
più fede ma visione, che non è più speranza, ma possesso. Nella speranza, tu
ancora aspetti Dio: ma se vivi in paradiso, devi possedere non puoi aspettare.
La vita eterna è l'esercizio perfetto delle virtù teologali nel loro
conseguimento ultimo; però durante la vita presente esse non solo hanno modo di
crescere senza limite, ma debbono crescere ogni giorno di più, se Dio vive in
te. Perché quaggiù tu non puoi mai dire di possedere Dio: lo possiedi soltanto
nella misura che tu lo cerchi. E quello che diceva Pascal: "Non mi
cercheresti, se tu non mi avessi trovato". E le parole di Pascal sul mistero di
Gesù sono simili a quanto aveva detto già nel IV secolo san Gregorio di Nissa:
"Si possiede Dio soltanto nella misura che lo si cerca quaggiù". Si possiede Dio
nella misura di questo dinamismo interno che ci spinge ad una ricerca continua,
perché tanto più lo possediamo quanto più ci rende desiderosi di possederlo e
l'anima nostra è ardente di desiderio e di speranza nel protendersi verso Dio.
Così, vivere per noi vuoi dire crescere sempre. Ecco perché vi dicevo che non
si invecchia mai nella vita spirituale: nella vita naturale si raggiunge un
certo limite, poi si decade. Qui invece non c'è una decadenza, ma c'è sempre un
salire, un ascendere. E, si noti bene, tanto più ascendiamo, tanto più facile è
il salire. Tu credevi che fosse il contrario? No. E così. Verso la
semplicità ... Soltanto quando abbiamo poca virtù, il camminare nel
rispondere a Dio costa fatica. Invece quanto più ci assimiliamo a Dio, tanto più
diviene un volo tutta la vita, senza fatica. E quali distanze immense tu puoi
percorrere in un solo atto d'amore, in un solo atto di speranza, quando tu sia
santa! Questo lo si rileva particolarmente nei santi: all'inizio la loro
conversione è faticosa, impegnata in tutti gli esercizi delle virtù morali,
nella mortificazione, nell'obbedienza. Poi, la vita diviene sempre più semplice,
sempre più pura, perché all'anima non costa più nulla il vivere soltanto di Dio
anzi: Dio assume sempre più l'anima in un modo così pieno, così puro da far
divenire tutto limpido, chiaro, sereno, pacifico, semplice anche nella
preghiera. Tutta la nostra vita interiore ci dà come un senso di beatitudine,
non solo di dolcezza, ma di pienezza, di forza spirituale. Tu vivi questo e
resti senza parole. Tu hai il sentimento soltanto di questa presenza che ti
riempie di sé, e in questo rimani. E poi vieni come strappata a te stessa: non
vedi più che Lui. Tutta la nostra vita è Lui solo e ci dimentichiamo di noi
stessi. E una vita sempre più piena di Lui, di Lui solo: non esiste più che il
Signore. Qualunque cosa tu faccia, ovunque tu sia, c'è sempre Lui, il tuo Dio.
La tua vita è tutta invasa, investita da questa presenza che, quanto più è
reale, tanto più elimina quello che a questa presenza si
oppone. ...per fare la volontà di Dio... Si noti bene: "quello
che a questa presenza di oppone", perché Dio si fa presente nel vostro dovere,
si fa presente in quello che è la sua volontà. Per questo il Signore, entrando
nella vostra vita, non può farvi dimenticare i vostri doveri: non sarebbe Dio.
Non dovete illudervi in questo: la vita divina non ci separa mai da quello che è
il nostro dovere, da quello che ci chiede il nostro stato, da quello che è la
nostra situazione, perché lì è la sua volontà. E la volontà di Dio è Dio. Perciò
la presenza divina implica, per voi, un adempimento più perfetto dei vostri
doveri, il compimento ancora più pieno di quelle che sono le vostre incombenze,
i vostri lavori di ogni giorno. Non vi è un urto, una tensione fra le due cose:
Dio è la sua volontà. Comunque, però, è Dio solo che riempie. Anche la
presenza dei vostri cari, l'attuazione dei vostri doveri, altro non sono che il
segno della presenza di Dio per voi. E in questa presenza voi vi dimenticate di
voi stessi, sempre di più, e non vi rimane che Lui: "Ti sposerò". Ritornerò,
dunque, alle parole del profeta Osea. Si diceva che Dio vive in noi nella misura
che cresce in noi la speranza, questo desiderio di Lui sempre più vivo. Proprio
come dice san Pietro nella Prima Lettera: una "speranza viva" perché è nella
speranza che noi viviamo quaggiù sulla terra. Di qui deriva che, invece di
invecchiare, si ringiovanisce sempre. E vivendo che cresce in noi la
speranza. ...nella continua novità dello Spirito Altra cosa è un
desiderio che risponde ad una natura sensibile, che può essere soltanto nel
giovane; altra cosa è questo desiderio, questa speranza di Dio che cresce sempre
più nell'anima, anche quando il corpo decade. La speranza cresce perché non vai
verso la morte; vai verso la vita; non vai verso la fine, vai verso l'amore; non
vai verso il buio della tomba, vai verso la luce incommutabile di Dio. L'anima
nostra si apre in un senso di sorpresa sempre nuovo. Non lo provate anche voi
quando pregate? Un certo senso di stupore si rinnova sempre in noi nel contatto
con Dio. Se lo abbiamo conosciuto una volta, la nostra vita spirituale diviene
una continua sorpresa. Ed è proprio questa sorpresa che denota la giovinezza.
Chi è capace di meraviglia e di stupore? Il bambino e il poeta. Chi vive la vita
religiosa, vive in questo continuo stupore di essere amato, amato per
nulla. Ecco il crescere della speranza, ecco il crescere di questa sorpresa
dell'anima nel sentirsi sempre nuova nel contatto di Dio. Nella misura che
cresce in te la speranza, cresce il dono di Dio; ed Egli, l'Infinito, si dona
totalmente e non si può dividere: scava in te abissi sempre più profondi perché
tu possa sempre più riceverlo. E come può scavare in te questi abissi? Come può
donarti questa capacità sempre nuova e sempre più grande, del possesso divino?
Attraverso la speranza che cresce e che diviene la vera bellezza della vita
presente. Ecco perché, più che chiedere il possesso, chiedete la speranza che
rende più grande la fame. Tanto mangi, tanto più ti viene fame; tanto più bevi,
tanto più cresce la tua sete di ricevere il tuo Dio. Questo fa la speranza
cristiana, questo fa il dono di Dio nella vita presente. Cresce in noi il
desiderio di Dio nella misura che Egli si dona: tutta la vita non è che un
dilatarsi dell'anima ad accogliere sempre più il dono dell'amore infinito. E
così la vita spirituale: un crescere continuo nel desiderio, nella speranza,
nell'amore. Possiamo giudicare da questo se viviamo o non viviamo. Nella vita
umana si può rimanere fermi, nella vita spirituale no: si vive soltanto nella
misura che si cresce. È un indice preciso, perciò, per capire se viviamo
veramente in Dio. Non è il crescere nelle pratiche di pietà, nell'aumentare le
opere buone, nel prolungare le preghiere, nel moltiplicare i sacrifici: si
tratta di crescere nell'amore, nel desiderio, nella volontà di donarsi a Dio, di
accogliere Dio, senza più riposo. Questo dobbiamo vivere. Solamente
Dio è... Come è meravigliosa la vita se cresce in noi continuamente
questo desiderio e questa speranza di Dio! E che giovinezza fiorisce in questo
crescere continuo delle nostre capacità di accogliere in noi il Signore! In
questo cammino sono giovani soltanto quelli che da tanti anni camminano. Tanto
più vanno avanti, tanto più l'anima, liberata da ogni vita parassitaria,
liberata da tutto quello che nel giovane è motivo di dissipazione, si ferma in
un solo amore e in questo soltanto si dilata e respira, nella luce di Dio, nel
tendere a Lui solo. Quante sono le persone anziane che vivono soltanto di Dio,
di semplicità, di amore, di pace! Non hanno più dispersioni, neanche, forse, nel
lavoro; le compiono altri, e sono messe da parte per far posto ai giovani, anche
se sono amate. Quale sarebbe la vita di queste anime se non avessero Dio?
Sarebbe la desolazione, il vuoto, l'amarezza, la tristezza della vita che si
spegne, la paura della morte. Invece, se un'anima è religiosa, aperta alla
grazia divina, in una vita pura, semplice, serena, piena di Dio, è veramente il
sacramento di una presenza divina. Io credo siano queste le anime più grandi
davanti al Signore, quelle che salvano la Chiesa. Non sono i cardinali che
possono dare il voto al Papa ma se mai i cardinali che hanno 90 anni e che
vivono nascosti in un pensionato, nel silenzio, messi fuori ormai da tutto. E
questo può essere vero anche per noi. Ma allora Dio riempie tutta la vita.
Queste anime non si preoccupano di quello che è umano, non posseggono nulla
tranne il Signore. ...e sarà il contenuto della nostra vita E
proprio questo che chiede il Signore quando, chiamandoci alla sua intimità, ci
dice questa parola che è, semplicemente, un futuro: "Ti sposerò". Tutta la vita
è tesa verso il futuro, verso un futuro che trova poi il suo adempimento nella
presenza pura dell'eternità. Questo futuro rimane per te aperto; è un futuro che
è un invito, è una forza che ti porta sempre più verso Dio; nella fedeltà, nella
benevolenza, nell'amore. Che cosa possiamo dare a Dio? E Lui che è fedele,
benevolo verso di noi; è Lui clic dimentica tutto il nostro passato e non ha per
noi altro che amore; è Lui che si dona tutto a noi e riempie il nostro vuoto. E
noi non abbiamo altro da offrirgli che una pura capacità, affinché Egli la
riempia. Egli non può davvero ottenere nulla da noi; Egli non ci chiede nulla.
Soltanto il nostro nulla è proporzionato al tutto di Dio. Ed è proprio
nell'affondare nel proprio nulla che l'anima deve aprirsi ad una speranza
vitale. Apriamoci tutti a questa promessa di gioia, e questa promessa di amore
che il Signore ci fa. Dobbiamo vivere questo. Il profeta Osea ci dice: "Ti
sposerò". Sul piano umano il rimandare le cose dà fastidio, ma sul piano divino
il rimandare conviene ed è bello perché ti rende sempre più creditore di Dio.
Egli ti deve dare ancora di più; tanto ti darà quanto più lunga sarà stata
l'attesa, quanto più ansioso sarà stato il desiderio, quanto più vasta sarà
stata la tua speranza nell'accogliere il suo dono. Quello che Egli ci dà, ce lo
dà soltanto perché cresca in noi il desiderio e la speranza di riceverlo ancora.
Viviamo in questo continuo processo di una speranza che cresce, di un desiderio
che sempre più ci dilata per ricevere Dio. "Ti sposerò". Ecco quello che ci
dice oggi il profeta Osea. Seconda meditazione Essere con
lo sposo... Ricordate il Vangelo di stamani? Praticamente abbiamo fatto
due meditazioni sulla Prima Lettura presa dal profeta Osea: il Signore guarda al
suo popolo come lo sposo alla sposa: "Ecco, la attirerò a me, e la condurrò nel
deserto, e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre nella giustizia
e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore." Ma ho detto anche che il
Vangelo di stamani ha un rapporto stretto con la Prima Lettura. Infatti il tema
fondamentale delle due letture è l'alleanza dell'uomo con Dio, veduta come
un'alleanza di nozze, come un mistero nuziale, e inoltre perché in queste nozze
quello che l'anima vive è, prima, una grande speranza che dilata l'anima stessa,
la certezza dell'amore divino, e poi, come si diceva durante la Messa, questa
intimità col Signore che noi dobbiamo conservare gelosamente: un raccoglimento,
un'attenzione, una disponibilità a Lui che ci ama, che dona alla nostra vita
un'atmosfera di serenità, di pace e di gioia. In fondo, è proprio questa gioia
l'argomento fondamentale del Vangelo. Che cosa dice il Vangelo? Descrive i
farisei che rimproverano Gesù perché i suoi discepoli non fanno i digiuni che la
tradizione aveva stabilito: proprio i discepoli, che vivevano più vicini al
Signore, non facevano i digiuni! E Gesù, rimprovera forse i discepoli? Oh. no!
Che cosa Egli dice? "Non si digiuna fintanto che lo sposo è
presente". ...come lo erano i discepoli... E allora, se noi
viviamo in questo raccoglimento, se noi viviamo in questa disponibilità onde ci
apriamo ad accogliere continuamente Dio che ci ama: siamo davvero con i
discepoli. Non solo san Marco ci conferma questo, ma anche san Giovanni nel
Quarto Vangelo: alle Nozze di Cana quelli che non sono discepoli di Gesù si
scandalizzano. Come è possibile pensare ad un Messia, ad un salvatore il quale,
invece di far sì che queste anime religiose abbiano il viso lungo tre palmi,
nella penitenza e nel digiuno, abbiano ad avviarsi alle nozze con tanta gioia?
Abbiano a bere il vino buono alla fine del banchetto, il vino preparato proprio
da Gesù? Lo scandalo è davvero grande! Gesù vuole le gioia. L'Evangelista san
Giovanni ci vuole persuadere di questo, perché questa è l'intenzione del
Signore: portare la gioia. Il Nuovo Testamento si differenzia dal Vecchio
Testamento e lo mostra sempre di più nel corso dello svolgimento dei fatti. Lo
vediamo già nell'intimità che i discepoli hanno col Maestro. col Figlio di Dio.
Dio, finalmente, si è unito a noi per sempre. E non sarà mai infedele. Se Egli
si è donato, se Egli ci ha scelti, se è venuto a noi e noi ci siamo consacrati a
Lui, non possiamo avere più alcun timore. Egli rimane con noi ed è la nostra
gioia, la nostra vita. ...nella gioia... Uno dei doveri
fondamentali del cristiano è quello di essere, sempre, nella gioia. Ricordate
quello che diceva san Francesco d'Assisi e che ripeteva san Francesco di Sales:
"Un santo triste è un triste santo". La santità è sempre unita a questa
esperienza di una presenza divina la quale colma la vita, la illumina, la fa
sicura. Che cosa volete di più di quello che Dio vi dona, se Dio è con voi? C'è
qualche cosa che voi possiate desiderare e che non vi abbia già dato? Che cosa,
dunque, s'impone per l'anima? Certo, la nostra gioia, e lo dice il Vangelo di
oggi, nasce dal fatto che lo Sposo è con noi. Questo dovete tenerlo presente. E
non si digiuna fintanto che lo Sposo è con noi. Una volta che noi ci siamo
consacrati a Lui, la nostra vita non può conoscere che la gioia, una gioia
sempre più pura, sempre più grande, perché, non solo la vita non ci allontana da
Lui, ma la vita è tutto un cammino che deve portare sempre più ad essere uniti
al Signore. Al contrario di separarci da Dio, via via che viviamo, andiamo
incontro alla festa ultima dell'amore, della comunione perfetta, della vita del
cielo. Allora, non soltanto non diminuisce la gioia col passare degli anni, ma
cresce perché sempre più imminente diviene il trionfo di questa comunione
d'amore che è la vita del cielo. Di qui ne deriva che il cristiano non solo
conosce la gioia, ma la vede crescere giorno per giorno perché non vi è mai
nessun motivo per perderla, o anche solo vederla diminuire. Il cammino è un
cammino di speranza che cresce; la speranza è in ordine al dono che Dio ci fa e
in questo dono, l'anima sperimenta la presenza di Dio: e vibra, e sussulta, si
apre, si dilata nell'amore. ...per donarla al mondo Noi
dobbiamo vivere questo. Sapete perché il cristianesimo, fin dalle origini, ha
travolto tutte le difficoltà, e le difficoltà c'erano in un clima di
persecuzioni, in un mondo pagano ancor più corrotto di quello di oggi; ed ha
convertito il mondo in breve tempo? È stato come una marea che è avanzata ed ha
inondato tutta la terra, sommergendo ogni cosa: la potenza di Roma, gli
eserciti, il potere politico; nulla poteva arrestare l'avanzata cristiana,
neppure la sapienza dei Greci. Quale era la forza che travolgeva e conquistava?
I miracoli sono un nulla in confronto di quello che è stata la vittoria dei
primi cristiani. Usavano forse le armi? Pietro aveva una spada, ma il Signore
gli disse subito: "Mettila nel fodero". Che cosa avevano allora? Forse la
cultura? No, era povera gente. Che cosa? Nulla! Nulla sul piano umano; non parlo
delle virtù soprannaturali. Ma avevano la gioia. Il mondo è assetato di
gioia; il mondo vuole la gioia. E i cristiani l'avevano anche in mezzo alle
persecuzioni. Uno dei testi fondamentali e più sicuri degli "Atti dei martiri",
che risale al 150 circa, narra la morte di san Carpo. Di che cosa si parla in
questi "Atti"? Si dice che i cristiani venivano bruciati vivi, a fuoco lento;
eppure erano pieni di gioia anche morendo. È un miracolo tale questa gioia, pur
nel tormento, nella privazione di tutto, nell'essere privati di ogni diritto,
che ci fa pensare tristemente al cristianesimo di oggi che non riesce neppure a
conquistare i nostri figliuoli. Siamo un po' troppo nervosi, abbiamo sempre un
volto triste; c'è sempre nebbia in noi, anche se fuori c'è il sole, una nebbia
interiore che rende opaca l'anima. Ma come è possibile tutto questo, se Dio è
con noi? Come è possibile se Dio ci ama? Come è possibile se a Dio crediamo
realmente e ci abbandoniamo a questo amore? Anche se fossimo in fin di vita, non
dovremmo che cantare, come san Francesco. Gli disse Frate Elia: "Padre, mi
permetto farle un appunto: lei canta sempre, ma la gente che ascolta ne riceve
scandalo, perché sa che lei è per morire: quando si va verso la morte, ci
aspetta il giudizio di Dio!". "Ma lasciami cantare in pace e vattene" gli
rispose il Santo, "come posso non cantare se vado incontro al mio
Signore?". Siamo già in paradiso: Quanto più abbiamo motivo di
lamentarci, tanto più deve crescere in noi la gioia, perché possediamo una vera
ricchezza, perché viviamo una vita che il mondo e le cose non possono
compromettere. Dio è fedele, Dio è tutto per noi, Dio ci ama. Sì, il paradiso è
tutto nostro; l'infinito è tutto nostro. Che volete che sia per noi la vita che
il mondo ci può offrire, l'amore degli uomini? Anche se tutto ci mancasse, noi
tutto possediamo se Dio è nostro. E Dio è nostro; è tutto per noi. Ricordate la
preghiera di san Giovanni della Croce? "Miei sono i cieli, mia è la terra, mia
la Madre di Dio, miei gli angeli ed i santi, perché Gesù è tutto mio, è tutto
per me". Nel ricevere il Signore non riceviamo già il paradiso? Nel possesso di
Dio, non possediamo già un bene immenso, infinito, eterno? Ecco la gioia
cristiana. La sicurezza, la certezza, l'esperienza di questa presenza di Dio ci
riempie e trabocca su tutto l'universo. Possediamo il Signore! Dio è con noi!
Lo Sposo è con noi, quindi non possiamo digiunare. Nella presenza dello Sposo,
tutta la vita è una festa. Non ci sono giorni di lavoro; tutto è feria. Tutto è
una festa che continua sempre. Dobbiamo vivere questa gioia tranquilla che ci
riempie, ci lievita dentro, ci solleva a Dio e trabocca su quelli che ci sono
vicini. Questo è il nostro messaggio. Si dice che dobbiamo rendere una
testimonianza, ma quale testimonianza potremmo rendere a Dio, se non avessimo la
gioia? Dio non è forse la vita? Non è forse la beatitudine dei santi stessi?
Fintanto che diamo testimonianza con la nostra tristezza, non diamo una
testimonianza di Dio. Anche se diamo una testimonianza con le nostre virtù, col
nostro impegno, non è ancora una testimonianza di Dio. Dio si fa presente nel
cuore dell'uomo principalmente nella sua gioia. viviamo come i
santi... I santi sono coloro che vivono nella beatitudine stessa. Io
vi chiedo questo: siate dei testimoni della gioia divina, prima nella nostra
famiglia in modo che, anche coloro che voi amate e vi sono più vicini imparino
da voi quanto dolce e soave sia il conoscere Dio, il vivere con Lui, e quale sia
la via per giungere alla vera felicità, quale il cammino che porta alla pace ed
alla gioia. Tutti gli uomini cercano la pace e la gioia. Se noi fossimo
veramente testimoni della presenza divina, noi saremmo come un faro che illumina
tutto, come un centro cui converge ogni anima. Voi lo vedete; basta che sorga un
santo ed è un richiamo per tutti. Pensate a quello che è stato padre Pio, a
quello che è stato il Santo Curato d'Ars nel secolo passato, a quello che ora è
Madre Speranza: gli uomini si accorgono di una presenza divina! Gli uomini
convergono a questa gioia ed hanno bisogno di questa pace che vive nel cuore dei
santi. Che meraviglia, se voi vivete con gioia nella presenza di Dio che
rende colma la vostra vita interiore, pacifica tutte le vostre potenze, dona una
dolcezza indicibile al vostro cuore! Tutta la vostra vita può divenire una
testimonianza della presenza divina. Ecco quello che la Comunità vi chiede e
vuole da voi; quello che soprattutto gli uomini pretendono da voi. La carità,
come la santità, ha un duplice volto: guarda a Dio e guarda ai fratelli. La
vostra vita diviene un dono di amore, da vivere in umiltà, in fedeltà verso il
Signore e in dedizione verso i fratelli, i vostri familiari, tanto che, per
essi, il vostro volto sia testimonianza del paradiso di Dio che è nel vostro
cuore. Ricordate quello che dice santa Elisabetta della Trinità: "Il paradiso è
qui, nel vostro cuore". Noi siamo quindi, per gli uomini, il segno del
sacramento del Padre. Gli uomini debbono vedere nel nostro sguardo il Signore,
la presenza di un mistero, la bellezza spirituale che incanta, che attira, che
crea un'atmosfera di stupore e di attenzione che rende l'anima disponibile a
Dio. ...per essere rivelatori del Padre! I santi, non soltanto
posseggono il Signore, ma lo donano nella misura che inducono l'anima a questo
religioso stupore, a questa attenzione al mistero presente che fa sentire la
realtà di un altro mondo ben più vasto e luminoso e vivo, senza più
preoccupazioni, dolori, affanni. Liberati improvvisamente da tutto, si trovano
nella presenza di Dio. Ecco la testimonianza che il Signore chiede anche a voi,
ecco la bellezza che vi offre: è come un fiore che si apre alla luce. Voi dovete
averla questa bellezza spirituale che cresce aprendo il cuore a Dio ed
accogliendolo: così Egli vive nella vostra vita. Oh, allora, nella presenza di
Dio, il vostro sguardo si illumina, il vostro sorriso ha qualcosa di celeste.
Tutto il vostro cammino, il vostro vivere diviene segno di un'altra presenza, di
un mondo divino. Questo voi dovete essere. Con tale pensiero, ritorniamo alla
meditazione di stamani: una vita di continua speranza che ci ringiovanisce ogni
giorno di più e finisce col trasformarci in Colui che amiamo. L'amore è così: o
ci trova simili o ci rende simili. Noi dobbiamo diventare sorgente di pace anche
per gli altri, di dolcezza e di amore. Lasciate che il Signore abbia ogni
dominio su di voi. Non mettete riserve al suo amore. "Possiedimi, o Dio, nel
tuo amore, nella tua gloria, nella tua volontà, così perfettamente come possiedi
te stesso". Se così pregherete e così diverrete, sarete davvero sacramento di
Dio.
U.S.F.P.V.
© Divo Barsotti
FONTE
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